IL ROVESCIO DEL SAN PAOLO

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Un Catania qualsiasi ed ecco che si riapre il tavolo di discussione. E’ bastato un Zenga all’esordio per risvegliare l’alveare Napoli, fatto di tecnici che si arrampicano sugli specchi, disinformazione dalla dirigenza, tifoseria bollente, e giocatori in rigoroso silenzio. A tutto ciò, aggiungiamo le chiacchere  di gossip, e un “presidentissimo” che cerca nonostante i fatti di tenere insieme tutti i pezzi di questo puzzle, a cui sembrano mancare sempre diversi pezzi. Grande con le grandi, piccolo con le piccole? I fatti del campo dicono sia cosi. Ma dietro a questo bicchiere mezzo vuoto c’è un solo grande errore, matrice di tutti i problemi: il progetto. Ma facciamo un passo indietro. Tutto ciò che nella storia del calcio c’è tra Michels e Rehhagel,  sta a dimostrare che in questo sport non c’è una tattica ben precisa, o un giocatore dalla tecnica sopraffina, per giungere a vittorie che diano una continuità e che sappiano di qualcosa in più di semplici contentini per bolgie infernali, come accade da qualche tempo qui, in casa nostra. Facile per stampa e tifosi accanirsi su ciò che è in superficie, pur di non arrivare a credere che questa sia l’ennesima beffa ai danni della città. Ma torniamo al progetto: probabilmente quello che Marino ha presentato a De Laurentiis era un valido programma, ma forse non è stata tenuta nella giusta considerazione la piazza con cui si aveva a che fare; ed è in questo attuarsi che la società ha dimostrato in parte una certa “provincialità”. La stessa provincialità attaccata da De Laurentiis nelle sue interviste, quella che a sentire il suo pensiero, sarebbe la causa dell’arretratezza della macchina-calcio in Italia. La realtà pare dirci che oggi il Napoli non sia in grado, per uomini e per mentalità, di reggere un campionato di serie A. Il progetto di Marino, basato sul motto del 'fare economia' con una rosa contenuta costituita prevalentemente da giovanissimi, o comunque uomini che per un motivo o per un altro poco comprendono il campionato con cui hanno a che fare, è un progetto che potrebbe regalare risultati solo con altre squadre e in altre piazze (vedi Udine dove lo stesso Marino ha lavorato) che magari hanno deciso in tutto e per tutto di interpretare il ruolo di talent-scout, piazze che consentono per la loro tranquillità di fare su questi ragazzi il duro lavoro di preparazione e limatura per prepararli a quello che è davvero il campionato più difficile del mondo. E’ difficile credere di poter attuare tale lavoro, in una realtà come la nostra, che ha l’infelice tendenza di rendere quelli che vestono la maglia azzurra megalomani privi di professionalità. Marino ha scelto bene, ma Aurelio ha speso molto per avere dei giocatori normali salvo due campioni conclamati come Hamsik e Lavezzi. Sarà l’aria di mare o cos’altro, fatto sta che a mio parere è proprio questa strana atmosfera che tutto estremizza, la causa di questi alti e bassi e di questi incomprensibili paradossi. Con le piccole quest’anno il Napoli ha sempre  molto deluso, e le cause sono da ritrovare nella sottovalutazione degli avversari e nella mancanza di motivazioni. E con le grandi? Quale misterioso meccanismo ha consentito agli azzurri di onorare la maglia in ogni big match? Sono ottime prestazioni ovviamente non generate da una superiorità tecnico-tattica, tanto meno da qualche pozione magica.

La parola d’ordine, è una sola: spettacolo. Dietro a queste belle figure, non ci sono altro che le dinamiche commerciali che vogliono inseriti nel palinsesto come match serali sempre partite di un certo rilievo, tra squadre di più o meno alta classifica. E poi tutto quello che ne consegue, quella incredibile atmosfera di cui si parlava prima, che la domenica sera viene massimizzata magicamente. L’aria è carica, la gente sugli spalti lo è ancor di più, gli undici in campo si limitano ad omologarsi ad una città in pieno fervore. Nulla a che vedere con un desolato pomeriggio nel settore ospiti del Massimino di Catania. Tutto questo De Laurentiis lo sa bene, non a caso si lascia spesso andare ad un malinconico: “Se giocassimo tutte le partite di sera…”, che al momento, non può portare molto lontano. Ora come ora, qualità dei giocatori e i moduli del tecnico ben poco incidono sui risultati. Forse in altre piazze si, ma di sicuro non a Napoli. Se questo è davvero un progetto serio, se si punta sul serio ad arrivare in alto, e se davvero non si vuole che destino e risultati della squadra siano indissolubilmente legati alle esaltazioni da tifo, allora è meglio per tutti che si cambino i programmi.

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