DUE PESI E DUE MISURE

La bilancia segna valori alterati. Da una parte le squadre di A e B, dall’altra le squadre di C. Il piattino pende a sinistra. E’ il piattino del forti, delle squadre della Lega Calcio di Milano. La Lega di Firenze, piattino a destra, ha un contrappeso troppo forte per pensare di potersi difendere. I giudici del Tar al fianco del proprio martelletto avevano proprio questa bilancia. Prima ancora di decidere, hanno disposto le parti in causa scientificamente: da una parte i forti, dall’altra i deboli. E da una parte chi è capace di mettere in ginocchio una regione con assedi e proteste incivili, dall’altra chi prende coscienza del proprio destino senza muovere un dito.Le motivazioni fornite dalla III sezione del Tar del Lazio sulla bocciatura o sull’accoglimento dei ricorsi lasciano più di un dubbio. Come se esistesse una giustizia per la serie A e per la B (ma di serie C) e una giustizia per la serie C. Non potevano decidere diversamente, i giudici, sui casi di Torino, Perugia e Salernitana, tutte società che si sono presentate al Tar ancora inadempienti per l’ammissione al prossimo campionato. Toro e Perugia chiedevano sospensive, la Salernitana l’iscrizione in B. Il Napoli ha presentato il suo ricorso contro cinque società. Arezzo, Ascoli, Brescia, Pescara e Vicenza hanno pagato l’Inail, un ente previdenziale, dopo il 18 luglio, oltre ogni termine – perentorio o meno – ipotizzabile per la giustizia sportiva. I giudici, avvalorata la tesi dell’Inail quale ente previdenziale, hanno fatto un clamoroso autogol. Hanno sostenuto che le prove fornite di inadempienza presentate dal Napoli non erano "serie" (quando sono stati loro stessi a richiederli all’Inail) e hanno aggiunto che le società in questione sono in regola con l’Inail. Nessun riferimento viene fatto alla perentorietà dei termini, anche se nella stessa ordinanza viene citato il comunicato ufficiale 189/A, che parla di termini perentori. Le società hanno sì pagato l’Inail, ma non entro quei termini indicati dal comunicato né tantomeno entro i termini scelleratamente "allungati" dalla Coavisoc. Probabilmente, ha pesato la responsabilità di cancellare cinque capoluoghi di provincia dalla geografia del calcio per poche migliaia di euro.La saga degli errori è proseguita con le motivazioni fornite sull’accoglimento del ricorso presentato dal Messina. Il Tar dichiara la decadenza dei termini perentori imposti dalla Figc nel momento in cui la Coavisoc decide di allungarlo fino al 12 luglio. Per quella data, la Coavisoc era in possesso di un documento del Messina al quale riconosceva rilievo assorbente ed esaustivo del parere che era chiamato a rendere, ma si rifiutava di prenderlo in considerazione in quanto lo stesso documento sarebbe stato depositato oltre la data del 12 luglio, un termine perentorio per la Coavisoc e dunque per tutti. Il Tar, infischiandosene della nuova perentorietà dei termini (e, a maggior ragione, della vecchia), nel caso del Messina ha di fatto annullato un principio ribadito per salvaguardare l’ordinamento sportivo. Un principio – e qui si cade nel ridicolo – ribadito nelle motivazioni per le quali tanti ricorsi di squadre di C sono stati respinti. Se il Tar avesse chiuso i propri lavori con la dichiarazione: "Abbiamo adottato due pesi e due misure", avrebbe fatto più bella figura. Gela e Torres, società di C1, sono state bocciate perché non si chiamavano Messina. Ecco cosa scrivono i giudici nel caso delle due squadre: "’Documentato, e neppure contestato, che il provvedimento con il quale l’ Agenzia delle entrate ha accolto l’ istanza della societa’ ricorrente di rateizzazione del debito erariale risale al 18 luglio 2005 ed e’ stato quindi adottato in data successiva a quella (14 luglio 2005) in cui la Co.A.Vi.So.C. aveva proceduto all’esame del suo reclamo avverso la determinazione del Co.Vi.So.C., necessariamente e, quindi, legittimamente l’organo consultivo di secondo grado ha limitato il proprio esame ai documenti di cui poteva disporre al momento in cui esprimeva il parere di competenza; del pari necessariamente e, quindi, legittimamente il Consiglio federale ha assunto a base della propria determinazione, adottata in data 15 luglio 2005, il succitato parere dell’ organo consultivo. Nessun rilievo puo’ essere mosso a detto organo e al Consiglio federale per essersi determinati sulla base dei documenti esistenti al momento in cui pronunciavano sull’ istanza della societa’ ricorrente”. Per lo stesso motivo il Messina aveva presentato ricorso, ma nel caso dei peloritani ecco cosa hanno scritto i giudici: "Non è ragionevole che l’organo in questione, pur essendo in possesso, al momento del suo insediamento, di un documento al quale riconosce rilievo assorbente ed esaustivo del parere che e’ chiamato a rendere, possa rifiutarsi di prenderlo in esame e di valutarlo solo perche’ depositato dopo la data che contestualmente ha ritenuto di essere legittimato a fissare". Ma lo stesso discorso non vale forse per Gela e Torres? Entrambe le squadre non hanno forse presentato una richiesta di transazione depositata, tuttavia, oltre il 12 luglio? La risposta è sì, ed i giudici del Tar lo sapevano bene. Sapevano anche che queste due squadre non si chiamavano Messina, e che i loro tifosi non avevano la forza di bloccare gli imbarchi dei traghetti.Ma la contraddizione clamorosa che emerge nelle motivazioni fornite dallo stesso organo di giustizia amministrativa la si coglie in una premessa allegata alle motivazioni che respingono il ricorso della Rosetana, assistita dall’ex team manager del Napoli, Giuseppe Tambone: "Premettendo che la data ultima prefissata per la presentazione attestante l’ intervenuta regolarizzazione della posizione debitoria nei confronti del fisco e del sistema previdenziale e’ il 30 giugno 2005”. Fatta questa premessa, la linea di "due pesi e due misure" risulta inequivocabile. A qualcuno risulta che il Messina, l’Arezzo, l’Ascoli, il Brescia, il Pescara e il Vicenza, entro il 30 giugno 2005, avevano regolarizzato la propria posizione debitoria nei confronti del fisco e del sistema previdenziale? A noi non risulta. Ai giudici nemmeno. Alle loro sentenze/ordinanze, neanche. Peccato, però, che il Messina, nonostante tutto, sia ora in serie A.Al Consiglio di Stato, supremo organo di giustizia amministrativa, la possibilità di cancellare i mostri giuridici prodotti dal Tar del Lazio. Ne va della credibilità della giustizia amministrativa italiana. I massimi giudici statali in passato hanno sempre salvaguardato sia l’ordinamento sportivo, ribadendo sempre le decisioni della giustizia sportiva e facendo rispettare la perentorietà dei termini. Ribadire la propria rispettabilità nell’anno in cui è stata annunciata la "tolleranza zero", appare un dovere morale.

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