L’ALFABETO DI REJA. QUATTRO ANNI DA INCORNICIARE. DOMENICA E’ L’ ANNIVERSARIO

Iceberg Reja. Montagna di ghiaccio contro le insidie dello stringente e insidioso ambiente napoletano. Per durare 4 anni a Napoli serviva scorza dura e stomaco di ferro. E lui li ha avuti. 18 gennaio 2005-18 gennaio 2009, 4 anni tutti da raccontare, vissuti intensamente. Da quel soleggiato martedì in cui in punta di piedi fu presentato in un hotel del lungomare, a domenica prossima quando potrebbe chiudere il girone d’andata al quarto posto. Dalla C alla Zona Champions, da Padova (la prima gara fu in casa del Cittadella: 1-3) a Verona per confermarsi e regalare altri sorrisi. La scalata è stata dura ma ne è valsa la pena. Passato indenne alle bufere dei primi anni, Reja si è affermato con la forza dei numeri. 151 panchine azzurre: 75 vittorie, 44 pari, 32 sconfitte. Proviamo a ripercorrere i primi 4 anni napoletani del tecnico friulano con un simpatico (speriamo) alfabeto.

A come Avellino – Da quella sconfitta (finale play-off del 19/6/2005) sbocciò il Napoli dei successi. La voglia di abbandonare fu frenata da Marino e De Laurentiis. Un patto a cena, un patto di ferro. Un’alleanza per ridare dignità al Napoli. Reja non poteva tirarsi indietro. Accettò la sfida, l’ha vinta ed ora quella A rappresenta la massima serie, dove il Napoli sorprende ed affascina.

B come Serie B – Un anno solo di purgatorio. Lungo e caloroso, tremendamente dispendioso, fino all’ultimo secondo del 10 giugno 2007. A Genova l’apoteosi, dopo 42 giornate interminabili. Con la Juve già predestinata ed il Napoli a smentire i suoi stessi pronostici e programmi. Perfetta la gestione di un gruppo che cominciava a mostrare stimmate da grande.

C come Calaiò – Il bomber della C e della B che condusse per mano il Napoli nell’Olimpo del calcio. Eppure con lui il rapporto è stato particolarmente frastagliato. Tante sostituzioni (col pubblico che non gradiva) e qualche panchina non digerita. Poli opposti, che non si attraggono, anzi in A si respingono definitivamente. Reja ancora c’è, Calaiò no. Visti i risultati il tecnico sta avendo ragione.

D come Detrattori – Quanti ne ha trovati per strada il buon furlan. Critiche per un gioco – soprattutto in C e B – insoddisfacente, laddove ci si attendeva che il Napoli facesse un sol boccone degli avversari. Attacchi forti, a volte contro l’uomo Reja, che sovente si è infastidito, sottolineando la “cura” feroce cui viene sottoposto a Napoli. Ha retto traballando poco.

E come Europa – E’ il tecnico del ritorno in Uefa. Una grande soddisfazione per tutta la Napoli del pallone. Ed anche per lui, che mai aveva vissuto le tensioni continentali. Forse un peccato di inesperienza è costato caro agli azzurri, pronti a riprovarci, perché l’Europa dovrà diventare una piacevole abitudine infrasettimanale.

F come Fatica e Felicità – Solo tramite la fatica quotidiana si raggiungono gli obiettivi. Sotto questo profilo Reja ha dimostrato di essere un autentico stakanovista che nulla lascia al caso. Attento e puntiglioso, ha fatto parlare sempre e solo il lavoro sul campo che gli ha riservato vittorie e trionfi indimenticabili. La Felicità, appunto.

G come Gioventù (ritrovata) – “A Napoli sono ringiovanito, è proprio un bello effetto”. Spesso Reja ha proferito queste parole. E’ la sacrosanta verità, basta vederlo come lavora tutti i giorni, come si confronta coi giovani giocatori, come il sorriso a trentadue denti alla fine prevale su quell’aspetto da burbero che fornisce all’apparenza. Beata gioventù ritrovata.

H come Hamsik – Il giovanotto slovacco è uno dei tanti virgulti che gli sono stati affidati da Marino. Qualità imberbe al potere, diretta dal “vecio” goriziano che oltre a valorizzare le loro doti tecniche ha il compito di farli maturare nella realtà del campionato italiano. Hamsik è uno dei prodotti meglio riusciti, anche se troppo spesso sostituito.

I come Idee – La forza delle sue idee, della sua mentalità, del suo modo di vedere il calcio. Che può non piacere, ma che è tremendamente concreto, forse l’unico capace di riuscire nell’impresa in questa città. Idee che l’hanno indotto a compiere scelte anche impopolari, ma che alla fine si sono rivelate esatte. Perché sono il frutto di analisi quotidiane e non solo di ipotesi cristallizzate. Di un modo di operare che non cambierà mai. Piaccia o no, questo è Reja, col suo 3-5-2 (o 5-3-2) e quel chiodo fisso del “primo non prenderle”.  

L come Lavezzi – Beh, senza il Pocho sarebbe stato tutto molto più complicato. Reja lo sa bene e lo ha anche ammesso. L’argentino è il fulcro di una squadra migliorata grazie alla maggiore tecnica dei suoi esponenti. E’ Lavezzi l’uomo in più di questo Napoli, anche se Reja prova sempre alternative all’argentino al fine di evitare che la sua formazione diventi troppo Pocho-dipendente.

M come Marino – Il suo angelo custode. Lo ha voluto al posto di Ventura e lo ha sempre difeso in ogni circostanza. E tutto ciò ha dato più forza a Reja che si è sentito protetto totalmente dalla società. Ed ha potuto lavorare con serenità malgrado le bufere che in quattro anni non sono mancate. Simbiosi perfetta anche sul mercato, dove Marino ha scelto la politica dei giovani da affidare in mani sagge.

N come Napoli – Una città che l’ha stregato. Lui che viene dal profondo Nord, altre origini e altre storie, si è fatto ammaliare, si è ambientato perfettamente, quando può porta qui anche la sua signora. Il sole e il mare gli danno una carica in più, così come l’affetto della gente, che oramai sente anche sua. Vive molto a Castelvolturno, ma Napoli la conosce bene e gli è entrata dentro.

O come Ombre (sulla panchina) – In quattro anni se ne sono allungate molte su Edy Reja. La sua panchina ha traballato spesso, a volte sul serio altre no. “Il calcio è fatto così, e poi la panchina del Napoli fa gola a tutti”. Reja ha saputo difendersela coi denti e col sudore. Ma soprattutto coi risultati.

P come Presidente – Rapporto scintillante. De Laurentiis lo ama, ma spesso è andato giù pesante nei suoi confronti. Basta ricordare i dopo-partita col Martina e con la Lazio, giusto un anno fa. Parole al vetriolo contro il tecnico, con immediato pentimento e calma – non solo apparente- ristabilita. Da persone di buon senso la sintonia è tornata (quasi) subito.

Q come Quattro (anni) e Quarto posto – In quattro lunghi anni è successo di tutto. Dalla C al quarto posto il passo è enorme ma è diventato più breve del previsto. 48 mesi di Napoli a tutto tondo, dai campi di patate della C al primato assaporato per una settimana nell’attuale stagione. Reja e il Napoli hanno vissuto momenti meravigliosi, per sempre stampati nei loro ricordi. E non  è finita.

R come Riflessioni – Quelle lunghe notti insonni dopo sconfitte cocenti (Avellino, Castellammare, Crotone). Notti di pensieri, meditazioni, addii sfiorati ma sempre rigettati. Riflessioni di un uomo solo, con tutto il peso di essere il tecnico del Napoli. Ma la scorza era dura, come risoluta la soluzione dei mali. Reagire con tutte le forze, guardando avanti senza mollare, questa la morale delle tante notti passate senza chiudere occhio.

S come Spogliatoio – Catino imprevedibile per tutti i tecnici. Focolaio da addomesticare, soprattutto quando le cose non vanno bene. E proprio in quei casi, puntuali anche a Napoli sono arrivati i litigi con alcuni giocatori, i chiarimenti a quattr’occhi, i confronti da uomini duri e veri. Tecnico col suo carattere di sergente di ferro non sempre sopportato, Reja ha avuto, nonostante tutto, il merito di saper gestire il gruppo con una qualità riconosciuta: trattare i giocatori in maniera uguale, senza guardare in faccia nessuno.

T come Tifosi – Il rapporto con loro non è sempre stato idilliaco. I fischi a lui e al suo Napoli l’hanno spesso fatto vacillare. Poi le vittorie hanno messo tutto a posto. Reja ha sempre riconosciuto il calore della gente azzurra, “unica in ogni sua manifestazione”. E i tifosi non potranno dimenticare il tecnico che ha riportato in auge la maglia azzurra.

U come Uomo – Solo un uomo dalla corteccia tosta poteva restare tanti anni a Napoli. Serio, pacato, equilibrato. Doti che occorrono a questa piazza. Comunista deluso, amante del mare, delle barche e del buon pesce, della grappa e del vino nostrano, si è adattato perfettamente alla mentalità partenopea. Che un friulano venisse a riportare in auge la Napoli del pallone sembrava un’eresia. Ed invece con la buona volontà tutto è possibile.

V come Viviani – L’uomo fidato col quale si confronta costantemente sulle scelte e sulla preparazione. Anche lui – come tutto lo staff – è a Napoli da quattro anni, Reja non lo cambierebbe con nessun altro. Riferimento necessario e indispensabile nel calcio d’oggi.

Z come Zona Champions – Non si poteva che concludere con il sogno attuale. L’interminabile scalata ha un obiettivo che sta diventando sempre più concreto. Reja ci pensa, eccome. Ma –da buon napoletano- prova a non parlarne per scaramanzia. E tra un po’ –c’è da crederci- le notti insonni saranno dovute proprio al pensiero rivolto alla Champions. Ma in quel caso la nottata passerà più velocemente.  

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