Vincere? Non siamo pronti

A Roma, altra piazza rapace come direbbe il presidente De Laurentiis, la crisi di risultati è stata vissuta come un tradimento da parte dei giocatori nei confronti dei tifosi, senza attacchi diretti alla proprietà e solo toccando in maniera marginale il ds Sabatini per un mercato di riparazione che ha creato più danni che benefici.

A Napoli invece il ritiro imposto dal presidente è stato da molti accolto come privazione della libertà di un individuo, ovviamente fino al 3-0 inflitto alla Fiorentina che ha magicamente ribaltato tutte le opinioni trasformando il ritiro in manna dal cielo necessaria per svegliare l’intero gruppo. E non solo: è bastata una vittoria in campionato dopo due mesi di astinenza per creare tabelle e ipotetiche rimonte nei confronti di Roma e Lazio, è infine con un’eliminazione dalla Coppa Italia, coppetta in caso di qualificazione e fallimento in caso di estromissione, si è ripescato dalle cantine impolverate nomi di allenatori pronti a ritornare in sella al progetto dopo aver lasciato la piazza con modi discutibili, per non parlare dell’invito all’esonero di Rafa Benitez o addirittura di dimissioni per un’annata che prometteva di più. Non contenti alcuni giornalisti locali, quindi vicini all’ambiente, hanno iniziato la svendita stagionale della rosa azzurra e anche di qualche elemento della società, convinti che distruggere tutto sia la soluzione ad ogni problema.

Napoli è fatta così e nonostante un progetto di successo come quello impostato da De Laurentiis, passa da entusiasmi ad improvviso pessimismo e rassegnazione, pretende la vittoria, vive lo stadio dipendendo dai risultati, difende a spada tratta i giocatori e non riesce mai e poi mai ad avere una visione a lungo termine per valutare con obiettività i fatti. “Ho sbagliato a parlare di scudetto, l’ambiente non è pronto” diceva De Laurentiis agli inizi di gennaio, quelle parole vennero accolte con feroci critiche ma i fatti sembrano dargli ragione.

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