EL CAMINO DE SANTIAGO

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¡Hola!

O forse dovremmo dire “Ultreya! Suseya!”. Più che un convenevole, questo sembrerebbe un grido d’incoraggiamento. E in effetti è proprio il saluto che ad alta voce si scambiano i pellegrini del Camino de Santiago, a mo’ di sprone nell’affrontare il più importante percorso religioso della cristianità europea. Un percorso che, pur partendo da diversi punti del vecchio Continente e attraversandone tante città, arriva a un’unica meta: Santiago de Compostela, nella regione spagnola della Galizia, sede del Santuario di epoca romanica ove sarebbe ubicata la tomba di Giacomo di Zebedeo, Apostolo di Cristo. Un simbolo, o quasi, del fortissimo e secolare legame tra la Spagna e il cattolicesimo.

L’origine del culto di Santiago (derivazione gallega di Sanctus Iacobus, San Giacomo in latino) è molto suggestiva. Dopo la salita al cielo di Gesù, Giacomo intraprese la sua opera di evangelizzazione proprio in Spagna, spingendosi appunto fino all’attuale Galizia, nel nordovest della Penisola Iberica. Tornato in Palestina, l’Apostolo venne decapitato nell’anno 44 per ordine di Erode Agrippa, sicché i suoi discepoli avrebbero deciso di seppellirlo proprio in quei boschi dove aveva svolto la sua missione. Della presunta sepoltura si sarebbero poi perse le tracce nei secoli. Nell’813 un eremita, un certo Pelayo o Paio, raccontò di aver visto una stella illuminarsi in quel luogo, nei pressi del monte Libredón; riferita la cosa all’allora vescovo Teodomiro, quest’ultimo e l’eremita si recarono sul posto, trovando i resti di una tomba romana con tre corpi. Uno di essi aveva la testa mozzata ed era accompagnato dalla scritta “Qui giace Jacobus, figlio di Zebedeo e Salomè”. Di fatto il nome “Compostela” sarebbe una derivazione di “Campus Stellae” (“Campo della Stella”), o anche di “Campos Tellum” (“Terreno di sepoltura”). Data la diffusione dell’evento, Alfonso II d’Asturia ordinò l’immediata costruzione di un tempio in cui i monaci benedettini fissarono la loro residenza alla fine del IX secolo. La tomba di Giacomo divenne così meta per fedeli da ogni parte d’Europa, attratti dalla presenza di quel luogo sacro in una terra, la Spagna, allora quasi del tutto soggiogata ai musulmani. Dopo essere stata distrutta dalla scorreria dell’esercito di Almanzor del 997, Compostela venne ricostruita e nell’XI secolo il vescovo Diego Xelmírez permise la terminazione della cattedrale, arricchendola di reliquie e rendendola il luogo di culto e pellegrinaggio conosciuto in tutto il mondo. La devozione per Giacomo ha conosciuto in questi ultimi decenni un’improvvisa ripresa, incentivata anche dalla decisione del Consiglio d’Europa (nel 1987) di dichiarare il Camino de Santiago “itinerario culturale europeo”, attivandosi nel finanziare qualsiasi iniziativa volta alla segnalazione del percorso.

Come detto prima, il Camino non è un unico percorso, bensì una serie di vie che portano tutte al Santuario, ancora oggi molto praticate. Ben quattro partono dalla Francia: Via Tolosana, Via Podiensis, Via Lemovicensis e Via Turonensis. Le ultime tre entrano in Spagna per il passo di Roncesvalles (País Vasco) e formano il “Camino francés”, la prima per quello di Somport (Aragón), e arrivata in territorio spagnolo si congiunge a Puente La Reina con il “Camino aragonés”, il quale comincia a Jaca, sempre in Aragón. Al Puente inizia il cosiddetto “Camino Principal”, il quale tocca tutta la parte settentrionale della Spagna (688 km) toccando País Vasco, Navarra, La Rioja, Castilla-León e Galicia: ossia, il cuore primitivo della Spagna pre-Reconquista. Lungo il percorso, le fatiche per lo sforzo fisico sono ritemprate nel pellegrino dalla presenza di bellissimi paesaggi e di luoghi interessanti, alcuni dei quali d’interesse storico. Ad esempio, le rovine di numerosi villaggi e mura difensive risalenti all’epoca romana, i resti delle antiche strade imperiali, il sito archeologico della Sierra de Atapuerca e i giacimenti auriferi di Las Médulas, sfruttati sempre al tempo dei Romani. Tra una tappa e l’altra del viaggio, e dopo aver riposato nei vari alberghi presenti lungo il percorso, si possono visitare anche importanti musei, come il Retablo a Burgos, il Museo Provincial di León, il Centro Gallego de Arte Contemporáneo proprio a Santiago. E, in momenti particolari dell’anno, nel percorrere il cammino si può anche assistere alla Semana Santa sempre a León, oppure alla Fiesta di San Fermín a Pamplona, caratterizzata dalla famigerata corsa dei tori che ogni anno miete feriti. Una volta giunti finalmente a Santiago, il pellegrino, ieri come oggi, può compiere un ultimo sforzo e spingersi fino a Finisterre, la “fine della Terra”. E qui, come vuole la tradizione, dovrebbe buttarsi nell’Oceano Atlantico in segno di purificazione e bruciare uno degli indumenti indossati durante il viaggio. Un bagno nel mare: il giusto premio dopo uno sforzo immane compiuto senza l’ausilio di mezzi a motore, ma solo ed esclusivamente a piedi, il che comporta talvolta una lunga ed elaborata preparazione fisica, senza la quale il rischio di farsi male è davvero alto (sebbene ci sia anche chi usi la bicicletta!). Dunque, serve essere ben allenati e con un equipaggiamento poco ingombrante, se si vuole arrivare davvero “Ultreya! Suseya”, cioè “Più avanti! Più in alto!”,  alla ricerca della pace interiore, della purezza e della vera fede in Dio. “Ultreya! Suseya!”: un motto simile farebbe bene anche al Napoli degli ultimi tempi ….

¡Hasta la próxima!

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