Tatticamente – I tanti moduli di Ancelotti: dal doppio rifinitore ai trequartisti alla Benitez
Ha deciso le ultime due trasferte – complicate – del Napoli; è stato l’unico a calciare in porta ad Anfield; è il capocannoniere della sua squadra con otto gol: è un momento importante per Arkadiusz Milik. Ha ritrovato la via della rete e soprattutto la fiducia, grazie a Carlo Ancelotti. Che memore dell’errore commesso nella gara con il Chievo, quando l’aveva escluso da una partita che sicuramente sarebbe stata sporca ed adatta alle sue caratteristiche, stavolta lo premia affidandogli l’intero reparto offensivo in una fase più che delicata della stagione – l’immediato post Champions – ed in un clima solitamente ostico ed ostile. Nella serata in cui mancavano contemporaneamente diverse pedine fondamentali – Insigne, Mertens, Callejon e Hamsik -, il Napoli se lo prende l’uomo più controverso. “Ma che giocatore è Milik?”, in molti se lo saranno chiesti negli ultimi due anni e mezzo. Discreto, null’altro; semplicemente una riserva non all’altezza di grossi palcoscenici; da aspettare a causa dei due infortuni subiti ma le doti ci sono tutte: di chi la ragione? Una ragione forse non c’è. Milik potrebbe essere questo: non bello da vedere, poco appariscente nello sviluppo della manovra, efficace a tratti – qualche gol lo sciupa -, eppure capace di colpi ad effetto di tutto rispetto. La punizione di Cagliari è in teoria roba da fuoriclasse: un tiro a giro simile, che scavalca la barriera al 90’ e s’infila esattamente all’angolino, va considerato una “notizia” se a trasformarlo in gol è uno al quale si chiede di realizzarne di diversi e ben altra fattura – su azione, ad esempio; la punizione è infatti una specialità dei fantasisti, del “10” di turno, generalmente. Da Milik no, è una cosa che francamente non t’aspetti. E che invece sì, c’è stata. Il gigante polacco ha dimostrato carattere e personalità da vendere, salvando la faccia a tutti, allenatore e squadra compresa.
A proposito di faccia: prestazione dai due volti. Uno – decisamente rivedibile -, quello del primo tempo; ed un secondo – più intenso -, tirato fuori nella ripresa. Anche i moduli sono cambiati in corso d’opera. All’inizio la scelta di escludere sia Insigne che Mertens come partner d’attacco di Milik ha portato il Napoli a giocare una sorta di 3-4-2-1, con Fabian e Zielinski – l’ha specificato anche Ancelotti in conferenza – in supporto dell’unica punta Milik. Sugli esterni un’ala pura come Ounas ed il dinamismo del confermato Ghoulam. Ancelotti l’ha pensata così: creare densità in mezzo con tanti centrocampisti bravi a tener palla e liberare i varchi sulle fasce, dove la velocità e le abilità nell’uno contro uno degli uomini di fascia avrebbero potuto fare la differenza. In realtà il “problema” non è stato tanto il Napoli – certamente non una delle uscite migliori se pensiamo al fatto che Cragno ha cominciato a parare soltanto negli ultimi venti minuti -, quanto dell’ottima prova del Cagliari del bravissimo Maran. Che è sempre molto attento nella preparazione delle partite: del resto in casa non aveva mai perso, e persino a Torino con la Juve era riuscito nell’intento di proporre il proprio calcio. Che è fatto di compattezza e verticalità, squadra corta e abile a ripartire, con un giocatore sopra la media – che è Barella – a dettar legge a centrocampo: tutto sommato molto scolastica, ma ben delineata, che nonostante delle assenze di rilievo – Pavoletti in special modo – è riuscita ugualmente a rendersi pericolosa, coraggiosa e assolutamente organizzata come poche – tra le piccole della sua caratura.



