La dignità, questa sconosciuta: Sarri, hai tradito te stesso!

Ne ha fatte di tutti i colori contro la Juventus. Rappresentava l’alfiere della napoletanità. Ha incarnato lo spirito d’un popolo in tutti i suoi aspetti, finanche oltre quelli tecnici e tattici. Era difficile fare peggio di Higuain: visite di nascoste dopo gli abbracci con la Curva e gli attacchi social del fratello Nicolas. C’è riuscito uno che – guarda caso – con Higuain ha sempre mantenuto un rapporto speciale e mai ha considerato “traditore”: il suo mentore Maurizio Sarri. Che una verità – tra mille altre bugie – quando era ancora al Napoli l’aveva pure detta: col prossimo contratto voglio arricchirmi. Il Sarri-pensiero circoscritto praticamente intorno ad una battuta: altro che comandante e corpo estraneo in un calcio (delle bandiere e degli uomini veri) che non esiste più; Sarri è esattamente come tutti quelli che antepongono la ragione a qualsiasi tipo di sentimento o virtù.

È un professionista, perchè dovrebbe dire di no? chiederebbe la corrente razionalista, di fatto copiando e incollando una dichiarazione resa recentemente proprio da Sarri, precisamente dopo la conquista dell’Europa League col Chelsea, quando aveva già incontrato la dirigenza juventina pur essendo ancora sotto contratto con i londinesi (a suo dire ci sarebbero gli estremi per una querela). È la storia di uno che lavorava in banca, che sceglie di fare l’allenatore, che scala tutte le categorie e riceve la chiamata del più importante club d’Italia: racconterebbero gli adepti del “Sarrismo” travestiti da adulatori. Adesso è palese che l’idea di passare per il Carlo Pisacane di turno che fa la lotta ai tiranni a Sarri abbia fatto comodo eccome: ci ha costruito una carriera fino ad allora inesistente. Aveva ragione Napoleone: nelle rivoluzioni ci sono due tipi di persone, quelle che la fanno e quelle che se ne approfittano. Sarri ha approfittato di tre anni di assalto al palazzo, al potere, salvo poi andarselo a prendere dalla porta principale, il potere. Sarri aveva proposto al calcio italiano una alternativa interessante, di lusso per certi versi: liberarlo dall’ossessione per la vittoria e dall’oligarchia bianconera. Se n’è sbattuto altamente. Di tutto e tutti. Anche dei sarristi. Ma soprattutto di se stesso: ha voltato le spalle ad una ideologia. La sua ideologia. Adesso sarebbe bello dedicargli uno Scudetto come lui ha dedicato ai napoletani il suo ultimo (e primo) trionfo.

Aveva il pregio di parlare chiaro, al popolo, utilizzando spesso il loro stesso linguaggio. Poi gli è bastato poco – poco perchè il vil danaro è sempre niente rispetto alla dignità – per cambiare idea, mettere la tuta in lavatrice, magari smettere di fumare, radersi e non dire più parolacce. “Fedeltà è dare il 110% nel momento in cui ci sei”, ha detto qualche giorno prima di firmare, liquidando con una devastante e vile superficialità un concetto così importante. Evidentemente non conosce il significato plurimo della parola fedeltà. Che deriva dal latino fidelitas ed a sua volta da fides. Si può tradurre in diversi altri modi: da fiducia, fede, parola data, promessa, fino a onorabilità, stima e persino credibilità. In sostanza è la qualità di essere leali e coerenti nel mantenere gli impegni presi (“Non in Italia dopo Napoli”, cit), i legami (con la città che gli ha dato i natali ed un amore incondizionato). La fedeltà non è a tempo, caro Sarri. È il frutto dello spirito, figlia dell’etica. Non è per tutti.

Alessio Pizzo

Studente in Comunicazione Digitale, appassionato di calcio, tecnologia e buone letture. Vanta già esperienza giornalistica con 100 *100 Napoli

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