E questa l’hai vinta tu
Il coraggio di Ancelotti. Mettiamola giù così. Ha sfidato tutti anche stavolta. Ha fatto discutere, parlare di sè. Con le sue scelte. Con un Napoli ancora una volta rinnovato. Il debutto da titolare di Luperto e Rog, ed il ritorno di Simone Verdi dopo un pò di giorni trascorsi a mangiare polvere. Tante incognite, tutte contemporaneamente dentro. Un rischio enorme, per certi versi, se relazionato alla difficoltà – altissima – della trasferta di Torino. Luperto l’avevamo visto soltanto in amichevole, dal 1’; Rog appena un paio di volte con Sarri, ben due campionati fa e qualche apparizione in Coppa Italia l’anno scorso. Una stagione di rodaggio, è evidente. Tra alti e bassi. Tra titolari e turnover. Ancelotti la ribalta continuamente questa squadra, come un calzino. Come in un la laboratorio, o ad un tavolo da poker: sperimenta, mischia le carte. Senza dare punti di riferimento a nessuno. Nè ai media, che oramai le sbagliano tutte – le “probabili”; e neanche in campo. Dove il Napoli di Ancelotti sfoggia la migliore prestazione della stagione. Il fatto di giocare quasi con spensieratezza e personalità aumenta decisamente il livello della produttività offensiva. Sugli scudi i singoli: Insigne, Mertens e Verdi s’intendono e cercano che è una meraviglia. Due squilli di marca italiana. Il primo goiello è di Insigne: sempre più calato ed a suo agio nel nuovo ruolo, ha imparato a calciare anche di prima intenzione e di pieno collo piede. L’altro è una prodezza acrobatica e tecnica di Verdi: progressione, scambio con Mertens e taglio profondo dentro l’area, quindi una conclusione secca, al volo, schiacciata sul terreno, che non lascia scampo all’incolpevole Sirigu. Intese perfette, meccanismi improvvisamente oliati: è un grande Napoli. Stratosferica prima mezz’ora: un calcio eseguito ad una velocità superiore. Al punto che il Toro correva a vuoto, arrancava dietro gli scatenati folletti azzurri. Insigne sempre più leader. Sopresa Verdi. Per alcuni. Non di certo per noi. Che ne abbiamo sempre incoraggiato un maggiore impiego ed esaltato le caratteristiche del campione. Ha cambiato fascia rispetto all’esordio con la Samp. Bocciato a destra, promosso con lode a sinistra. Manovra sulla linea, poi si lancia verso il dischetto per chiudere le azioni. Mertens e Insigne si allargano, in modo da lasciargli il disimpegno per vie centrali. Non ce ne voglia Milik (oggi 90’ in panchina), ma della sua assenza ne hanno beneficiato tutti. Anche lui, che in questo momento sarebbe totalmente avulso da un concetto simile di calcio; un apolide che non parla la stessa lingua dei compagni. La storia delle precedenti partite diceva di un Napoli che faticava a carburare in avvio di gara, che magari usciva alla distanza (quando ci è riuscito). Ed invece all’”Olimpico Grande Torino” ha deciso di lasciare il segno sin da subito. Una partenza folle, accompagnata da un solo rammarico: il vantaggio con il quale ha chiuso il primo tempo poteva essere decisamente più corposo. Ripresa blanda: il Toro accorcia momentaneamente con un rigore di Belotti ed il Napoli esce dagli spogliatoi meno concentrato e reattivo. Momento di leggero calo psico-fisico, dell’attenzione generale, che poteva costare caro e che è invece durato al massimo un quarto d’ora. Perchè ci pensa ancora Lorenzo a chiudere i conti e abbassare la saracinesca su un match mai veramente in discussione. Contropiede micidiale che oltre a sigillare il punteggio sul 3-1, gli regala la doppietta e la vetta della classifica dei capocannonieri. È proprio Insigne l’emblema della nuova identità ancelottiana: colpo dritto per dritto a discapito dello stucchevole – talvolta – tiro a giro. Il manifesto della verticalità e dell’efficacia che appollaia il Napoli in testa, insieme alla Juve – in attesa del posticipo di Frosinone. Nuova linfa. Vitale!