IMPOSSIBLE IS NOTHING, FINALMENTE UN ALLENATORE CHE GIOCA ANCHE FUORI CASA PER VINCERE
Ora sognare non è più solo lecito ma anche giusto e giustificato. Corroborato finanche dai fatti, da risultati che fino a qualche tempo fa sembravano inimmaginabili. Ciò che prima appariva un volo di fantasia, è ora impresso a lettere cubitali nella storia di questo “nuovo” campionato azzurro. Carta canta, poche storie. Si scrive Juventus – Napoli 2-3 ma si legge in un'infinità di modi, cogliendo le mille sfaccettature che la dolce serata dell'Olimpico ha saputo regalare. Tra le pieghe di questo risultato scorgiamo emozioni – fortissime emozioni – ma anche messaggi ed indicazioni. Il Napoli ritorna vincitore da Torino a ventuno anni di distanza dall'ultima volta. Dalla samba di Careca al ciuffo pungente di Marekiaro Hamsik: cambiano gli eroi ma il risultato è il medesimo. Due fenomeni a modo loro il brasiliano e lo slovacco. Vittoria scaturita dalle prodezze dei protagonisti sul terreno di gioco ma, soprattutto, dettata dalle scelte di mister Mazzarri. Se gli azzurri sconfiggono 3-2 in rimonta la Vecchia Signora, nella notte delle streghe, Walter il toscanaccio trionfa su Ferrara su tutta la linea. Abissale la differenza tra i due allenatori. Siderale quella tra la gestione Donadoni e l'attuale. Come si fa paragonare il nulla a questo ricco banchetto? Tante sarebbero le cose da dire, rimarcare, ma nulla come il campo spiega in modo netto e deciso la differenza tra i due. Se prima si usciva da Napoli con la muta rassegnazione di perdere sempre, comunque e dovunque, ora si gioca all'arma bianca, non guardando in faccia nessuno. Juve, Fiorentina o Catania fa lo stesso, il nuovo credo è di andare a giocarsela per ottenere il massimo. Se prima i gol subiti spegnevano definitivamente i giocatori azzurri, ora li galvanizzano, li stimolano a dare ancora di più. La banda dei ragazzi terribili. Così si spiegano le rimonte impossibili con Milan e Juventus nel giro di tre giorni, il tempo di un respiro. Così si inquadra la voglia di vincere a Firenze nonostante il rigore sbagliato da Quagliarella. Giocatori che sembravano finiti sono diventati infiniti per spirito d'abengazione e qualità delle prestazioni: Aronica, Pazienza, Denis, Datolo, Grava per citarne qualcuno. Mazzarri ha avuto il grande merito di rigenerarli, scrollarli, svegliandoli dal torpore donadoniano degli ultimi sei mesi. Non solo. Il mister ha saputo rivitalizzare una piazza delusa, rassegnata ad un futuro di grigia mediocrità: ha levato ai tifosi azzurri i cosiddetti schiaffi dalla faccia, restituendo la fiducia e la consapevolezza di poter giocare per i tre punti su ogni campo. E' dunque giusto, lecito, volgere lo sguardo verso nuovi ed inattesi orizzonti. Non porsi alcun limite ma affrontare il futuro con un sano ottimismo. Aveva ragione Donadoni nel dire che questa squadra non era da Europa League: il gruppo di Mazzarri è ora squadra nel vero senso del termine e può pensare anche a qualcosa di più. Non si tratta più di fare pericolosi voli pindarici, come un tempo, ma di cogliere i frutti che questo spicchio di campionato sta mostrando. Con i piedi sempre ben piantati per terra sarebbe un delitto non farlo.