SI CHIUDE IL PRIMO CICLO: MOLTI GLI ERRORI DA NON RIPETERE

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Con il match del San Paolo di domenica scorsa contro il Chievo e con il conseguente 12esimo posto in coabitazione con la Sampdoria, si è chiuso il primo quinquennio dell’era De Laurentiis e forse come ha detto il capitano storico di questi ultimi anni, Francesco Montervino, si è chiuso un ciclo e bisogna subito riaprirne un altro per regalare nuove soddisfazioni al pubblico partenopeo. Soddisfazioni che si possono contare sulle dita di una mano quelle provate in questa stagione e tutta compresse nei mesi di settembre e ottobre scorso. Se vogliamo analizzare dal punto di vista dei risultati ottenuti sul campo questa nuova era azzurra, partita nel settembre del 2004, forse l’unica vera gemma, se tale si può definire, è stato l’ottavo posto del campionato scorso al primo campionato di Serie A. Non possono essere, infatti, considerati miracolosi, come qualcuno si ostina a voler far credere, una promozione dalla C alla B in 2 anni e la promozione dalla B alla A, fatto che dovrebbe essere nella logica delle cose per una squadra con il bacino di utenza e soprattutto con gli introiti del Napoli. Da cancellare del tutto, invece, il 12esimo posto ottenuto in questa stagione, oltre al rendimento avuto nelle Coppe che ha lasciato sempre a desiderare in tutta la gestione Reja.

 

Sarebbe, però, riduttivo delineare un’analisi approfondita basandosi solo sui risultati sul campo. Il perché del fallimento nella stagione in cui il progetto Napoli doveva decollare definitivamente, ovvero questa, è da ricercare in carenze strutturali che hanno radici ben più profonde e radicate in questi 5 anni di storia. Non c’è dunque da meravigliarsi se proprio nell’ultimo anno il progetto azzurro si è sfaldato e si è mostrato lacunoso ed incompleto parimenti ad una statua dello scultore polacco Mitoraj, noto per la “non finitezza” delle sue opere. Le critiche che abbiamo effettuato nel corso della stagione erano operate solo con l’intento di segnalare queste mancanze, al fine di poter mutare il corso delle cose, senza dover arrivare per forza ad un fallimento come quello del campionato appena concluso, per comprendere appieno che non tutto aveva funzionato alla perfezione sin qui. Ciò che c’interessa è il bene del Napoli perché siamo i primi ad esserne innamorati, e quando qualche critica può servire, non avendo secondi fini, non la reprimiamo internamente, perché se il nuovo progetto azzurro riparte da un campione come Quagliarella è anche per merito di quella componente di stampa e tifosi che ha fatto presente alla società che così non si poteva andare avanti. Vediamo nel dettaglio cosa, secondo il nostro modestissimo parere, non è andato in questo quinquennio e cosa sarebbe d’uopo non ripetere per costruire davvero un Napoli competitivo e vincente:

 

STRUTTURA SOCIETARIA: non ci può essere una grande squadra se alle spalle non c’è una grande società. E in ogni azienda che si rispetti, per arrivare al miglior risultato possibile è necessaria una pianificazione programmatica attraverso la divisione e l’organizzazione dei compiti. E’ impensabile concepire la quarta società calcistica italiana che racchiuda numerosissime figure e compiti in una sola persona, l’uomo solo al comando del Napoli, Pierpaolo Marino. Se in C e in B il dg poteva anche barcamenarsi in una gestione patriarcale della cosa azzurra, in Serie A è davvero inconcepibile. Suona davvero strano che un imprenditore di successo come De Laurentiis, che ha parlato sempre di “progress”, di rivoluzione interplanetaria e quant’altro, abbia alla fine lasciato gestire la sua società come una di quelle del calcio d’altri tempi, altro Superlega Mondiale per Club!

 

SETTORE GIOVANILE: ai proclami di guerra: “Mai più i Di Natale e i Palladino dovranno emigrare nei settori giovanili del Nord per emergere”, non sono seguiti i fatti. Il Napoli, infatti, spende 60mila euro complessivi all’anno per il suo vivaio, cifra pari a quello che impiega una normale squadra di Lega Pro per il suo settore giovanile. La diaspora delle varie squadre, in giro per i vari impianti della Provincia di Napoli, non aiuta di certo alla realizzazione di un progetto con i fiocchi. Una squadra forte ed attenta ai “prospetti” come il Napoli, i suoi giovani dovrebbe costruirseli in casa, come fanno ad esempio Juve, Roma, Milan, Inter, Samp e Atalanta, solo per fare qualche nome.

 

IMPIANTISTICA: il San Paolo versa in condizioni che definire fatiscenti è un eufemismo. Condizioni igieniche e strutturali precarie e i tabelloni che da convenzione De Laurentiis avrebbe dovuto installare, sono solo un miraggio da ormai 4 anni, nonostante il costo non eccessivo. Per quanto riguarda il Centro Sportivo di Castelvolturno, poi, non si brilla per ospitalità, ammessa che ci voglia essere. Manca ancora una tribunetta per permettere di tanto in tanto ai tifosi di assistere agli allenamenti. Quanto ai nuovi campi, le nuove palestre e alle innovazioni che si prevedevano, per il momento non c’è neanche l’ombra.

 

MERCATO: se in rapporto qualità-prezzo ottimi colpi sono stati sicuramente Calaiò, Bogliacino, Iezzo, Cannavaro, Domizzi, Lavezzi, Hamsik, Gargano e Santacroce, non altrettanto si può dire per i vari Capparella, Grieco, Lacrimini, Bucchi, De Zerbi, Zalayeta, Pazienza, Navarro, Rinaudo, Denis, Aronica e Datolo. In questo senso la bilancia è in equilibrio, ma sarà meglio non commettere più errori perché poi una volta acquistati, i calciatori poco funzionali al progetto sono poi molto difficili da piazzare in giro

 

POLITICA CONTRATTUALE: la politica “un quinquennale non si nega mai a nessuno” il Napoli se la porta ancora dietro e con esso gli svariati tesserati ancora iscritti al libro paga azzurro sin dai tempi della C. Anche la scelta dei diritti d’immagine, poi, andrebbe rivista se si vogliono condurre all’ombra del Vesuvio calciatori di prima fascia.

 

MANCANZA DI ALLEANZE: il Napoli in questi anni ha comprato soprattutto sempre dagli stessi canali, fidati per Marino: Argentina con la mediazione di Cysterpiller, D’Ippolito per gli uruguaiani e non solo (vedi Pazienza), e il Brescia, dove c’è il responsabile del settore giovanile del Brescia Mantovani, ex collaboratore di Marino ai tempi di Udine. Una società di vertice deve sapere comprare e trattare con qualsiasi entità, non solo con i cosiddetti “alleati”.

 

OCCASIONI PERSE: sono molti i calciatori che si sono offerti al Napoli in questi anni e che sono stati per così dire “bocciati” dalla dirigenza: si va da Pasquale Foggia ai tempi della C, passando per Lodi e Borriello in B, fino ai vari Cassano, Milito, Salvatore Bocchetti, Thiago Motta, Pazzini, Fabio Cannavaro e chi più ne ha più ne metta in Serie A. Occasioni come queste non andrebbero più considerate con leggerezza.

 

MANCANZA DI UN TEAM-MANAGER PER LA GESTIONE DELLO SPOGLIATOIO: finchè il Pampa Sosa è rimasto in squadra, casa-Napoli sembrava quasi una famiglia delle pubblicità del Mulino Bianco. L’argentino, infatti, riusciva al meglio a coagulare e coordinare il gruppo italiano e sudamericano e a far da tramite con la società. Non è un caso se quest’anno le mura dello spogliatoio azzurro hanno scricchiolato più di una volta e se la gestione del gruppo e dei giovani dell’organico ha lasciato a dir poco a desiderare. Bruscolotti dove sei?

 

 

COMUNICAZIONE: un silenzio stampa che dura praticamente da 3 anni, salvo qualche rara eccezione, è a dir poco grottesco. Il rapporto sempre esasperatamente conflittuale, poi, con chi non la pensa necessariamente come la società non è sicuramente un “modus operandi” che fa onore a questa gestione.

 

CONFRONTO CON GENOA E FIORENTINA: se non sarebbe giusto comparare questo Napoli con le tre grandi più la Roma, opportuno è operare un raffronto tra gli azzurri ed il Genoa e la Fiorentina, società che come quella partenopea, hanno vissuto eventi tribolati negli ultimi anni. Ebbene i Viola, falliti nell’estate del 2002, sono riusciti a strutturareuna società che è già stabilmente in Europa da 3 anni, mentre il Genoa, ripartito dalla C un anno dopo rispetto al Napoli, è una realtà stroardinaria che ha stupito tutti in Italia. Non andrebbe dimenticato, però, inoltre, che gli introiti del Napoli sono ben superiori a queste due belle realtà. Se 2+2 dovesse fare sempre 4…

 

MANCANZA DI SENSIBILITA’ VERSO LA GLORIOSA STORIA AZZURRA: da quando il Napoli è ripartito quasi mai la nuova società ha dimostrato di far attenzione alla gloriosa storia passata azzurra e alla quale i tifosi sono indissolubilmente legati. Il primo schiaffo alla storia è stato senza ombra di dubbio la decisione di portare il Napoli nella lontana Castelvolturno e di lasciare ammuffire il Centro Paradiso di Soccavo, casa storica del Ciuccio. Non va dimenticata, poi, la decisione di non acquisire per poco più di 80mila euro una parte di trofei vinti dal Napoli, non dal vecchio Napoli come qualcuno erroneamente lo definisce, visto che il Napoli dal 1° agosto 1926 è sempre uno. L’ostilità dimostrata nei confronti dei campioni azzurri del passato e le dichiarazioni del presidente su Maradona prima e Cannavaro poi, non hanno di certo fatto piacere ai tifosi. 

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