Ode a Pepe

A Reina, tornato a Napoli e ridiventato protagonista indiscusso degli azzurri nonché idolo della tifoseria, dedichiamo un dolce, poetico e accorato pensiero

Caro José Manuel Reina, per gli amici Pepe

Quella che vogliamo scriverti non è la classica letterina di Natale. Non è un appello disperato a farti restare a Napoli. Non può essere una banale dedica, scaturente dall’ammirazione nei confronti di chi sa farsi rispettare come uomo oltreché come calciatore. Tantomeno una poesia in versi sciolti. O probabilmente sì. Probabilmente potrebbe possedere il lontano sentore di un’ode. Non la forma classica, né la metrica. Ma la poeticità, le figure retoriche, il lasciarsi andare, l’espressione libera di sentimenti e sensazioni, quello sì. Pazienza se ne assuma una vaga parvenza. Parimenti se prenda piede in prosa e non in versi sciolti. Tuttavia non cambia la sostanza. Ossia, quella di una dichiarazione d’amore nei tuoi confronti. Sì, hai capito bene. Amore. Amore pieno e incondizionato!

È un privilegio che spetta a pochi essere amati. Noi napoletani siamo un popolo d’amore, siamo buoni di cuore, ma non fessi a tal punto da volere bene a chicchessia. Specie se quella persona non è figlia nostra, specie se ci disonora meritando così il nostro disprezzo.

Tu non sei figlio nostro solo a livello puramente anagrafico. Soltanto perché la tua carta d’identità riporta Madrid come luogo di nascita. Soltanto perché tuo padre, il già grande Miguel, è originario di Córdoba, Andalusia, profondo sud dell’Europa. In quella Spagna così vicina a noi, e non solo per cruciali contingenze storiche. Chissà, magari è proprio per questo, per quello speciale cordone ombelicale a unire napoletani e spagnoli, che tu sei diventato figlio nostro. Anzi, no. Forse lo eri già. Forse il tuo essere meridionale ti ha reso affine a noi prim’ancora che ricevessi l’onore di vestire la camiseta azul.

E l’empatia che ci lega a te testimonia il tuo attaccamento alla maglia. Giustifica la tua voglia di renderti utile alla causa azzurra, e così il tuo fervente desiderio di esser condottiero. Un desiderio non richiedente sforzi soverchi: è una dote che ti scorre nelle vene, insieme al sangue rosso color Spagna. L’empatia ti spinge a scatenarti in capriole ed esultanze senza fine a ogni rete gonfiata da un tuo compagno. Ti rende nostro paladino contro chi butta fango su di noi, specie se incazzato nero per una sconfitta bruciante. Come quel buontempone di Bergamo tanto sfacciato da criticarti per festeggiamenti da lui ritenuti eccessivi. ‘Pensa a te e ai vostri cori razzisti!’, gli hai detto. Era il minimo! La tua voce ad alto volume è stata un lampo benefico nel cielo nero di silenzio e ipocrisia del mondo della pedata nostrana.

Ci ami: lo sappiamo. Hai Napoli nel cuore, e non l’hai dimostrato solo a parole rese ovunque a mezzo stampa. O solo facendoti immortalare a Via Nazario Sauro col sole che bacia il mare al tramonto. Hai voluto vedere ogni luogo o attrazione della nostra millenaria madrepatria. Hai annusato e respirato l’odore del mare. Hai socchiuso gli occhi dinanzi alla luce accecante del sole. Hai ammirato i sontuosi e sereni quartieri alti e i bassifondi, poveri eppur pieni di vita, della nostra bella e antica sirena. Hai goduto dei sani piaceri del desco trovando ristoro alle fatiche del campo di battaglia. Mostrando di gradire bonariamente quanto di più sacro possa esserci per un popolo come il nostro, rinsecchito dagli stenti e dai sacrifici. Hai voluto prima comprendere poi riutilizzare la nostra lingua. Così sguauiata, così greve. Così musicale, così esuberante. Così universale, così sincopata quanto il tuo español andaluz. Hai desiderato conoscerci, hai fortemente voluto sapere ogni cosa di noi. E quando un’estate e mezzo fa sei andato via, la nostalgia ti ha pervaso. Tanto che una sera, d’improvviso, le tue dita hanno digitato libere e indisturbate sulla tastiera di un PC facendoti pubblicare su Twitter la foto di una tua parata. Una parata speciale: quella sul rigore tirato da Supermario Balotelli. Non potevi dimenticarla, e lo stesso dicasi per noi. Solo da un’anima vivace come la tua poteva generarsi un evento simile.

Amiamo te: lo sai. E l’amore che ti dobbiamo è speciale. Specialmente se pensi che noi, pubblico viziato di bocca buona, abbiamo sempre avuto bisogno di gente in grado di miracol mostrare coi guantoni. Ci siamo spellati le mani con le prese sicure di Cavanna. Le prodezze dal dischetto di Sentimenti. Gli schiaffi al pallone di Casari. I voli angelici di Bugatti. La classe immensa di Zoff. L’orgoglio operaio di Carmignani. Gli scatti felini di Castellini. Le acrobazie inattese di Garella. I decolli aerei di Taglialatela. La serena sicurezza di Iezzo. E tu, Pepe, tu… Tu nel pantheon dei nostri numeri uno occupi una piazza particolare. Perché per ottenerla ti ci è voluta una sola stagione. Perché per ottenerla ti ci sono bastati colpi di rene su tiri ravvicinati. Uscite su palle alte in anticipo supersonico sull’attaccante avversario. Giochi di prestigio coi piedi, capaci di renderti libero old style. E con le mani, tanto da farti divenire assistman cestistico, artefice di lanci celesti pronti a pescare Higuain e compagnia. Una dote che, a chi non è più ragazzino, ha ricordato un altro straniero napoletano d’adozione: Rudy Krol, l’Olandese Volante.

Partire è un po’ morire. E vedendoti andare via ci siamo listati a lutto automaticamente, con rassegnazione, pensando che non saresti mai tornato a casa. Certe favole non accadono mai, figuriamoci nel calcio d’oggi così cervellotico e malato di denaro. E invece è avvenuto l’impensabile, l’inatteso, il coupe de theatre a cambiare la trama del dramma. Una sera di giugno hai rimesso piede sul tuo suolo natio. Sei nato qui, non a Madrid. Una volta un altro nostro figlio, acquisito ma pur sempre figlio, ha chiamato Napoli ‘casa sua’, e ne aveva ben donde. Era un alieno. Di più: è stato il Dio del calcio. Né te né nessun altro saranno come lui. Ma ciò non toglie che tu possa arrogarti il diritto di affermare la stessa cosa. Di dire che Napoli è casa tua, di sentirtene figlio legittimo. Di spingerci a firmare una petizione con la quale chiedere alle autorità di conferirti la cittadinanza napoletana onoraria saecula saecularum. Di scarabocchiarti sui muri dei bassi, di ritrarti su un murales di periferia. Di scolpirti su un busto marmoreo da esporre in piazza Medaglie d’oro.

Perché tutto questo accada non ti occorre nient’altro. Hai già tracciato da tempo un percorso e non v’è dubbio che tu lo prosegua con impegno, onore, serietà e dedizione. Ma affinché ti ritagli uno spazio ancor più di riguardo nel nostro cuore, ti basterebbe compiere uno sforzo in più, insieme ai tuoi amici e compagni, verso la conquista di una certa cosa… Dobbiamo nominartela? No, dai! Del resto sei napoletano: sai di cosa parliamo e dovresti sapere che certe cose non si menzionano per scaramanzia.

Grazie di tutto, caro Pepe! Fatti onore sempre, da portiere e da uomo! Continua ad amare e a farti amare dalla città che ti ha accolto e che mai ti dimenticherà!

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