SULL’ISOLA UN NAUFRAGIO ANNUNCIATO

SULL’ISOLA UN NAUFRAGIO ANNUNCIATO src=

Quando il cielo è terso ed il clima secco, non si può andar per funghi. Quando il cielo è nero ed il clima umido, non si può andar in gita. O meglio, si può fare sempre tutto, ma se si torna a casa a mani vuote (o con i capelli bagnati) c’è da prendersela soltanto con se stessi. Allo stesso modo, andare a Cagliari con la tempesta alle spalle significa sperare che il traghetto raggiunga l’isola prima che il mare ti avvolga nella burrasca. E’ la sfida del surfista: toccare la riva inseguito dall’onda. Capita, talvolta, di approdare in banchina all’ultimo secondo utile, talaltra di finire nell’acqua fredda con una ciambella in vita. La navicella azzurra ha sperato di compiere l’impresa dell’anno, come l’avrebbe definita il Comandante ad ammaraggio avvenuto. In altri tempi (lo scorso anno), l’onda non avrebbe travolto gli azzurri, che si sarebbero salvati anche contro le leggi della fisica. Stavolta, il vento sembra non soffiare più a favore, e le cose più normali si avverano.

Non poteva, il Napoli, vincere a Cagliari. Sarebbe stata davvero un’impresa, ma non perché a Reja mancassero alcuni titolari. Senza umiltà, senza gambe né testa, anche da una squadra con un piede e mezzo nella fossa si possono ricevere due calcioni. Troppo facile stare dalla parte dell’allenatore applaudendolo quando difende il gruppo dalle ire furiose del patron, anche se quello scontro virile era meglio evitarlo alla presenza di un gruppo di ragazzi. In campo, la squadra ha palesato soltanto mediocrità, segnando il gol e chiudendosi in difesa contro un avversario che poteva essere facilmente messo in ginocchio. Luccicavano gli occhialoni da sole del sacchiano Ballardini, che non aspettava altro per consumare la vendetta contro quella squadra (e quell’allenatore) che in modo un po’ fortunoso lo buttò fuori dai play-off di C1 allorquando guidava la garibaldina Sambenedettese. Ha fatto le mosse giuste, mandando in tilt il collega che, bontà sua, dalla tribuna non ci ha capito nulla, con la squadra che quasi spaesata ha fatto la cosa più facile – e più errata – che potesse fare: difendersi.Non è stato un minuto di follia (che ha coinvolto, invece, alcuni personaggi in tribuna che talvolta con la follia ci convivono) a cambiare l’esito della partita. In quel minuto, non casuale, vi è racchiusa il volto peggiore del nuovo Napoli, quello che è approdato in serie A mostrando finora due facce di una curiosa medaglia. Quella buona l’ha fatta vedere fino all’apocalisse di Bergamo; quella cattiva l’ha mostrata fino al suicidio di Cagliari.

Il primo Napoli è quello che non si scorda mai: allegria, fantasia e spregiudicatezza di una squadra giovane che voleva stupire e che ci stava riuscendo, giocandosela a viso aperto contro ogni avversario e rischiando di vincere (o di perdere) su tutti i campi. I conti tornavano fino a Bergamo, una partita che non doveva far testo e che invece spinse il patron a scendere in campo, “viziaccio” mai sopito nonostante sia nel calcio da una settimana (secondo il tempo pallonaro). “Si difenda di più”, disse il Comandante al Capitano, un dialogo fra vecchi amici che si rispettano e nel quale il secondo seppe piegarsi al primo, più giovane e più potente. E così è tornato il vecchio Napoli, quello che tutti avrebbero voluto dimenticare: triste, banale e pauroso. Con l’aggravante di riscoprirsi non solo abulico, ma anche perdente. Il resto l’ha fatto il Comandante, che in pochi giorni è sceso in campo altre due volte, prima con la voce e poi quasi con le mani, aggravando la crisi di un malato che oltre a perdere energie fisiche stava cominciando a perdere anche forze mentali. Non serve il comunicato “da bella pagina” per pensare di risistemare le cose: quanto urlato nel chiuso degli spogliatoi è venuto fuori con impressionante facilità, segno che nelle sacre stanze qualcosa non va come dovrebbe. Né si può credere che non sia rimasta traccia di quanto si siano dette due persone mature, probabilmente fin troppo sincere l’uno con l’altro nella lite furiosa. La squadra si è persa in questa gazzarra, schierandosi con il tecnico ed acuendo una frattura con la società. Che deve reagire, come lo ha fatto la squadra che ha applaudito il tecnico prendendone le difese. Serve una scossa – quale che sia – perché non sarà una camomilla a cancellare un finale da incubo ma non casuale.

 

Translate »