UN SEGNALE FORTE
Si dice vi sia amore laddove si è disposti a soffrire, poichè un sentimento non può essere inquadrato, razionalizzato, ma deve essere vissuto in modo viscerale ed istintivo per essere tale. Così come chi crede in qualcosa lo fa incondizionatamente, non avendo e nemmeno cercando delle prove per convincersi, allo stesso modo si comporta chi ama. Tra le tante forme di amore, più o meno alte, esiste anche quella verso la propria squadra del cuore, un sentimento che non può certamente rientrare nella categoria delle passioni. Le passioni possono essere tanto intense quanto fugaci, travolgenti ma dalle radici poco solide, mentre l'amore è un sentimento più profondo, che si consolida nel tempo, resistendo a qualsiasi intemperie. Ecco perchè i tifosi azzurri non sono e non saranno mai dei semplici appassionati ma dei veri innamorati della propria squadra. Sempre presenti nonostante le poche gioie e le molte delusioni. Sempre pronti a riempire lo stadio o a comprare qualsiasi oggetto abbia impressa quella enne napoleonica che ti fa sussultare ogni volta che la vedi. Oppure a fiondarsi al cinema per favorire gli affari del proprio presidente e, di conseguenza, della propria squadra. Sono gli stessi che hanno intrapreso un viaggio massacrante questa estate, mentre tutti gli altri si crogiolavano in spiaggia, per assistere al ritorno del Napoli in Europa contro una modestissima squadra albanese. Fieri di esserci e con una gioia immensa nel cuore. Sono gli stessi che ora dovrebbero fermarsi per un momento e dire basta, ribellandosi in modo chiaro e netto allo scempio di questi mesi, ed invece continueranno a riempire ingenuamente il San Paolo, con somma gioia dei botteghini.
Di fronte ad una situazione di tale gravità la diserzione non sarebbe infatti letta come un atto di vigliaccheria, di disinteresse per le sorti del Napoli, ma di grande maturità. Un modo concreto e civile per mettere ciascuna componente della società davanti alle responsabilità di una stagione gestita con pressapochismo e bucata clamorosamente. A nulla servono gli striscioni in rima, esposti al termine dell'incontro, o qualche fischio verso i giocatori se poi gli spalti sono gremiti, e gli incassi comunque assicurati, nonostante i prezzi maggiorati dei biglietti. Senza contare la gestione mediatica offerta dal duo dirigenziale con De Lauentiis che disconosce la linea politica di questi anni e Marino, dal canto suo, che continua a difendere la paternità di acquisti rivelatisi fallimentari sia da un punto di vista tecnico che economico. Non ha senso incitare un gruppo di giocatori senza arte nè parte che, salvo rare eccezioni, ha dimostrato di non essere all'altezza di questa piazza e non solo tecnicamente. Si può perdere ma con onore. Si può riconoscere la superiorità dell'avversario ma solo dopo aver lottato per novanta minuti e non arrendendosi alle prime difficoltà. Poche volte, nel passato, Napoli ha potuto gustarsi squadre da sogno, giocatori di livello internazionale, dalla tecnica sopraffina, mentre ha quasi sempre avuto persone pronte a lottare e ad onorare la maglia fino in fondo, che avevano piena coscienza di ciò che rappresentavano e grande dignità.
La sensazione, invece, è che basterà una vittoria importante, magari contro l'Inter domenica, per tornare a cantare tutti in coro 'O surdato 'nnammurato come degli automi, dimenticando le colossali figuracce rimediate o quei record negativi ritoccati dopo anni di meritato silenzio. Si tornerà a parlare di un Napoli europeo, si sconfesseranno le giuste critiche passate e si ricreerà quel clima da volemose bene che contribuisce solo ed esclusivamente ad ingrassare le casse societarie. Per questo i tifosi dovrebbero comportarsi responsabilmente e restare a casa. Per far si che questa stagione deprimente non venga archiviata troppo velocemente sotto la voce 'casualità' ma possa rimanere ben impressa nella mente di tutti come monito, per loro stessi, e per garantire al Napoli un futuro all'altezza delle loro aspettative