PRIGIONIERI!

PRIGIONIERI! src=

Uno scempio, deprecabile e insulso. Ecco cosa si potrebbe dire chiaramente dopo aver visto le immagini del pre Udinese-Napoli. Atto premeditato, chiaro e con un obiettivo ben preciso: fare violenza. Ennesima brutta pagina di calcio che, come spesso accade, vede protagonisti un centinaio di delinquenti e colpevolizzati una tifoseria intera.

 

I fatti. Udine, stadio "Friuli", le ore 12.00 sono passate da poco quando inizia la "missione". Tre furgoni, accompagnati da una serie di autovetture private, arriva nell'area circostante lo stadio, dai mezzo escono uomini armati e carichi di droga, spranghe, coltelli. Inquadrano il nemico (le forze dell'ordine ndr) e inizia il combattimento. Passano poco più di un'ora e le riprese televisive fanno il giro del paese accompagnate dal solito bigotto ritornello: i soliti napoletani. La situazione si fa pesante soprattutto dopo che una voce comincia a circolare veloce: è stato accoltellato un tifoso bianconero. Niente di tutto ciò, nessun contatto tra i tifosi friulani e l'ammasso di delinquenti.Il finale conta nove arresti di cui tre rimandati al processo di lunedì 15 e altri sotto custodia, il rischio dell'ennesimo blocco delle trasferte e l'immagine di Napoli sporcata ancora una volta, macchiata dall'inefficienza generale mescolata alla mentalità violenta di chi, con il calcio, non c'entra nulla e che utilizzando questo mondo porta avanti i loro loschi affari.

 

Recidività e frattura. Il lupo cambia il pelo ma non il vizio. Fatti del genere non trovano riscontro in un semplice pomeriggio, ma nella reiterata storia del piccolo comando illusionistico. Una specie di progetto sociale e sportivo, una vendetta programmata, cercata e troppo facilmente raggiunta avvalendosi di un termine che proprio non gli appartiene: Ultrà.Troppo facile accomunare i delinquenti con chi, invece, vive il calcio in maniera più passionale e libera. Un Ultrà non va pavoneggiandosi di essere "diffidato" o sotto il controllo delle forza dell'ordine, un Ultrà va allo stadio per gridare più forte, alzare la voce nel contestare e amare follemente una maglia, una storia, una città. Altri, invece, hanno affari da portare avanti e servendosi di quella stramaledetta "responsabilità oggettiva" rendono prigionieri praticamente tutti. Già, la responsabilità oggettiva, un modo carino da parte dello Stato per dire "non siamo in grado di fermarli, quindi pensateci voi" altro che tessera del tifoso, in primo luogo andrebbero rispettate le leggi.

 

In tutto questo ci sono dati confortanti nello sfracello totale: la Digos, dopo aver analizzato video e fotogrammi, ha evidenziato come questo centinaio di delinquenti arrivò a Udine per tutto tranne che assistere alla partita, praticamente il Napoli non c'entra nulla. Molti volti sono stati riconosciuti e identificati essendo stati già protagonisti in altre azioni di violenza: la protesta della discarica a Pianura, l'attacco all'amministratore delegato del Milan due anni fa, i disordini di Napoli – Siena e così via.I veri Ultrà, invece, prendono le distanze abbandonando al loro destino tali elementi; purtroppo, però, la paura è la solita: tutti pagano. A Udine, su 17.000 spettatori c'erano ben 7.000 tifosi azzurri di cui 2.000 assiepati nel settore ospite e 5.000 sparsi per le tribune a stretto contatto con i tifosi avversari e tutto è filato liscio. Dire tutti è come dire nessuno e, all'Italia intera, conviene dire tutti quando si parla di Napoli.

 

Disegno. C'è un progetto, un perchè, stilato su cartelloni pubblicitari con colori ben in vista e rimarcati a dovere. Il problema è che tutto sembra di stampo impressionistico e contemporaneo, quindi difficile da capire. Fatto sta che un motivo c'è e forse anche più di uno: un'illusione di lesa maestà fantascientifica per chi si è visto negare biglietti omaggio, la volontà di allontanare con la forza i corpi di sicurezza per poter espandere l'impero di droga e biglietti falsi, l'inebriante strada libera lasciata da uno Stato che aspetta solo di rimettere le mani su una società calcistica crescente rendendola capro espiatorio e condannandola per il fastidio economico e politico di palazzo. Tutto fa brodo, difficile spiegare il manifesto, di sicuro c'è solo una cosa: non c'è un pallone, non c'è una bandiera e non c'è passione, solo un nome di riferimento protettivo per nascondersi nella massa.

Translate »