Tatticamente – L’indeterminismo di Ancelotti: il suo primo Napoli dominante!
Alla fine scopri che il Napoli migliore della stagione è quello che gioca senza quattro cardini degli ultimi anni (oltre che dell’attuale), che incorona Fabian padrone assoluto del centrocampo, Milik re delle punizioni, e che ritrova la vena realizzativa del disperso Callejon. Tutto molto bello. A cominciare dalla prestazione (collettiva e dei singoli) apparsa di un livello altissimo e certamente superiore rispetto allo standard di rendimento medio mostrato in tutto il girone di andata. Forse solo in Champions – in casa col Liverpool e a Parigi -, gli azzurri erano stati capaci di sfoderare una prova così convincente. Per gioco – splendide le azioni che prima della rete del vantaggio avevano fatto crollare due volte la porta biancoceleste -, e per giocate – le conclusioni di Milik, la freddezza ritrovata di Callejon, i tocchi mai banali di Fabian, i salvataggi in scivolata di Malcuit, la prontezza di riflessi di Meret, e potremmo davvero continuare all’infinito. Menzione per tutti, nessuno escluso: lo stesso Diawara ha dimostrato di saperci stare – e bene – in mezzo al campo, a patto che di fianco gli venga proposto qualcuno a cui “portare la borsa”. Quel qualcuno ha un nome ed un cognome: si chiama Fabian Ruiz. Un centrocampista completo e moderno, l’ha definito Ancelotti: totale, aggiungiamo noi. Partito centrale, stavolta non è stato spostato – come col Sassuolo in corso d’opera – nel “vecchio” ruolo a sinistra: 90’ ed oltre comandati in lungo – verticalizzando al momento opportuno, pescando l’imbucata che magari gli altri non vedono -, e in largo – in “orizzontale”, cambiando continuamente il fronte. Sembra roteare, danzare col pallone incollato ai piedi. E quando mette il corpo davanti, sa come tenerlo, difenderlo; è complicatissimo soffiarglielo via: lo conduce dall’inizio alla fine, dalla propria metà campo sino alla trequarti avversaria. Finte, dribbling, tentativi di “tunnel”: Fabian crea calcio. E fa sempre qualcosa di utile; anzi, forse “utile” è pure poco. Grazie allo spagnolo in versione regista, la manovra è fluida, ragionata, semplicemente di qualità: raramente sbaglia una scelta; di fatto i compagni lo cercano spesso, si fidano di lui. Sprazzi d’una (nuova) idendità che pian piano sta venendo fuori: è il primo vero Napoli dominante di Carlo Ancelotti, non solo tremendamente efficace ma finalmente anche gradevole da un punto di vista estetico; ha avuto il pieno controllo della partita (55,7% di possesso), quindi sono stati persi pochissimi palloni. La squadra sbaglia meno tecnicamente, tiene bene le distanze tra i reparti, di conseguenza lascia il minimo sindacabile e riduce al lumicino i rischi da correre: è tornata propositiva e sta imparando ad alternare tutte le possibili varianti tattiche contenute nel proprio repertorio. Il fendente di Callejon nasce ad esempio da una ripartenza corta su un recupero alto; mentre l’incrocio dei legni di Fabian è un contropiede a tutti gli effetti – baricentro basso perchè bisognava proteggere il doppio vantaggio. E c’è della differenza: in un caso il pressing, che a suon di ritmo ed intensità induce l’avversario all’errore – la Lazio è debole in disimpegno; nell’altro l’attesa, invece, che è un modo alternativo per recuperare energie, aspettando passivi il “ritorno” degli avversari, e cercando di sfruttare gli spazi – l’inserimento di Correa ad inizio ripresa aveva sbilanciato gli equilibri.