RIAPRITE POCHOLANDIA
Una volta erano "tutti pazzi per Lavezzi" ora invece riecheggia, a getto continuo, "bum bum Quagliarella". Del resto, nel calcio, il tempo non scorre come nella vita di tutti i giorni. Le lancette delle ore e dei minuti corrono all'impazzata e così lo "ieri pallonaro" assume i connotati di un ricordo sbiadito, ingiallito dal rapido susseguirsi di eventi che portano avanti nuovi ed attesi eroi. Il re, quello di un tempo, è ora completamente nudo, spogliato della corona di elogi e di quella soffice mantellina d'amore che lo ha riscaldato nei suoi primi due anni napoletani. Batte i denti in un angolo, affaticato dal pesante lavoro estivo e un po' spaesato dalle nuove consegne ricevute. Non vaga più seguendo il proprio istinto, fiutando la preda come era solito fare, ma ripiega ed affonda cercando di rispettare lo spartito che gli è stato affidato, provando a non steccare. E così nemmeno incide. Pure questo ha contribuito a farlo diventare normale, a detronizzarlo in favore di Quagliarella, che gli ha "rubato" posto e platea con gli stessi effetti speciali che un tempo avevano il copyright Pocholandia. Terra fantastica dove tutto poteva accadere, dove i sogni si trasformavano in dribbling impossibili e semplici sensazioni in fortissime emozioni. Tutto amplificato.
L'occhio non è vispo e furbo come qualche giorno – pallonaro si intende – fa. E' spento come quello di un leone prelevato dalla savana e rinchiuso in una gabbia. Perchè gli spazi angusti ed il pasto garantito non fanno per lui. Il Pocho è selvaggio, offre il meglio di sè in campo aperto, si accende quando può rincorrere la preda sfruttando al massimo la propria genialità. Ama il rischio poichè nel rischio emergono al meglio le sue qualità. Mettetegli davanti lo spartito e steccherà. Ha già steccato due giorni – normali – fa mentre il nuovo idolo sparava fuochi artificiali neanche fosse Capodanno. Nemmeno a farlo apposta ci si è messo pure l'altro genietto di casa, quello con i capelli a punta che ha il sangue scandinavo ed il cuore latino; mix esplosivo. Incursione e tocco sotto come a dire: "vediamo chi è più bravo"?.
Chi si aspettava la risposta di Lavezzi è rimasto a bocca asciutta. Pocholandia è chiusa, con buona pace di chi aveva acquistato il biglietto e attendeva speranzoso di assistere ai numeri magici dell'idolo di un tempo; questo si pallonaro.
E dire che tutto era stato programmato per farlo rendere al meglio: un nuovo compagno di reparto che parlasse la sua stessa "lingua", un allenatore che lo disciplinasse tatticamente, senza dimenticare l'allontanamento di "Quelli della notte", Zalayeta e Navarro, che ne esaltavano il lato peggiore, dannoso per lui e per la squadra. Non sembra, per il momento, essere servito se è vero che il buon Fabio ne sta offuscando la stella e Donadoni lo sta incanalando forse un po' troppo. L'unico aspetto positivo potrebbe riguardare la vita privata ma il riflesso sul campo, ciò che interessa maggiormente, ancora non si vede.
Come se quegli eccessi in ogni cosa che fa contribuissero a renderlo il calciatore che abbiamo imparato a conoscere qualche giorno, calcistico, indietro. La sensazione che la via di mezzo non può appartenere ad uno che ti ha aperto le porte di Pocholandia, L'Isola che non c'è per grandi e piccini, dopo che per anni ti sei accontentato del giro domenicale sulla giostra scassata. Non si può rendere normale una cosa così speciale, non si può pensare di godere delle grandi virtù cancellando con una spugna i vizi – calcistici e non – poichè ogni tassello è fondamentale per il risultato finale. Semplicemente perchè non avrebbe alcun senso un Peter Pan che non sa volare.