Tatticamente – Campanelli per il 2019: squadra lunga e calci piazzati
Arrivati al giro di boa, è tempo di (parziali) bilanci – l’ha fatto lo stesso Ancelotti nel post gara – circa lo storico delle partite disputate e delle possibili aree di miglioramento da scorgere in vista di quelle che si dovranno ancora giocare. Due i principali volti “identitari” che il Napoli ha dimostrato di avere sino ad oggi: una versione – in chiaroscuro – vista nei big match, dove Liverpool a parte – andata -, di imprese non se ne ricordano; ed un’altra – talvolta leziosa e poco cinica -, che si è battuta con le “piccole” (c.d.). Nel primo caso, la sensazione percepita è che alla fine la caratura degli avversari, specie nello scontro secco, abbia inciso in maniera sostanziale: lo spessore tecnico e fisico – per caratteristiche e potenzialità dei giocatori a confronto – delle prime delle classe del campionato e delle corazzate europee riesce a fare quasi sempre la differenza; nel secondo, il divario con la bassa classifica s’è rivelato talmente importante che alla fine le partite “facili” sono state vinte tutte – al netto del Chievo e della Stella Rossa a Belgrado – e l’indice è stato giustamente puntato sulle prestazioni – alcune oggettivamente deludenti: se qualche volta il punteggio ha tardato a sbloccarsi, in altre è rimasto invece in bilico fino all’ultimo secondo utile. Come col Bologna, una classica partita decisa da una serie di giocate individuali: il colpo di testa di Milik è un gesto tecnico da grande attaccante d’area, da ariete vero; e poi la serpentina ed il tiro secco di Mertens che ha dato i tre punti. Brutto l’atteggiamento mentale di chi ha pensato per ben due volte d’aver chiuso la pratica con un solo gol di scarto senza aver fatto i giusti conti con un Bologna arcigno e tignoso, letale sui calci piazzati; azzurri sembrati scarichi, con i reparti lunghi, larghi, ed il centrocampo bucato puntualmente in contropiede. La sosta dovrà servire al gruppo per riprendere la brillantezza dei tempi migliori, della prima parte del girone di Champions, in modo da evitare di soffrire anche contro le “cenerentole” di questo modesto campionato. Napoli ultra offensivo nella formazione iniziale: in pratica quattro attaccanti, col doppio centravanti Mertens-Milik, più Callejon ed il recuperato Verdi sugli esterni, quindi Zielinski appostato in zona-tiro (una sua specialità). Tutti proiettati – troppo – in avanti, squadra sbilanciata e sfilacciata che per tutto l’arco della partita ha pensato esclusivamente in una sola direzione ignorandone completamente un’altra, convinta che il Bologna fosse capace a malapena di tenere botta e che non avesse affatto la forza d’imbastire delle coraggiose ripartenze. Previsione errata: match mai in pugno, che andava controllato, gestito, quindi chiuso, ma non è stato fatto. E’ successo tutto ed il contrario di tutto: superficiali dopo il vantaggio, e difatti tra quest’ultimo ed il pari felsineo c’è stata una lunga fase di stasi che ha consentito al Bologna di guadagnare metri ed affacciarsi con pericolosità dalle parti di Meret, semplicemente trovando il Napoli scoperto e spaccato nei ribaltamenti di fronte. Sarebbe bastato un pizzico di saggezza e serenità in più, ma soprattutto di equilibrio a centrocampo – dov’è noto che si decida qualsiasi gara di calcio che si rispetti -, ed invece ha regnato un pò di confusione sulla trequarti, con troppi giocatori schiacciati sulla stessa linea, poco dinamici e propensi al sacrificio nella fase di non possesso, alla quale si è ritrovato a lavorare il solo (e solito) Allan, unico vero e proprio frangiflutti messo a protezione dei due centrali.


