LA STRENUA DIFESA DI UN CALCIO MORENTE….
Titoli di coda. I principali campionati europei , compreso quello italiano , si sono conclusi lo scorso sabato. Tra scontati successi ( il Bayern Monaco di Guardiola , il Paris Saint Germain di Blanc e la Juventus di Conte) e piacevolissime sorprese ( lo straordinario Atletico Madrid di Diego Pablo Simeone , l’inaspettata vittoria finale del Siviglia in Europa League) tutti i campionati hanno emanato i propri verdetti. In attesa dei Mondiali in Brasile , tra una decina di giorni circa , il calcio europeo chiuderà i battenti con la sfida tra le due compagini di Madrid , che si daranno battaglia per la conquista della Champions League. La stagione calcistica europea appena terminata ha , comunque , emanato già le prime sentenze : alla ribalta del calcio che conta sono emerse quelle realtà calcistiche che hanno affidato il proprio destino nelle mani di allenatori coraggiosi : tecnici che hanno saputo squisitamente coniugare una prolifica fase offensiva ad un saggio equilibrio tattico in fase di non possesso. Il calcio europeo del 2014 ha decretato la morte del “ catenaccio e contropiede” con la deludentissima stagione del Chelsea di Mourihno , solo terzo in campionato e umiliato dallo scintillante Atletico Madrid del “ Cholo” Simeone. Già Simeone. Proprio l’attuale tecnico dei “ colchoneros” è stato preso come metro di paragone da alcune illustri penne del nostro giornalismo nazionale per evidenziare il fallimento delle squadre italiane in Europa. Simeone è stato etichettato come un “ prodotto del made in Italy” , come “ colui il quale ha imparato in Italia la fase difensiva” : insomma , a loro dire , se il buon Diego Pablo ha trionfato in Spagna ( e rischia seriamente di portare a casa il trofeo europeo più prestigioso in assoluto) il merito è soprattutto del nostro calcio. Quel calcio che , con l’eliminazione della Juventus per mano del Benfica , è stato sorpassato ormai – in termini di ranking – anche dal non irresistibile Portogallo. Nel calcio , si sa , si tende subito troppo presto a dimenticare. Specialmente se il calcio in questione è quello italiano e se alla ribalta si impone un allenatore straniero : nel caso di specie , Sven Goran Eriksson. Proprio lo svedese è stato il maestro di Simeone in quella Lazio che – all’incirca dieci anni fa – era capace di strabiliare l’Italia e l’Europa , grazie ad un gioco decisamente offensivo e che di italiano aveva ben poco : personaggi carismatici come Simeone ,Veron , Nedved , Conceicao , Boksic , Stankovic rappresentavano all’epoca quella mentalità vincente , quella personalità e quei “piedi buoni” che oggi , invece , stanno facendo le fortune di quasi tutti i club d’Europa. L’Atletico Madrid non fa alcuna eccezione : basta leggere rapidamente la formazione tipo per accorgersi che l’undici base dei “ colchoneros” è composto da 11 calciatori capaci di “ dare del tu” al pallone , pur senza lasciarsi andare a quel “ tiki taka” , marchio di fabbrica di Guardiola. Dai difensori Miranda e Godin , agli esterni Felipe Luis e Juanfran , ed ancora Thiago , Gabi , Koke , Raul Garcia , Arda Touran , Sosa David Villa e Diego Costa. La tecnica al servizio del calcio prima di tutto. In questi casi adottare uno schema ben determinato è davvero relativo : un allenatore ,capace negli anni ( perché le squadre vincenti non si formano in qualche mese ) di costruire un simile capolavoro – anche grazie ad un occhio al fatturato che – secondo sempre le stesse penne – costituisce un alibi per Benitez , va senza ombra di dubbio elogiato per il coraggio di aver apportato al calcio qualcosa di nuovo e davvero innovativo. Come coraggiosa è stata la stagione dei “ colchoneros” , capaci di andare allo Stamford Bridge a prendere a pallonate il Chelsea di Mourihno ( il Chelsea amici , non il Lumezzane , con rispetto parlando) e conquistarsi una finale strameritata. Applausi a scena aperta ai spagnoli , applausi a scena aperta al Manchester City di Pellegrino , al Real Madrid di Carlo Ancelotti. Allenatori che non hanno paura di schierare quattro uomini offensivi contro qualunque squadra incontrino , perfettamente consapevoli che le vittorie arrivano sempre cercando di imporre il proprio gioco sugli avversari , specialmente se hai le qualità nei singoli per poterlo fare. L’Europa lo ha capito , si spera ( ma restiamo titubanti) che lo possano capire anche le famose “penne” di cui sopra. Quelli che lottano strenuamente per salvare un calcio , quello italiano , che fuori dal territorio nazionale non riesce a trionfare ormai dai tempi di Mourihno. Sono passati ormai quasi dieci anni. Un’eternità. Forse il primo passo per tornare ad essere competitivi sarebbe quello di mettere da parte un po’ di immotivata presunzione e prendere atto che esistono delle realtà europee al momento superiori delle nostre. E non di poco. E quando un allenatore come Rafa Benitez arriva in Italia per insegnarci con modestia il modo di rimetterci in carreggiata , dovremmo lasciarlo lavorare , non fosse altro per rispetto del curriculum che si ritrova. Alla fine i numeri hanno parlato per lui. E siamo solamente all’inizio della sua rivoluzione…….