COME TU MI VUOI…

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Metamorfosi, cambio, maturità, spolvero. Tutto fa brodo. Tutto è utile e appropriato nell’etichettare adeguatamente il nuovo Napoli di Walter Mazzarri.Cuore, grinta e qualche sorriso di puro divertimento per alleviare tensioni, preoccupazioni e tutto ciò che, una piazza calda e sognatrice come Napoli, può inevitabilmente aggirare intorno al gruppo partenopeo. Tanti sono i volti distesi e fiduciosi, tante sono le note positive che circondano il primo passo vero verso la progettualità presidenziale, con ilo rimpianto di non aver cominciato prima. Salvatore Aronica, German Denis e Christian Maggio sono i primi colpi di coda del lavoro effettuato da Mazzarri; 10 punti in 4 gare. Surreale il trend se rispolveriamo i consueti numeri dallo scorso quinquennio: 6 punti in trasferta, due vittorie consecutive sui campi di Fiorentina e Juventus, 4 punti in casa contro Bologna e Milan, quest’ultima con il sapore di una mezza vittoria. In comune, hanno il tempo, l’orgoglio e la voglia di non deporre le armi prima della fine; Napoli in gol sempre a cavallo tra l’ottantesimo minuto e il recupero, un dato che fa gola e breccia come i primi Napoli di Reja.Numeri e volti che testimoniano la sicurezza ritrovata dopo averla smarrita tra i corridoi di Castelvolturno, scelte bizzarre e mai comprese del tutto oltre a decisioni da puro emendamento fascista soltanto perché questo serviva al Napoli, semplicemente, serviva perché nessuno accettava tali restrizioni.

 

Oltre a numeri e sorrisi, poi, le prime quattro giornate dell’era Mazzarri hanno ridato al gruppo una stella troppo spesso offuscata, una stella capace di smentire le chiacchiere da bar televisive e le continue e leggi mancate, anche tatticamente, di chi prima possedeva chiavi e immunità. Marek Hamsik ha dato un calcio alla noia, ha dato uno schiaffo morale a chi lo riteneva quasi “limitato” nelle sue caratteristiche.Il centrocampista slovacco, fino ad ora, ha ricoperto diversi ruoli nell’arco della sua esperienza napoletana, ma sempre lasciato sotto la sfiducia di chi poteva giocare solo ed elusivamente da interno in un centrocampo a cinque; oggi, Hamsik, svaria al fianco di Lavezzi alle spalle della punta attirando su di se l’attenzione della difesa avversaria. Spesso sonnacchioso, questa è una sua caratteristica, ma scaltro e presente quando arriva il momento della giocata di giustezza. Marek Hamsik , improvvisamente, non ha più bisogno del terzino a sorreggerlo, non ha più bisogno del mediano che recupera palloni in suo favore. Marek Hamsik ha improvvisamente imparato come inserirsi dall’esterno e non solo dal centro, ha imparato a far gol trovandosi già a ridosso dell’area di rigore, ha imparato magicamente a intercambiare il raggio d’azione con Ezequiel Lavezzi. Tutto nato così, improvvisamente. Strano, poi, pensare che prima Edy Reja e dopo Roberto Donadoni avessero la stessa convinzione nonostante, entrambe, avessero applicato soluzioni diverse da quel maledetto 3-5-2 nella loro carriera. Strano che ci sia voluto Walter Mazzarri, strano che sia accaduto quando il custode di Castelvolturno mostri capelli grigi brillanti nati, un filo di barba e un sorriso da invidia. Strano che, adesso, tutti pronunciano la classica frase “lo avevo detto”. Intanto, Marek Hamsik non si scompone, le uniche parole a interessargli sono quelle del tecnico consapevole della sua versatilità per farne ciò che vuole, tanto il caffè nei salotti televisivi non finirà mai

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