LA MALEDIZIONE DELLA PRIMA PIAZZA
Corsi e ricorsi storici. Lo scorso anno di questi tempi il Napoli si trovava in altissima quota e un fortunato cocktail di eventi rischiava di portarlo dritto in vetta. Il sabato si scontravano le due capolista Roma ed Inter e in caso di pareggio gli azzurri avrebbero avuto un match-ball decisivo per balzare in testa. Guarda caso di fronte c’era proprio il Genoa (anche se al San Paolo) e guarda caso anche quella volta ai tifosi azzurri fu negato il privilegio di assistere alla gara per un’assurda decisione del Giudice Sportivo. Alla fine l’Inter vinse e la possibilità del sorpasso non fu neppure presa in considerazione; i ragazzi di Reja poi fecero il resto facendosi sconfiggere a domicilio dai genoani.
Stavolta la musica era diversa: la combinazione di risultati al sabato c’era stata e vincendo sarebbe stata davvero una storica fuga, un primato che mancava dai tempi d’oro. E quasi come per intercessione divina passa un solo minuto dal fischio di inizio quando il solito straordinario Lavezzi si trova sui piedi la palla giusta e la scaraventa in rete. Bello spulciare la classifica parziale e vedere il Napoli lassù, seppur con l’effimera consapevolezza che tutto può sfuggire con uno schiocco di dita. Che brividi, che vertigini a guardare tutti dall’alto in basso, ma forse è stato proprio questo mal di alta montagna a far girare la testa ad Hamsik e soci. Già, perché all’improvviso la squadra sbarazzina e padrona di sé dei primi minuti si è letteralmente sbriciolata di fronte ai colpi di un Genoa pur volitivo e determinato ma che si è avvalso di un calo vistoso degli avversari. La prima mezz’ora è stata senza dubbio la migliore in assoluto del Napoli di quest’anno, i rossoblu di Gasperini sono rimasti letteralmente folgorati dallo strapotere azzurro in tutti i reparti e un Pazienza top class stava facendo dimenticare il gladiatorio Blasi con una prestazione maiuscola. La difesa reggeva alla perfezione e Milito se ne stava buono in un angolino. Poi d’improvviso il blackout. Il gol di Papastathopoulos è stato semplicemente il coronamento di un ribaltone nei giochi di potere in campo che andava avanti già da una buona decina di minuti, a chiudere una prima frazione double-face che non lasciava presagire nulla di buono. E infatti nella ripresa si è verificato il nefasto presentimento. Un Napoli irriconoscibile e in balia degli eventi si è fatto surclassare da una squadra che sia in undici che in dieci uomini non ha mai più perso di mano la gara. Milito ha scioccato un inadeguato Rinaudo ed è salito in cattedra, servendo l’assist a Palladino e finalizzando poi a sua volta, con l’intera difesa ancora una volta completamente in bambola nonostante la superiorità numerica. A fare la differenza è stato il crollo del centrocampo, complice la prestazione da schiaffi del gemello cattivo di Hamsik, nervoso ed inconcludente come non mai. Da sottolineare però la crescita in termini di personalità di Gargano, uomo ovunque in grado di poter decidere i ritmi della gara. Se riesce a limare anche le pause che si prende nell’arco del match “Arnold” può diventare davvero uno dei centrocampisti più completi al mondo e trascinare i suoi con l‘esuberanza atletica che si ritrova. Altra nota positiva è German Denis: gol a parte è incoraggiante vedere come questo ragazzo si fiondi su ogni pallone puntando direttamente la rete, cosa che il suo più quotato compagno-rivale Zalayeta si guarda bene dal fare. Se non fosse stato per un mastodontico Rubinho il bottino del Tanque poteva essere ben più rotondo e anche il risultato della gara sarebbe stato diverso. Un monito per chi ha creato l’equivoco tattico del secolo, chi continua a paragonare e a mettere in concorrenza due calciatori che in comune hanno soltanto l’ipotetico numero nove sulla maglia. Non c’è da capire chi sia più forte, c’è solo da decidere che tipo di gioco si vuole attuare. Se si vuole tener palla e far salire la squadra giusto schierare l’uruguagio, se viceversa si vuole puntare dritti verso la rete è sacrosanto l’impiego dell’argentino.
Con la linea di confine rappresentata dalla pausa si possono già tirare le prime somme e trarre le valutazioni preliminari sul campionato del Napoli passato, presente e futuro. C’è sicuramente di che essere soddisfatti, ma la classifica è ingannevole dato che ci sono diversi intrusi nelle zone alte. Se la banda-Reja fa parte del gruppo degli imbucati alla festa dei primi della classe lo scopriremo solo vivendo. Intanto però possiamo cercare di lavorare sui problemi, che non mancano di certo, e dare il via al training autogeno per il mal di primo posto. Se si soffre di vertigini bisogna allenarsi a guardare giù e vincere le paure, soprattutto quando il tuo compito è quello di restare a lungo in alto. E questo Napoli deve abituarsi all’alta quota, poiché è il posto che si addice ad un simile progetto, domani più di oggi.