GLI IMMORTALI: LUIS SUAREZ

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Come doveroso omaggio a Rafa Benitez, stavolta vogliamo ricordare uno dei più grandi giocatori spagnoli nonchè europei di sempre. Oggi si usa dire regista alla " Pirlo ", ma per molto tempo si è detto alla " Suarez ". Nato a La Corùna il 2 maggio 1935, il giovane Luisito comincia a farsi notare con la squadra della sua Città, il Deportivo, segnalato da Scopelli, un ex calciatore della Roma negli anni '30 ( i primi calci li tira con il Fabril, una squadra di terza divisione ). Ben presto però le sue qualità lo impongono alle attenzioni del Barcellona che lo acquista nel 1953. Dopo una breve trafila, conquista un posto da titolare, e con l' avvento di Helenio Herrera alla guida dei  " blaugrana ", anche le porte della Nazionale si schiudono dinnanzi al giovane talento galiziano. Le sue straordinarie già da giovanissimo lo impongono come la nuova stella del calcio spagnolo. All' epoca difficilmente i giocatori tecnici erano pure veloci. Suarez aveva entrambe le qualità, oltre a possedere una carica agonistica tipica dei medianacci vecchio stampo. Capace di passaggi precisi al millimetro anche a distanze di 30 -40 metri, con l' aggiunta di possedere una più che buona confidenza con il gol. In una parola quindi, il regista ideale. E, dulcis in fundo, fungeva anche da esempio per i suoi compagni per la cura, quasi maniacale, in cui affrontava a 360 gradi la sua professione, come hanno più volte dichiarato personaggi del calibro di Facchetti. Mazzola, Corso e Domenghini. Herrera lo nomina suo ambasciatore in campo, il Barca vince due campionati ( battendo il grande Real Madrid delle cinque coppe dei campioni consecutive ) e 2 volte la coppa delle Fiere ( l' antesignana della coppa Uefa ), oltre a perdere rocambolescamente una finale di coppa campioni contro il Benefica. I successi ottenuti gli conferiscono il " Pallone d' oro " nel 1960, Herrera passato all' Inter nel 1960, lo chiede come giocatore basilare per costruire una squadra da leggenda. Nell' estate del 1961, su incarico di Angelo Moratti, Italo Allodi si presenta alla dirigenza barcellonista con un assegno di 250 milioni di lire, una cifra spropositatissima per quei tempi. I catalani non possono proprio dire di no. Con il suo stile sobrio ed elegante, l' " Architetto " come lo soprannominò Alfredo Di Stefano, illumina con le sue geometrie lineari il gioco dei neroazzurri, che vivono un periodo da favola. Arrivano 3 scudetti ( e due secondi posti ), due coppe dei campioni ( ed una finale persa ) e due coppe intercontinentali. Con la Spagna vive la grande gioia di vincere gli europei in casa nel 1964, e gioca due mondiali nel 1962 e nel 1966. Chiude con l' Inter nel 1970, con un bilancio di 256 presenze e 42 gol per andare alla Sampdoria dove va avanti fino al 1973, quando a 38 anni si ritira, carico di gloria ed onori. Da allenatore senza grandi risultati allena nel 1975 e nel 1992 la " sua " Inter, ma con la Spagna under 21 conquista l' europeo proprio contro l' Italia, oltre a guidare i " grandi " al mondiale 1990. Ma forse, essendo stato tanto grande da giocatore, al grande Luis la ruota della fortuna non poteva concedere le stesse doti da allenatore…

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