Dalla C alla A: la rivincita di Nzola
E’ una delle rivelazioni, insieme alla sua squadra di club, di questo inizio di stagione; fisico possente, ma anche una discreta tecnica, e già due gol all’attivo in Serie A: parliamo di M’Bala Nzola, attaccante (di riserva) dello Spezia, che con l’ultima doppietta al Benevento ha collezionato le sue prime reti nel massimo campionato italiano. Fisicità e tanta voglia di mettersi al servizio della squadra, con giocate da vero numero nove: Nzola è, un po’ a sopresa e con un pizzico di fortuna, diventato una pedina fondamentale dello scacchiere dell’ottimo Italiano. Già allo Spezia (in prestito) dallo scorso gennaio, fino ai playoff disputati in estate, quando ha contribuito alla storica promozione dei liguri anche attraverso una rete – importantissima, con il Chievo -, aggiunta agli altri sei gol realizzati in regular season, Nzola è stato definitivamente acquistato da poco più mese, da svincolato, come sostituto del titolare Galabinov. Quindi l’infortunio del bulgaro, peraltro partito benissimo con tre gol nelle prime tre giornate, e l’esplosione improvvisa, prima con un ‘mezzo’ gol alla Juventus – deviazione decisiva che ha spiazzato Buffon in occasione del momentaneo pareggio -, poi con la doppietta – pesantissima – a Benevento, prima della sosta.
Da outsider a bomber della salvezza, chissà; da ultimo arrivato a primo della classe, potremmo dire: una storia ‘esemplare’ quella di Nzola, che ha saputo cogliere l’attimo e adesso sta dimostrando tutto il suo valore anche in Serie A, dopo una carriera – ancora lunga perché ha ‘soli’ 24 anni – trascorsa praticamente in tutte le categorie minori.
Cresciuto nelle giovanili del Troyes, arriva in Italia nel 2016, all’età di 20 anni. Poteva finire subito in Serie B, senza passare per la Lega Pro, ma il Perugia lo bocciò: fu la prima grande batosta della sua vita, il grande treno perduto ed il timore di dover tornare in Francia o peggio ancora in terza divisione portoghese, al Sertanense; una delusione talmente grande da indurlo a pensare addirittura di smettere col calcio e cambiare strada.
Se ha deciso di non mollare è merito del suo agente, Didier Pingisi, che lo convinse a non mollare e a continuare a crederci, anche a costo di fare qualche passo indietro, che non significava per forza ridimensionarsi, anzi. Pingisi lo porta in Puglia, al Francavilla, dove comincia ufficialmente l’avventura di Nzola in Italia: playoff con undici gol in appena una stagione, poi finalmente la B, dove ha vestito le maglie di Carpi e Trapani.
Non felicissima l’esperienza in Emilia, con un solo gol (ma in Coppa Italia) e nessuno nel campionato cadetto; si è riscattato in Sicilia, dove in 18 mesi ha messo a segno una decina di realizzazioni nonostante la difficilissima situazione societaria, che più tardi avrebbe infatti portato ad una clamorosa radiazione del club granata.
Dopodiché la storia la conosciamo: Nzola trascina lo Spezia in Serie A. Nel mezzo, però, tra la storica promozione e l’inizio della nuova stagione, il francese torna formalmente al Trapani, che di fatto non esisteva più.
Rivoluto fortemente dal tecnico Italiano, a tal punto da indicarlo subito come sostituto dell’infortunato Galabinov, Nzola è un attaccante relativamente veloce, al netto della stazza evidente, e per questo abile ad attaccare la profondità; non è il classico ariete d’area di rigore, ma ama partecipare alla manovra rendendosi utile per far salire la squadra; risulta perciò determinante per il tipo di calcio per certi versi ‘rivoluzionario’ di Italiano, che siede sulla panchina di una squadra che non solo deve salvarsi ma che è al primo anno in assoluto in Serie A: difesa alta e fraseggio (talvolta rischioso) dal basso, fino a raggiungere la punta, Nzola (appunto), che s’abbassa a ricevere per poi smistare il gioco.
Mancino educato, non straordinario, ma essenziale per fare le sponde giuste arpionando quei palloni che spesso gli attaccanti sono costretti a ricevere spalle alla porta e che in genere non sono mai facile da gestire se non si è in possesso di buona tecnica.
E’ dunque anche un lavoro ‘sporco’, oscuro, quello di Nzola; l’ideale per una ‘piccola’, sulla carta, ma così ambiziosa, nella pratica, come lo Spezia, che preferisce rischiare qualcosa ma giocarsi le partite a viso aperto, mantenendo alto il baricentro e comandando il gioco.
Un diamante già abbastanza levigato, a differenza di Osimhen, per esempio, che per caratteristiche un po’ gli somiglia, maturato sia dentro che fuori dal campo; ha imparato a segnare di più, ma anche a gestire meglio le emozioni per non ricommettere gli errori del passato: una volta, quando al Francavilla era ancora un semi-sconosciuto, ne ha combinate di tutti i colori, rimediando una maxi-squalifica da otto giornate; insulti e aggressione all’arbitro, di cui aveva pestato con forza il piede, sputo ad un avversario e offese varie negli spogliatoi. Una lezione severissima che forse gli è è costata finanche un pezzo di carriera: all’epoca c’erano diversi club sulle sue tracce, alcuni persino di Serie A (Genoa, Torino, Fiorentina), che però decisero di lasciar perdere, preoccupate dalla ‘testa calda’ del ragazzo.
Ora, allo Spezia, Nzola sembra aver trovato la sua dimensione ideale e soprattutto la serenità che gli mancava: non ha pressioni particolari, quelle che fino a questo momento lo hanno solo danneggiato, e la fiducia di un allenatore che lo stima.
Il calcio è pieno di giocatori talentuosi, sebbene un po’ fumantini, e di centravanti esplosi tardi e anche un po’ per caso, magari a discapito di qualcun altro. Pensate a Mertens: senza l’infortunio di Milik non solo non sarebbe mai diventato il più grande cannonieri di tutti i tempi della storia del Napoli, ma nessuno – nemmeno Sarri che ce lo aveva tra le mani – si sarebbe mai accorto di potenzialità apparentemente straordinarie ma fino ad allora nascoste. A Nzola è toccata esattamente una chance di questo tipo: un passato a tratti avverso il suo – tra sfortuna e follia -, ma un futuro sorprendente, in cui deve assolutamente riprendersi quello che gli è stato tolto.