L’ANIMA RITROVATA
Il primo Napoli di Mazzarri si è distinto sostanzialmente da quello del suo predecessore Donadoni per una sola caratteristica: l’anima. Quell’anima che il neo allenatore azzurro si era ripromesso di dare alla squadra sin dal giorno della sua presentazione a Castelvolturno. Sul gioco ci sarà tempo per lavorare. Quello che si chiedeva al tecnico livornese, al suo esordio al San Paolo, era di rimotivare una squadra troppo fragile dal punto di vista psicologico. E lui, Mazzarri, l’ha fatto in pieno. Il Napoli ha lottato, ha sofferto, ci ha creduto, è tornato ad avere quella fame smarrita misteriosamente nel dicembre dello scorso anno. E’ questo l’impegno e la grinta che la gente vuole vedere. Una squadra coraggiosa e, per certi versi, anche più maliziosa.
Cazzuta, come tanto piace al presidente. Basta paure. Mazzarri – lui si che sembrava un leone in gabbia – dalla panchina ha sofferto forse anche di più dei suoi ragazzi in campo. Ha urlato, si è sbracciato, si è tolto e rimesso la giacca una dozzina di volte. Chissà cosa avrebbe dato per una fumarsi una sigaretta e allentare un po’ la tensione di una partita, cominciata in salita e ripresa per i capelli nel finale. La scelta di mandare in campo Lavezzi, poi, è frutto dell’esperienza maturata con Cassano negli anni trascorsi in blucerchiato. Mazzarri ha creduto nella buona fede del Pocho che appena arrivato a Castelvolturno ha dato la piena disponibilità a giocare. L’ex allenatore della Sampdoria si è fidato e bene ha fatto perché Lavezzi l’ha ripagato con una prestazione delle sue. E’ fatto così Mazzarri: un po’ di bastone e un po’ di carota. Ma guai a sgarrare. Per conferme domandare a Fantantonio, che con il tecnico di San Vincenzo è tornato un calciatore.