PUZZA INTER
Tempi duri per chi ama la pazza Inter. Al punto che quella lucida follia legata a risultati sempre sopra le righe si sta trasformando in una paranoia con manie persecutorie, spesso ingiustificate. Zanetti dal campo, Moratti dalla tribuna e perfino Bonolis da casa sua (cioè la tv): dopo la sconfitta contro l’Atalanta è tutto un prodigarsi per proteggere la derelitta da presunti complotti pro-Milan. Come se le due cose fossero collegate.
Certo, è ovvio che tutti cerchino di portare acqua al proprio mulino, del resto è più facile accanirsi su un omicidio che giustificare un suicidio. Ma probabilmente, di questi tempi, se proprio gli arbitri volessero favorire il Milan colpirebbero il Napoli, la Fiorentina, volendo addirittura il Catania. Non certo l’Inter, che ad escludersi dal calcio che conta ci sta pensando benissimo da sola. A partire proprio da Moratti, che fa tanto la vittima ma a gennaio si è firmato da solo la condanna. Già tre attaccanti e il carneade Livaja erano un po’ pochini per chi spesso gioca a tre punte, poi si cede anche il giovane croato per prendere un esterno e si infarcisce la squadra di centrocampisti, con il solo Rocchi (36 anni) a completare il reparto. Poi vabbè, ci si è messa la sfiga di perdere in tre mesi le tre punte di diamante, quella sfiga che in casa nerazzurra era riuscita a scacciarla via solo l’aura da messia di Mourinho. Ma appellarsi solo alla sfortuna o anche al sempre efficace binomio sfortuna + cattivoni non può essere un alibi. Non stavolta. Bastava poco, bastava un altro buon giocatore da un paio di milioni a completare l’organico, o meglio ancora il ritorno di qualche prospetto in giro per il mondo, ad esempio quel Samuele Longo che a Barcellona non è propriamente un inamovibile. E invece no, si sono intestarditi sulle scelte balorde e alla fine è arrivata la punizione, unita alla sfortuna e – perché no – a qualche torto arbitrale. Nessuno lo nega, l’importante è non mettere gli agenti esterni in cima alla lista dei guai quando poi all’interno di problemi ce ne sono fin troppi.
Alla fine, potete star certi, a pagare per il disastro sarà solo l’allenatore, che in tutta la storia ha sicuramente le colpe minori. Magari non sarà Guardiola, sicuramente avrà commesso parecchi errori dettati dall’inesperienza e da un po’ di (immotivata) presunzione. Ma Stramaccioni l’anno prossimo sarà probabilmente l’unico a non esserci più, oltre a qualche peso morto in rosa che di sicuro sarà liquidato. Gli altri, dal presidente a qualche raccomandatissimo dirigente, saranno ancora tutti lì, ancora tutti a chiagneffottere. Lo sport preferito in Italia, anche nel mondo dello sport.