Un ritiro punitivo e un banco degli imputati spazioso

Ieri sera Senad Lulic da Mostar ha portato via il primo vero obiettivo stagionale del Napoli palesando tutti i limiti di una squadra che da tempo ormai non riesce più a ritrovarsi. Gli azzurri sono vittime di una vera e propria crisi d’identità che ha trasformato l’attacco da punto di forza a tallone d’Achille di una stagione che sta via via raccogliendo più delusioni che successi. Sfumata la Coppa Italia dopo una prestazione tutto sommato sufficiente ma a conti fatti non all’altezza della situazione, il post partita è stato caratterizzato dalle parole di Benitez che ha palesato dispiacere per l’eliminazione, senza mai ammettere le proprie colpe, e dalle dichiarazioni di Aurelio De Laurentiis che in maniera travolgente dopo aver parlato negli spogliatoi ai propri giocatori (o dipendenti?) ha annunciato in sala stampa l’inizio di un ritiro punitivo a tempo indeterminato, anch’egli però pronto a scaricare eventuali colpe.

Infatti le parole del presidente risuonano forti tra le mura del San Paolo e lasciano un’unica certezza: sul banco degli imputati salgono solo ed esclusivamente i giocatori, rei secondo De Laurentiis di aver mancato di rispetto alla società, ai tifosi e al proprio allenatore. Due mesi senza vittorie che hanno fatto esplodere l’ira del patron azzurro e che paradossalmente rappresentano la vera sconfitta di Rafa Benitez. Lo spagnolo è sempre stato fine psicologo, attento ad ogni particolare e in grado di tenere la concentrazione del gruppo al massimo, senza alzare mai la voce, contrapponendosi di fatto ai modi decisi e sopra le righe del suo presidente. Un confronto di idee e filosofie che hanno vissuto quasi sempre in sincronia, magari con qualche contrasto ma vivendo su un sottile equilibrio, nonostante Bilbao, Milano e Torino per citare tre trasferte disastrose. Equilibrio palesato fino a ieri sera quando è arrivata la decisione di mandare la squadra in ritiro, ipotesi sempre bocciata da Rafa Benitez. La dichiarazione rilasciata però permette al patron azzurro di difendere la posizione del tecnico aprendo l’ipotesi che il ritiro sia una semplice conseguenza di un accordo tra i due. In parole povere se gli strumenti di Benitez, fiducia e pacatezza, non portano più risultati, ora si passa al bastone senza alcun indugio. Questa scelta però rappresenta anche un altro indizio che allontana il tecnico da un’eventuale permanenza e l’impegno dei calciatori sembra riflettere questo stato, una squadra senza convinzione o cattiveria come se i giochi fossero già conclusi.

Altra discussione merita la tempistica dell’iniziativa che al momento è stata accolta in maniera entusiasta da più parti, anche perché a pochi minuti dal fischio finale è sempre facile attaccare i protagonisti in campo. Ma la notte porta consiglio e in tanti tra tifosi, giornalisti e semplici opinionisti hanno trovato fuori luogo ricorrere solo ora ad una scelta del genere. Per tanti sarebbe stato giusto intervenire prima, ma che senso ha screditare il lavoro del proprio tecnico quando si è ancora in lizza su tre obiettivi? Perché scavalcare le gerarchie e prendere decisioni contrarie alle idee del tecnico? Perché non riporre fiducia nell’esperienza e nella capacità di un tecnico vincente come Benitez soprattutto dopo lo splendido risultato della scorsa stagione? La sensazione è che De Laurentiis abbia utilizzato la carta della disperazione per salvare il salvabile e scuotere i suoi prima di aprire un nuovo progetto, perché ciò che più preoccupa, a conti fatti, non è tanto la sconfitta o l’eliminazione dalla Coppa Italia ma piuttosto l’evidente differenza tra il gioco espresso lo scorso anno e quello proposto in quest’annata, reso ancora più evidente ieri sera dall’ottimo lavoro fatto da Pioli al suo primo anno di Lazio.

Una differenza che ha spiazzato i tifosi e motiva la loro delusione ma che soprattutto non trova un vero e proprio colpevole considerando che le distrazioni cittadine, citando lo stesso De Laurentiis, c’erano anche la scorsa stagione. E allora cosa è cambiato? Che gli errori commessi dai giocatori sono tanti ma che sono tanti e mai ammessi anche gli errori fatti dall’allenatore che probabilmente ha dato troppa fiducia ad un gruppo di lavoro che già a Dimaro aveva palesato eccessi di arroganza e presunzione e che non ha mai più avuto la stessa armonia dello scorso anno, magari anche per l’assenza di un vero e proprio leader in campo o fuori che facesse da collante tra i giocatori e tra allenatore e società. Quel leader non comprato, cercato per tutta la stagione tra gli ex del Real Madrid e mai trovato. Ed ecco che sul banco degli imputati c’è spazio per tutti…

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