AURELIO DE LAURENTIIS E IL PAPERON DE PARONI…DEL CINEMA!

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“Nel pallone come nel cinema”. Robert De Niro, Carlo Verdone, Christian De Sica, ed ora anche Angelina Jolie. Se questa fosse il reparto offensivo di una squadra di calcio, si tratterebbe quasi sicuramente di una formazione da vertice se non addirittura da scudetto. “Nel pallone come nel cinema 2, il ritorno”. O forse no. Perché se si leggono i nomi, se si analizzano gli ingaggi, una certa discrepanza di filosofia tra la due principali attività guidate da Aurelio De Laurentiis emerge forte e chiara. “Top Actors” da una parte, con relativi top ingaggi e top trattative per assicurarsi il meglio del meglio del panorama italiano e qualche volta anche mondiale; “Top Players” che tardano ad arrivare dall’altra, con un progetto che indubbiamente ha regalato delle soddisfazioni ma che sembra ancora limitato nel momento in cui si esige il salto di qualità necessario per imboccare la strada della vittoria. “Voglio una rosa allargata, dove ci sia spazio per i giovani di talento che però non devono star seduti in panchina o in tribuna”. Parole del presidente, che sembrano preannunciare l’ennesima campagna acquisti alla ricerca di promettenti campioni tutti da valorizzare. Una linea di pensiero che potrebbe essere anche apprezzabile, ma solo nel caso in cui alle giovani promesse si affianchi il giusto numero di giocatori affermati. I De Niro e De Sica del cinema, per intenderci. Un diktat che potrebbe portare anche alla rottura con Walter Mazzarri, con il rischio che una piazza affamata di vittorie sposi inevitabilmente il pensiero dell’allenatore (che chiede garanzie sul mercato) e non la linea verde presidenziale. Ma tornando al paragone con il cinema, ci si chiede come mai il patron operi in una certa direzione con la Filmauro, mentre con la sua creatura calcistica la tendenza si inverte in maniera tanto clamorosa e nonostante un fatturato ormai da regina della classe. L’esempio più calzante è proprio il caso Lavezzi, già con più di un piede e mezzo sull’aereo diretto a Parigi. Con uno stipendio che non sfonda il tetto dei due milioni e mezzo e con i diritti d’immagine (fonte quasi prevalente di guadagni per i campioni del pallone e degli sport in generale) tutti in pugno del sergente di ferro, difficilmente un calciatore corteggiato come il Pocho, con tutto l’attaccamento alla maglia di questo mondo, avrebbe potuto rifiutare i cinque milioni offerti dallo sceicco del PSG con tanto di altri privilegi che non stiamo neanche a ricordare. Non che si debba stravolgere l’intero giocattolo Napoli per competere con i Paperon de Paperoni di turno, ma forse un piccolo ritocco all’ingaggio ed una cessione almeno parziale dei diritti d’immagine avrebbero potuto ammorbidire un po’ la posizione di Lavezzi e del suo staff. Quantomeno si sarebbe trasmessa alla piazza l’impressione d’averci provato a trattenere uno dei pochi giocatori in Italia in grado di fare la differenza. La spiegazione potrebbe ricercarsi nel fatto che De Laurentiis non sente ancora totalmente suo questo mondo; che non vuol cedere a chi considera i contratti carta straccia; o che magari si ispiri a progetti in stile Barcellona con la crescita in casa dei talenti, credendo che sia questa e soltanto questa la vera strada verso un duraturo ciclo di vittorie. O per i più maliziosi, che il patron voglia utilizzare parte degli introiti della SSC Napoli per finanziare altri progetti. In ogni caso, difficilmente si riuscirebbe a credere che a parti invertite, De Laurentiis avrebbe rinunciato ad una preziosa comparsata di De Niro in un sua pellicola per pochi “spiccioli”, per dirla con le parole che userebbe lo stesso presidente. Ma De Niro non è Lavezzi, il Napoli non è il cinema. Almeno per adesso…

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