UNDICI EUROPEO, FANTASTICA AMBIZIONE

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La cicala e la formica. C'è chi, in barba a qualsiasi scaramanzia, e senza paura di creare false illusioni, va sviolinando ai quattro venti promesse difficili da mantenere. Si prenda ad esempio l'ottimista Urbano Cairo, presidente del Torino, che sogna di interrompere il predominio delle grandi potenze del calcio italiano; memore della grande impresa del Verona di Bagnoli, che nell’85 conseguì un incredibile scudetto battendo le varie “grandi”, aspira ad emulare gli scaligeri con un exploit che farebbe urlare al miracolo qualsiasi religione. Forse l’acquisto dell’attempato Corini o del mestierante Natali oppure della “scommessa” (giusto per restare in tema…) Di Michele hanno un attimino ottenebrato il presidente del Toro, che avrà probabilmente già dimenticato il semi disastro della stagione appena conclusa. Quando nonostante acquisti presentati a suon di fanfara, come Barone, Abbiati & company, la squadra è riuscita a salvarsi per il rotto della cuffia, sebbene i proclami della vigilia fossero ben altri. 

 

Diversi chilometri più a Sud c'è qualcuno che non è sulla stessa lunghezza d’onda di Cairo: la formica, tal Pier Paolo Marino, che fin dallo scorso anno ci ha abituati ad un profilo ben più basso. Obiettivo playoff, diceva lui, serie A in due anni, e altri manifesti di modestia simili; eppure egli stesso sarà stato piuttosto lieto di aver avuto torto, quando la squadra ha disatteso clamorosamente sul campo le sue previsioni. E tomo tomo il Direttore si accaparra le briciole migliori, quelle con le quali si può banchettare a lungo, provviste chiamate Hamsik o Lavezzi, talenti seguiti da mezzo mondo. E mentre gli altri cicaleggiano e si pavoneggiano, a Napoli si continua a tenere i piedi ben saldi a terra, ma intanto gli acquisti seri arrivano, eccome se non arrivano. La salvezza, dicono loro, almeno per il primo anno. Ma chi ci crede più! Cari miei, i nostri stanno mirando al bersaglio grosso, e ne fanno mistero solo a parole, poiché nei fatti continuano a smentirsi da soli, infilando un colpaccio dietro l’altro. E se questi nomi grossi vanno ad inserirsi in un’intelaiatura già ben fornita l’Europa può non essere più una chimera. Non dimentichiamo che il Napoli già annovera fra le proprie fila gente come Calaiò, Cannavaro, Domizzi, ragazzi che puntano decisamente alla Nazionale, e non si nascondono di certo. Altri acquisti non mancheranno, e se si aggiunge quel pizzico di esperienza di cui ancora ha bisogno questa squadra l’impressione è che ci sarà da divertirsi. Un attaccante laterale asseconderebbe i propositi “rivoluzionari” di mister Reja, che punta dritto ad un pirotecnico 4-3-3, coperta lunga ma armi affilate. E che ne pensate di Di Natale? Con l’innesto di un paio di terzini di valore (con tutto il rispetto per Grava e Savini che meritano ampiamente di far parte della rosa) e un pizzico di filtro in più a centrocampo ecco che il gioco è fatto, e la strada per stupire tutti diventa decisamente più in discesa. Si dice sempre così, procedere per gradi, salvarsi e poi chissà, ma la sensazione tangibile è quella che di questo passo la lotta per non retrocedere il Napoli la lascerà ben presto, a chi non può schierare El Pocho Lavezzi e i suoi talentuosi nuovi compagni.

 

Sarà difficile, ma non impossibile. Anche perché se il campionato è per chi ha le spalle molto grosse, ed è un torneo in cui la coda per uscire dai confini nazionali è lunga e competitiva, non dimentichiamo che per la Uefa c’è sempre la porta di servizio. Sarebbe a dire quella che adesso hanno orribilmente deciso di chiamare Tim Cup, ma che resta comunque la stessa competizione, bistrattata e snobbata dalle grandi, che nel 1997 ci ha visto arrivare in finale con Pecchia e Caccia, non certo con la crema del calcio italiano. E allora, va più che bene puntare con umiltà agli obiettivi minimi, prima di poter poi ambire ai traguardi prestigiosi, ma almeno un piccolo pensierino possiamo mettercelo?

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