IN CASA SI PUO, FUORI…NON SEMPRE!

Gli inglesi credono di essere i migliori, gli spagnoli credono di fare il gioco più spettacolare” recita una pubblicità, ma è anche vero che il campionato italiano resta il più bello e avvincente. Ogni anno sembra rinnovarsi anche nelle più piccole sfaccettature per mantenere lo scettro dell’imprevedibilità da esportare in tutta Europa. La Serie A porta da sempre l’etichetta di un campionato dalle grandi sorprese, dove tutti possono dire la propria fino a toccare il cielo con un dito. Favole che si rinnovano e si rigenerano perché l’Italia offre uno spot eccezionale per il giuoco del calcio. Senza andare troppo lontano, ricordiamo il Parma di Tanzi e Scala che dalla serie B andò ad impensierire le grandi di sempre, il Chievo di Del Neri capace di arrivare alle porte dell’Europa con una squadra di autentici sconosciuti. Varianti che in altre parti d’Europa si riconoscono per la prima volta con l’Hull in Inghilterra e l’Hoffenheim in Germania, sempre dominate dalle ben note corazzate che, ad ogni modo, arrivano al titolo sempre in carrozza.

 

La nuova serie A, però, ha dato una nuova modifica al look per mantenersi comunque originale. Infatti, mentre nella scorsa stagione il torneo tricolore vantava in massima serie compagini che ricoprivano l’intera penisola, adesso è il ritmo costante tenuto in casa a piazzare i primi paletti: cerchiamo di capirci meglio rispolverando anche qualche numero.Le vittorie casalinghe sono in tutto 93 rispetto ai 32 colpi esterni, ritmo a dir poco terrificante se messo in relazione con Premier League (69 vittorie in casa e 59 in trasferta) e Liga Spagnola (72 vittorie interne e 44 esterne). Un trend straordinario che, naturalmente, aumenta sempre più il rischio per chi non riesce a tenere il passo in media inglese. Campionato italiano che vive, quindi, sulle vittorie interne dove tutto potrà essere deciso solo da qualche colpaccio esterno o una vittoria in scontri diretti. Facile quindi ipotizzare come le grandi difficoltà per chi non è adeguatamente attrezzato: infatti, formazioni come Chievo, Reggina, Torino, Lecce e Bologna che attualmente navigano in piena lotta per non retrocedere, hanno portato a casa da una a tre vittorie interne massime a dispetto di formazioni che lottano per ben altri traguardi (Inter, Napoli e Milan 7 vittorie casalinghe; Fiorentina, Genoa e Atalanta 6).Ma come si può spiegare questo ritmo tra le mura amiche? Facendo una panoramica generale è possibile evidenziare tre aspetti fondamentali.

 

Rose.La crisi economica ha colpito ogni settore sociale e civile, tra cui anche l’azienda del pallone. È intuibile che compagini di medio – bassa classifica siano poco e mal attrezzate per sostenere un campionato di 38 giornate; un torneo, per giunta, difficile e stressante. Spesso si spendono grandi parole in estate creando false speranze fragorosamente cadute già dopo pochi turni. Naturalmente il primo a pagarne è il tecnico e in Italia è una costante. Dopo 16 giornate sono già saltate le panchine di Chievo, da Iachini e Di Carlo; Bologna, da Arrigoni a Mihajlovic; Reggina, da Orlandi a Pillon e Torino, da De Biasi a Novellino, senza cambiarne di un granché la sostanza; già dalle formazioni di base, quindi ci sono delle lacune evidenti.Discorso analogo anche per le compagini di più alta classifica: Inter a parte, il resto presenta delle formazioni titolari di tutto rispetto, ma senza ricambi adeguati e all’altezza. Per questo motivo ogni tecnico prova ad effettuare “esperimenti” o turn over in campo esterno, affidandosi alla formazione base fra le mura amiche.

 

Incompetenza. Il secondo punto fondamentale riguarda la gestione dei bilanci societari e la competenza in sede di calciomercato. Tante società, perlopiù quelle di bassa classifica, non ricevono introiti adeguati eppure sperperano quel minimo possibile, in acquisti sproporzionati di dubbia garanzia o in ingaggi faraonici senza riscontro nel prodotto. E’ il caso del Torino di Urbano Cairo che ha speso fior di quattrini per aggiudicarsi Rolando Bianchi, attaccante che dopo la bella stagione con la Reggina ha fallito miseramente in Inghilterra e nelle file della Lazio. Ma non tutto passa per l’acquisto di Bianchi, bensì anche per l’ingaggio di calciatori sul fine carriera e pagati in modo sconsiderato. Politica non adottata dal Napoli di De Laurentiis, dal Genoa di Preziosi e dalla Fiorentina di Della Valle. Tutte e tre le squadre hanno mantenuto pressappoco l’ossatura di base, ritoccando leggermente e nel giusto la propria rosa. Così, a Napoli sono arrivati Denis, Rinaudo, Aronica e Maggio con ingaggi non eccessivi e a costo di cartellino più abbordabile. Il Genoa ha mantenuto l’intero pacchetto acquistando solo qualche giovane straniero di belle speranze e sostituendo Borriello con Milito; certo qualcosina in più è stata spesa, ma la garanzia di risultati è assicurata e dimostrata. La Fiorentina ha rilanciato su Gilardino rientrando perfettamente tra ingaggio e cartellino della cessione di Toni. Altre società, invece, vivono sugli assolo dei grandi campioni che trascinano con sè l’intera squadra anche in un calo fisico e in qualche infortunio

 

Mentalità. Ultimo punto, ma non in ordine d’importanza, riguarda la mentalità adottata lontano dal proprio campo: molto spesso, infatti, è possibile notare come le squadre adottino due forme di gioco differenti in casa e in campo esterno. Il Napoli è sfrontato e tenace in casa, timido e guardingo fuori. La Juventus prova a costruire ed imporre il proprio gioco in casa, affidandosi al contropiede in trasferta così come Palermo e Catania. Miscela non positiva, ma neanche negativa vedendo come altre squadre pronte a giocarsela ovunque a viso aperto vadano in grande difficoltà in trasferta, come dimostrano Lazio, Udinese e Genoa.Forse non c’è una cura per risolvere le tre varianti fondamentali, meglio tenere il passo e sperare in qualche giornata storta, per poi rilanciarsi in scontri diretti. Scudetto o salvezza, non fa differenza…

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