DAL BERNABEU AL MADRIGAL: LE AVVENTURE EUROPEE DEL NAPOLI NELLA TERRA DEI TORI

Con l’attesa tutta rivolta all’appuntamento cruciale della stagione contro l’Athletic al San Mamés, passiamo in rassegna le sfide di Coppa giocate dagli azzurri in Spagna

Vale già l’intera annata il match di mercoledì sera con il Bilbao. E il Napoli non vi arriva certo nel migliore dei modi, alla luce di quanto accaduto nella tiepida e poco esaltante notte del San Paolo. Il pareggio con rete subìta che avrebbe potuto diventare vittoria nelle ultime battute. Quei cinquanta e passa minuti di blocco mentale, abulia e decocentrazione tra il 16′ e il 69′ fino al goal di Higuain. La diatriba tifosi-Insigne. Le scelte non proprio fortunate di Benitez a livello tecnico-tattico. Certamente non è un clima da allegro trenino quello caratterizzante gli azzurri a sei giorni di distanza dall’ora X. Ma è pur d’uopo credere nella possibilità di un colpaccio. Soprattutto in virtù del fatto che, bolgia del San Mamés a parte, le esperienze partenopee in Spagna hanno spesso regalato pagine memorabili, sebbene il bilancio non sia propriamente a favore: due vittorie e due sconfitte in quattro partite. E dunque, anche per stemperare ansia e tensione in vista del 27 agosto, entriamo nella macchina del tempo e riviviamo le notti europee del Napoli a Madrid e dintorni.
DEBUTTO AMARO – Madrid, appunto. Perché è proprio lì che il Ciuccio ha disputato la sua prima contesa continentale in Spagna. Non si scorda mai la prima volta, tantopiù se si pensa al palcoscenico ove ha avuto luogo: la Coppa dei Campioni, edizione 1987-88. Così si chiamava l’attuale Champions League allorquando il Napoli, fresco vincitore del Tricolore, vi fece il suo esordio al cospetto del Colosso Real. Da una parte Re Diego e una squadra fortissima come non mai, dall’altra la ‘Quinta del Buitre’, la temibile brigata del bomber Emilio Butragueño (el ‘Buitre’, appunto, l”Avvoltoio’) e dei ‘canteranos’ madrileni. Eppure il teatro di quella prima volta, il Santiago Bernabéu, era surrealmente deserto, colpa di una squalifica che l’anno prima aveva colpito le Merengues. Uno svantaggio per loro, pensarono in Italia, fermo restando il duro coefficiente di difficoltà. In svantaggio, invece, ci andarono proprio i partenopei dopo appena 18′: Renica stese in area Sanchís e l’arbitro romeno Igna decretò il penalty realizzato da Míchel. Tesi e contratti mentalmente per l’eccezionalità dell’evento, forse stralunati dall’inconsueta atmosfera vuota, i partenopei non stettero comunque a guardare, ma Maradona visse una delle serate meno brillanti della sua carriera. Bravi a pungere al momento opportuno, i madrileni trovarono il colpo del ko al 72′, complice una sfortunata deviazione di De Napoli su tiro di Tendillo. Una prestazione da non buttare sul piano del gioco non fu sufficiente a colmare il gap d’inesperienza con i Blancos. E al ritorno l’1-1 a Fuorigrotta, con illusorio goal di Francini e definitivo pari di Butragueño, spense i sogni di gloria.
¡QUE MANITA! – Cinque anni dopo, ecco la seconda trasferta spagnola; anche in tal caso un primo turno, seppur di Coppa Uefa. Stavolta si andò al ‘Mestalla’ (all’epoca chiamato ‘Luis Casanova’), nella tana di un Valencia ben lungi dall’essere il ‘Dream Team’ di Hector Cuper e Rafa Benitez di qualche anno appresso. Quel Napoli, il secondo guidato da Claudio Ranieri, non aveva più El Pibe, eppure poteva contare su una rosa tutto sommato valida, definita addirittura da Scudetto secondo alcuni. Anche perché tra le fila nostrane vi era un certo Daniel Fonseca, bomber di razza e reduce da due annate positive a Cagliari. Beccato dagli ‘aficionats’ valenciani per aver preferito in estate l’azzurro a loro (‘pesetero pesetero’ gli urlarono), l’uruguagio si vendicò nella maniera più clamorosa e rocambolesca possibile: sarebbe bastata anche una rete….e invece, nella porta del povero Sempere, di palloni ne finirono cinque! Daniel aprì le danze dopo 20′; e, dopo il pari spagnolo di Roberto al 56′, si ripeté al 60′ e al 63′ per chiudere poi i conti all’87’ e al 90′. I quattrocento tifosi giunti dal Golfo erano in estasi, i loro omologhi iberici rimasero attoniti e alla fine applaudirono i partenopei. Il discorso-qualificazione di fatto terminò lì, il retour-match al San Paolo fu una pura formalità: 1-0, ancora Fonseca dopo sette giri di lancette. Sembrava l’inizio di un annus mirabilis, e invece l’avventura europea del Napoli si chiuse già al secondo turno con il Paris Saint-Germain. Intanto era già scoppiata la bufera in campo nazionale: i brutti risultati fecero piombare il Ciuccio nei bassifondi, il ritorno di Bianchi in panca salvò la baracca. Ma i guai economici del club, di fatto, iniziarono in quel momento…
BOTTA E RISPOSTA – Tornato a calcare gli scenari del Vecchio Continente nell’estate 2008 (chi ricorda l’Intertoto vinta contro Panionios e Vllaznia?), il nuovo Napoli debuttò nel 2010 nell’attuale Europa League. Passata a fatica la fase a gironi (una vittoria e cinque pareggi!), la banda Mazzarri si ritrovò ai sedicesimi il temibile Villareal di Diego Lopez, Borja Valero, Cazorla, Musacchio, Nilmar e, soprattutto, Pepito Rossi. All’andata a Fuorigrotta il fattore-campo non bastò: 0-0. Al ritorno, il 24 febbraio 2011, occorreva mettere piede in un’altra bolgia, quella del ‘Madrigal’, in un’atmosfera carica ed elettrica che in qualche modo contagiò tutto il gruppo azzurro, compreso un umile Walter nervoso al massimo quella notte. Il Napoli partì col piede giusto e al 18′ mise il naso avanti con Hamsik; e tanta fu la gioia dei supporters napoletani da far cedere una balaustra della tribuna che li ospitava… In seguito tuttavia, presi dalla frenesia e dall’ansia (leit-motiv abituale di quel tempo…), i partenopei sbagliarono clamorose chances da goal, sicché nel giro di due minuti (43′ e 45′) vennero puniti proprio da Nilmar e Rossi, bravi a sfruttare i loro errori. I cambi di WM a livello tattico, con una squadra tutta a trazione anteriore nelle fasi finali del match, e la rabbia agonistica messa sul tappeto verde non furono sufficienti a sfuggire alla sfortuna (palo di Cavani) e ad un’eliminazione bruciante ed evitabilissima. Ma tempo dieci mesi, ed ecco che il destino riservò al Napoli la ghiotta opportunità di una rivincita, sempre lì al ‘Madrigal’. Con in palio però, oltre alla vendetta sportiva, lo storico superamento del ‘girone della morte’ di Champions con Bayern e Manchester City. Per eliminare gli Sky Blues di Mancini bisognava solo vincere contro un Villareal miseramente ultimo a quota zero. Benché già fuori, il Submarino Amarillo si batté con impegno, specialmente a inizio ripresa, finché un Mazzarri ancor più nervoso dell’anno precedente si fece espellere per uno spintone a Nilmar. “Ci stava facendo perdere tempo, l’ho fatto apposta per dare una scossa alla squadra”, dirà l’umile Walter. Chissà perché, da quel momento in poi gli azzurri iniziarono a ragionare e, soprattutto, a giocare con raziocinio. E arrivano le reti della vendetta servita fredda e puntuale: prima il siluro di Inler da fuori area al 66′, poi la zampata di Hamsik su corner di Lavezzi undici minuti più tardi. Rivincita compiuta, pass ottenuto! Stavolta per i tifosi saliti in Spagna fu festa grande, giusta celebrazione di una prova di maturità e di carattere mostrata in quell’umido 7 dicembre 2011. La stessa prova che ci si aspetterebbe mercoledì sera al San Mamés dai chicos di Rafa Benitez. Il momento non sembra propizio, i nervi sono tesi. Ma le paure e le preoccupazioni vanno messi da parte sul pitch. E al chiasso della folla basca occorrerà rimanere sordi, concentrati sull’unico scopo di portare a casa il risultato utile. Senza calcoli, senza arrovellamenti, senza distrazioni. Solo la Champions.villareal-napoli 2011

Translate »