NON CHIAMATELO NAPOLI, MA “BUNKER”…
La miglior difesa è l’attacco. La legge del calcio champagne, quella per cui vale pagare il prezzo del biglietto. Il diktat di squadre strepitose, che stanno scrivendo o che hanno scritto la storia, come Barcellona o Brasile degli anni d’oro. Ma una legge che nel Bel Paese, nella nostra Serie A, non sempre è inconfutabile. Eh si, perché il campionato “Made in Italy” non sarà di certo il più bello e desiderato del mondo, quelli erano altri tempi. Ma rimane il più difficile, il più tattico, quello insomma dove spesso e volentieri i punti puoi perderli anche sui campi meno blasonati. Una logica, quella italiana, che non sempre vede primeggiare la squadra più arrembante, spesso spregiudicata e che segna di più; ma quella più solida, che di gol ne prende meno e che a sua volta è ben piazzata anche là davanti (senza tuttavia avere l’obbligo di essere il miglior attacco). Fatta questa premessa, vedere il Napoli in testa alla classifica con ben 19 punti conquistati su 21 disponibili, a pari con la Juventus, è senza dubbio sorprendente considerate le feroci critiche cadute a valanga sul club azzurro al termine della campagna estiva di mercato: partenze eccellenti (Lavezzi e Gargano), acquisti di buon livello ma per la maggiore non in grado di sfilare le maglie da titolare dalle spalle di chi già le indossava la passata stagione. Se poi non ci si sofferma solo sui punti, spostando lo sguardo un po’ più a destra della classifica, si potrebbe restare ancor più sorpresi. Alla voce “gol subìti” infatti, l’undici di Mazzarri mette un mostra “solo” un bel 3. E non si tratta certo di un voto, ma delle volte che effettivamente De Sanctis ha dovuto raccogliere la palla dalla proprio rete dall’inizio del campionato: 7 partite, 3 soli gol al passivo. Un dato molto più che incoraggiante, se si considera che neanche la sgradita compagna al vertice ha saputo fare meglio, schierando la difesa della nazionale italiana, con uno score di 4 reti subìte. Il dato risulta ancor più sorprendente se si va a riprendere la classifica finale della passata stagione, dove a giochi fatti il Napoli mostrava uno score passivo stavolta davvero da tre (in pagella): 46 reti incassate in 38 giornate, contro le appena 20 della Juventus campione d’Italia.
FORMULA MAGICA – A ben vedere, si potrebbe parlare quasi di una “formula magica” rispetto a quanto visto (in negativo) nello scorso torneo, con la difesa che finì sul banco degli imputati, accusata in toto (e con giusta causa) di essere il tallone d’Achille della squadra. Cos’è cambiato allora dalla sciagurata retroguardia del campionato 2011/2012? Poco negli uomini sembrerebbe di primo acchito, almeno per quanto riguarda i due terzi della linea a tre. In alcuni protagonisti è senza dubbio cresciuta la consapevolezza, come nel caso del capitano Paolo Cannavaro e del gigante Hugo Campagnaro. Due veri e propri pilastri del reparto arretrato: il primo, napoletano, migliorato di anno in anno dal suo arrivo in azzurro. E probabilmente questa volta realmente consapevole di voler guidare il suo Napoli al successo importante, dopo l’antipasto della Coppa Italia che ha stuzzicato ancor di più l’appetito. Il secondo, l’argentino, che lo scorso anno non ha vissuto una stagione propriamente al top, forse anche condizionato fisicamente e moralmente dalla terribile disavventura vissuta in patria, protagonista di un terribile frontale in cui ha perso la vita un caro amico che viaggiava sulla sua auto. C’è poi il terzo interprete della difesa a tre, e qui le cose cambiano. In questo ruolo Mazzarri ha decisamente più scelta rispetto alla scorsa stagione, quando era praticamente legato quasi esclusivamente al buon Totò Aronica. Un giocatore che ha dato sempre il massimo, utilizzato anche come jolly e con ottimi risultati. Ma al quale praticamente non esistevano vere alternative, se non tali da alterare il rendimento dell’intera difesa. Oggi c’è invece Britos, che seppur a fatica si è iniziato ad integrare con risultato nello schieramento arretrato azzurro. C’è Fernandez, altro argentino, che è decisamente meno spaesato di qualche mese fa, soprattutto perché schierato finalmente come centrale, ruolo in cui si sente evidentemente più a suo agio. C’è poi (e soprattutto) Gamberini, che ha aggiunto un tassello davvero importante alla difesa. L’acquisto probabilmente più discusso, quello sul quale pendeva un velo di scetticismo presumibilmente derivante più dal costo dell’operazione che lo ha portato all’ombra del Vesuvio (1,5 milioni di euro) che dal reale bagaglio tecnico del giocatore, assolutamente di tutto rispetto. L’ex viola, dal suo esordio contro il Parma alla terza giornata e dopo un breve e giustificato rodaggio, ha messo a disposizione di Mazzarri e della difesa tutte le sue qualità (e l’esperienza): un buon piede, chiusure pulite e puntuali, ottimo colpo di testa e una presenza fisica che si fa sentire sia in area che sull’avversario, con il suo metro e ottantacinque per ottanta chili. Insomma, una vera garanzia in vista di una stagione lunga e logorante. E se questo sono le premesse, ci sarà da divertirsi…