SPORT 10/04/2016 SERIE A NAPOLI - VERONA IN FOTO ESULTANZA DI MANOLO GABBIADINI (NEWFOTOSUD FRANCO ROMANO)

Il riscatto e la forza

La riscossa dopo Udine e quel valore mai perso, nonostante tutto: questi gli aspetti risaltati dalla vittoria del Napoli sul Verona. Gli stessi su cui dovranno basarsi gli azzurri per affrontare l’Inter (e prendersi la Champions)

Bisognava archiviare la vergogna di Udine. Riscattarsi immediatamente. Dare un segnale al campionato (e alla Roma in particolare, visto che la Juve è fuggita). E per fare ciò serviva solo battere il Verona, anche senza produrre un calcio accademico. Ebbene, il Napoli ha vinto. Forse non in maniera esaltante, con poco spettacolo e qualche affanno patito nella prima mezz’ora. Ma ha ottenuto i tre punti. Mettendosi alle spalle le ingiuste lacrime di Higuain. Cancellando la pessima prova della Dacia Arena. E dando a capire a Spalletti e soci che il secondo posto non vuole mollarlo, manco ad avere un revolver puntato alla tempia.

Successo dai tanti significati, quello con gli scaligeri. E oltre il quale ovviamente vi sono numerosi aspetti da sottolineare. Intanto, la prestazione globale della squadra. Rivedere al più presto gli scintillii di qualche mese fa è pura utopia, data la condizione talvolta sfilacciata della manovra azzurra. Che però nella maggior parte dei casi è stata efficace. Non inganni la presenza, al cospetto del Ciuccio, dell’ultima in classifica. L’Hellas era in condizioni atletiche non deficitarie, e creando densità in mediana ha complicato il possesso e i fraseggi partenopei. Probabilmente su questo tema Delneri aveva posto fiducia, magari sperando nel minimo errore sulle fasce degli immobili Hysaj e Ghoulam, nonché in qualche sortita errata di Chiriches o Albiol o nei rientri tardivi di Lopez. Quando però il Napoli ha individuato nel gioco in profondità l’antidoto alla ragnatela gialloblu, a quel punto per i veneti non c’è stato scampo. E come accadeva ai bei tempi, tutti, chi più chi meno, hanno contribuito a stanare l’avversario. Tutti hanno voluto vincere. Tutti, soprattutto, hanno voluto dimostrare di non essere Higuain-dipendenti. Riuscendo nell’intento a prescindere (ribadiamo) dal valore nettamente inferiore dei contendenti. Hamsik s’è preso la squadra sulle spalle, spesso sostituendosi nell’edificazione del gioco al pur generoso Jorginho. Callejon e Insigne si sono intestarditi a cercare il colpo grosso coi loro numeri preferiti. Tuttavia si sono rifatti con gli interessi. Il frattese parzialmente con il rigore del 2-0, trasformato con freddezza e precisione. Lo spagnolo invece in toto, perseguendo la via dell’altruismo, percorrendo la sua fascia senza un attimo di tregua e marcando il cartellino in fase offensiva, fino alla rete finale. A proposito di reti, che dire di Gabbiadini? Le assurde sventure di Gonzalo gli hanno regalato la grossa chance di rendersi utile alla causa. E lui, Manolo, il goal l’ha cercato fin da subito, altroché se voleva segnare! Il suo centro è da rapace d’area di rigore, da attaccante puro, da calciatore preposto al bersaglio indipendentemente dall’essere prima o seconda punta. Cresce il rammarico per quel maledetto infortunio in Nazionale: forse Sarri l’avrebbe visto di più. Come cresce per le sue indolenze passate, per qualche match disputato con troppo pressapochismo. Di sicuro per lui non è mai stato facile emergere, specialmente con un Higuain così. Acqua passata. Manolo ha dimostrato di essere fondamentale. E al di là del ritorno in campo dell’argentino dopo la squalifica, gli rimangono a disposizione altri 540 minuti al fine di dare il meglio, anche nella remota speranza di guadagnarsi un posto agli Europei.

540 minuti rimangono anche ai suoi compagni di squadra. Non per l’inutile eroismo di riacciuffare Madama fuggiasca. Quanto piuttosto per tenere a distanza la banda Spalletti. Benché qualcuno tiri il fiato (e non a caso prima abbiamo citato Hysaj e Ghoulam), bisogna stringere i denti e fare risultato a Milano. L’Inter è quarta, il fortunoso exploit di Frosinone le ha permesso di scavalcare la decaduta Fiorentina, e l’ha ringalluzzita. Ora però tutti sembrano concordi nel riconoscere che, spesso, nel corso di questa stagione, la Beneamata ha avuto dalla sua il favore della Dea Bendata. E sono gli stessi (i più, cioè) che a settembre-ottobre la ritenevano da Scudetto. E’ andata avanti finché ha potuto, ma in maniera sparagnina. L’esatto contrario di un Napoli che ha sempre trovato nel suo gioco, il migliore di tutto il campionato, la sua forza. Quella forza che oggi ha riscoperto col Verona. E che contro i meneghini sarà fondamentale conservare, nonostante il calo fisico e malgrado le scorie accumulate nei giorni più brutti. La forza della grande squadra, la forza del gruppo corale e mai disunito da niente e nessuno. Quella forza che, nell’anno dell’ennesimo, scontato (e noioso) trionfo bianconero, sarebbe meritevole del secondo posto. Bello e ottimistico per i tempi futuri.

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