SCONFITTA NON CASUALE

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Avevamo chiesto al Napoli almeno un punto dalla trasferta orobica. Diciamo “almeno”, perché contro un’Atalanta ruvida, ma non certo irresistibile, si poteva tentare senz’altro il colpo grosso; anche senza Cavani, e per di più con Cigarini assente dall’altra parte della barricata, oltre a diverse altre defezioni che penalizzavano la banda Colantuono. Neanche per idea, le streghe di Halloween hanno colpito nel segno. All’”Azzurri d’Italia” arriva, al contrario, un’altra solenne bastonatura. Meno umiliante di Dnipro, meno polemica rispetto a quella di Torino, ma non meno stimolante a far sferrare pugni al muro per la delusione. E schiumare di rabbia, una rabbia accresciuta dalla fuga in avanti della Juventus e, ahinoi, dal sorpasso alla Gassman dell’Inter. Una rabbia dovuta ancor più al modus con cui è maturata la battuta d’arresto degli azzurri, alle circostanze negative e ingenue che la motivano.

Ingenue, come quella che hanno determinato la segnatura atalantina. Ingenue in quanto coincidenti con l’errore più grande commesso dal Napoli. Com’è possibile che in tale occasione i nostri difensori, non solo non sono riusciti a spezzare l’azione all’inizio, nello stretto dopo la rimessa laterale, ma hanno dormito, consentendo che la sfera arrivasse con soli tre tocchi a Denis e che questi la desse di sponda a Carmona? Al di là dell’eccezionale rapidità d’esecuzione del mediano cileno (chissà perché segna solo contro di noi, evidentemente gli siamo di buon augurio …), perché la stessa rapidità non l’hanno avuta i partenopei nel chiudergli lo spazio prima che sferrasse la botta? Una rete subìta da fessi, davvero da fessi, considerando che fin lì i padroni di casa non è che avessero costruito alcunché, facilitati piuttosto dalle solite amnesie del nostro reparto arretrato, le stesse passibili di costarci in un paio di occasioni il tracollo in seguito. Prima, però, parlavamo pure di circostanze negative. La mancanza del Matador, ad esempio. Era stata pesante con il Chievo, ma ha avuto un tonnellaggio maggiore stasera, in termini di utilità tattica e anche fisica, giacché Insigne, solo in mezzo a due lungagnoni come Stendardo e Manfredini, era costretto a giocare di fino e Pandev, inutile ripeterlo, non ha le caratteristiche per fare la prima punta, al di là della sua deficienza fisica. La stessa che in queste ultime uscite sembra aver pervaso alcuni elementi fondamentali della rosa azzurra. Cavani, appunto. Ma anche Zuniga, la cui condizione va monitorata con attenzione. Per tacere di Maggio, di Dossena, sempre più vicino alla fase della quiescenza, e, aspetto preoccupante, di Mesto che finora è partito titolare solo in Europa League, senza essere impiegato assiduamente in Italia. Un Napoli quasi a mezzo servizio, dunque. Una squadra nella quale i titolarissimi, dopo essere stati spremuti come agrumi dall’umile Walter, diventano ansimanti o, peggio, vanno incontro a non trascurabili problemi fisici. Una squadra alla quale lo stesso tecnico non è mai riuscito a dare un vestito buono per ogni occasione, impedendole così di possedere un carattere camaleontico. Il Santone di San Vincenzo non può sfuggire a questa lacuna normalmente, causa il suo radicalismo, men che mai adesso che è in preda allo stress, a cali glicemici e a crisi psicologiche, le quali si riflettono anche su una squadra che smarrisce sicumera facilmente, riavendosi solo quando il tempo stringe. Ma non è solo colpa sua. Forse, una volta notato che senza una prima punta vera difficilmente si fa risultato, il dottor Bigon provvederà a portare a casa un vice-Cavani in senso stretto? Una volta visto all’opera l’abulico ex giocatore Dossena, si renderà conto che l’alternativa a Zuniga serve come il pane? I giocatori si stancano, Mazzarri li fa giocare troppo, ma se ciò accade è perché non si fida delle seconde linee che il suo servile ds gli ha propinato. E lo stesso ds, realizzato che col passare del tempo altri elementi potrebbero andare incontro a guai sanitari, prenderà un altro centrocampista che faccia riposare Behrami e Inler, i quali non hanno le pile e non sempre possono efficacemente fare legna e riavviare il gioco?

Non vogliamo essere petulanti. Tuttavia, le critiche (ennesime, purtroppo) rivolte all’allenatore e al suo caro amico Bigon scaturiscono libere e naturali dopo questa sconfitta, indipendentemente da come si sia verificata. E non solo il risultato negativo di Bergamo, ma anche quanto già successo in precedenza, dimostra che nella conduzione della barca qualcosa sta andando storto, per tempeste sopraggiunte, oltreché per difetti di fabbricazione che partono da lontano, più precisamente dall’estate. Si è deciso di mettere su due Napoli, uno che andasse alla grande in campionato e uno che salvasse l’onore in Europa. Il secondo obiettivo sta andando in frantumi progressivamente. Quanto al primo, nonostante gli eventi che stanno avendo luogo ultimamente, si può anche sperare di migliorare il quinto posto della scorsa stagione. Ma per raggiungere tale obiettivo occorrerà sudare, soffrire, gettare il sangue. E tanto, molto. Chiaro, ovviamente, che, a prescindere dai risultati realmente ottenuti, saranno tanti i fattori, positivi e negativi, da giudicare nella tormentata gestione tecnica della nostra squadra.

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