DRAMMA IN CAMPO: FERMARSI OGGI NON BASTA!

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Stadio Adriatico di Pescara. E' la 35esima giornata del campionato di Serie B e in campo scendono lo spumeggiante gruppo di Zdenek Zeman e il Livorno del patron Aldo Spinelli. Tutto normale, sembra una giornata qualunque. Il Livorno è in vantaggio di due goal alterando la crisi di risultati della squadra di casa, ma al 31' minuti di gioco Piermario Morosini inizia a barcollare, cade in terra ma si rialza quasi immediatamente. Pochi secondi e il calciatore toscano crolla nuovamente al suolo, ma stavolta non si rialza restando esamine sul terreno di gioco. Immediatamente, compagni e avversari comprendono il momento fermando il gioco per richiamare il tempestivo intervento dei sanitari. Viene effettuato un primo massaggio cardiaco, poi arriva l'ambulanza che trasporta lo sfortunato protagonista all'Ospedale Santo Spirito di Pescara tra gli applausi del pubblico abruzzese. Il peggio arriva alle 17 e 04 quando il DS del Pescara, Daniele Dellicarri, esce dall'Ospedale dando la news più brutta, quella più terribile: Piermario Morosini è deceduto. Avrebbe compiuto 26 anni il 5 Luglio prossimo, lui, di proprietà dell'Udinese in prestito al Livorno, centrocampista girovago acquistato dal club di Pozzo nel 2004 dalle giovanili dell'Atalanta e passato, sempre in prestito, da Bologna, Vicenza, Reggina e Padova con una lunga gavetta nella nazionale giovanile dalla categoria Under 17 a quella Under 21 dove vantava 18 presenze.

 

Il mondo del calcio è sotto choc, ancora una volta. Udinese e Inter decidono di fermarsi a prescindere mentre la Federcalcio ordina il rispetto tramite il solito minuto di silenzio. Dopo qualche minuto, però, anche il potere calcistico torna sui suoi passi annunciando lo stop di tutte le categorie. E adesso? Fermare il campionato, anzi, il calcio in generale è doveroso in segno di rispetto, ma evidentemente non basterà. I precedenti, soprattutto in questi ultimi anni, suggerirebbero maggiori prese di posizione. In Italia le regole per i controlli medici in base alle attività agonistiche sono molto ferrate mentre in Inghilterra e in Belgio molto più morbide. Proprio grazie ai test medici, molti casi furono evitati a priori fermando immediatamente i soggetti a rischio. Successe nel 1996 a Nwankwo Kanu, calciatore nigeriano acquistato dall'Inter di Massimo Moratti subito dopo il vittorioso torneo olimpico di Atlanta con la sua nazionale; in quel caso, le visite mediche evidenziarono una disfunzione cardiaca congenita costringendo il gigante africano ad un intervento chirurgico a 20 anni. Oggi, Kanu, ha 36 anni e gioca nel Portsmouth, in Inghilterra, dopo aver vestito le maglie di Inter, Arsenal e West Bromwich. Altro caso analogo successe nel 2003 quando sempre l'Inter acquistò il centrocampista senegalese Khalilou Fadiga, protagonista assoluto con la propria nazionale al mondiale nippo – coreano appena un anno prima. Anche in quel caso, problemi cardiaci fermarono immediatamente il calciatore. Pertanto parlare di responsabilità in questo senso sembra essere fuori luogo. Il calcio è divento una macchina impazzita che non accenna a fermarsi tirata al massimo dell'accelerazione dal dio denaro. Non è un caso che tanti altri precedenti siano emersi dopo la "grande rivoluzione del pallone". E' successo a Marc Vivien-Foè, centrocampista camerunense che a soli 28 anni perse la vita il 26 Giugno del 2003 durante una gara tra Camerun e Colombia valida per l'inutile competizione della Confederation Cup; nel gennaio del 2004 tocca a Miklos Feher, giovanissimo difensore ungherese del Benfica durante la gara di campionato con il Vitoria Guimaraes; il 28 agosto 2007 muore Antonio Puerta, 22enne difensore del Siviglia durante la gara di campionato con il Getafe; passano sei mese e succede di nuovo, stavolta a Phil O'Donnel del Motherwell durante la sfida con il Dundee United; nell'agosto del 2009 morì a 26 anni Daniel Jarque, 26enne difensore dell'Espanyol nel ritiro di Coverciano qualche giorno prima dell'amichevole con il Napoli al San Paolo; nel 2011 tocca a Naoki Matsuda, stroncato da un infarto durante la normale seduta di allenamento. Infine, arriviamo a due casi fortunatamente finiti in maniera diversa: ad Ottobre, dopo Roma – Milan, Antonio Cassano viene colpito da un attacco ischemico transitorio che lo costringerà ad un intervento chirurgico e a 6 mesi di inattività. Appena due mesi fa, infine, il 24enne centrocampista del Bolton, Patrice Muamba, fu colpito da un infarto durante una gara di campionato con il Tottenham, ma fortunatamente riuscì a riprendersi dopo 7 giorni di coma farmacologico.

 

Certe volte ci si dimentica che calciatori e atleti sono esseri umani e il loro fisico, nonostante sia monitorato e controllato, non sempre può sorreggere determinati sforzi. Ad esempio, a volte un calciatore si ritrova un calendario fittissimo per tutta la stagione nel giro di pochissimi giorni: campionato la domenica, due giorni dopo le coppe, poi nuovamente campionato e tre giorni dopo ancora il turno infrasettimanale quindi la giornata della domenica, coppe, campionato, amichevoli i gare internazionali con viaggi correlati. Tutto questo fino a fine stagione e durante il periodo estivo mondiali, europei, coppa America, Confederation Cup, ritiri, Olimpiade, gare di qualificazione ecc. ecc. In questo modo, tv e merchandising portano soldoni e quando succede una disgrazia ci si commuove, si piange, si rinvia la giornata e dopo ritorna tutto come prima dimenticandosi in fretta del tragico evento. L'ultima tragedia dovrebbe suggerire molto più che un semplice blocco perchè lo stesso rispetto passa per l'analisi a monte di quanto accaduto per poi trovare soluzioni. Basta gare superflue, basta rimpinzare tornei per renderli più lunghi e più economicamente appetibili. Il calcio, più che fermarsi, dovrebbe fare un fare indietro…  

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