DA FORTINO A TERRA DI CONQUISTA, IL SAN PAOLO “SCONSACRATO”

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Da fortino inespugnabile a terra di conquista? Possibile che il San Paolo tanto difeso e amato dal tifoso medio sia diventato d’un tratto un “problema” per il Napoli? Sembra fantascienza eppure i numeri di questa stagione testimoniano come le sfide casalinghe siano state determinanti e fatali per creare l’abissale distacco che Roma e Juventus hanno nei confronti dei partenopei, un dato che forse evidenzia anche un apporto differente tra le tre tifoserie in questione quando si tratta di partite non di cartello. Che il tifoso del Napoli sia diventato troppo esigente?

NUMERI – Sono 39 i punti conquistati dalla Juventus (su 39 disponibili) nelle sfide casalinghe, 32 quelli della Roma all’Olimpico mentre solo otto volte il Napoli è uscito dal San Paolo con i 3 punti, un 71% che fa specie considerando lo stereotipo che vuole lo stadio di Fuorigrotta come inespugnabile anche grazie all’apporto di una calda tifoseria. E invece questa stagione ha visto il Napoli pareggiare 4 volte in casa e subire una sconfitta cocente per merito del Parma di Cassano, creando un distacco dalle due concorrenti di rispettivamente 11 e 4 punti. Se si analizzano i numeri in trasferta, invece, si nota come il Napoli è riuscito a tener testa alla cavalcata di Juventus e Roma, limitando i danni e avendo come scarto solo 4 punti dai bianconeri e 2 dai giallorossi. 11 dei 15 punti che separano il Napoli dalla Juventus sono maturati con Sassuolo, Parma, Udinese, Chievo e Genoa, tutte gare casalinghe ritenute sulla carta non proibitive. Ma a parte l’analisi tattica del singolo match, quali sono i fattori che possono incidere su questo particolare dato?

SIMBIOSI NOCIVA – Se si tiene conto delle sfide di Coppa forse una risposta può arrivare dal tifo. Sia in Champions League che in Coppa Italia il Napoli è stato in grado di vincere e spesso ribaltare verdetti a senso unico grazie all’intensità e alla velocità di gioco accompagnate da una foga agonistica senza precedenti. Certo buon merito va a Rafa Benitez ma è lecito pensare che la spinta sia stata data anche dalla tifoseria, che nelle partite di cartello, ha sempre fatto sentire la sua presenza dando un contributo mentale notevole all’undici in campo. Però questo atteggiamento cozza con le partite di campionato dove il tifoso è restio, freddo, quasi pigro e ha un approccio simile a quanto visto in campo dagli azzurri. Spavaldo, quasi presuntuoso che si trasforma poi in delusione. Una simbiosi nociva che porta il tifo a sottovalutare l’avversario, a non badare troppo alla spinta emotiva e mentale che potrebbe dare in una partita bloccata e a ridursi al solito coro che viene cantato quasi in loop per 90 minuti “in un mondo che…” fino ai fischi in caso di insuccesso. Il tifoso azzurro è diventato, dopo anni di sofferenza, esigente e paradossalmente poco legato alla squadra. Basti pensare che allo stadio il gol realizzato da Higuain contro la Roma nella sfida di Coppa Italia è stato visto solo dalla metà del pubblico presente, distratto dall’arrivo di Maradona. A proposito del Pibe de Oro e delle sue annate magiche in maglia azzurra, da quanto il San Paolo non crea e intona un coro da dedicare ad un calciatore? Bei tempi quelli, quando a prescindere dall’avversario Fuorigrotta diventava una bolgia.

 

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