Tatticamente – Analisi seria su Arkadiusz Milik
Ora tutti scoprono che al Napoli manca un centravanti di ruolo. Ma adesso è facile. A leggere le statistiche di Napoli-Roma è fin troppo facile, un gioco da ragazzi: 26 tiri in porta di cui uno solo trasformato in gol, per giunta arrivato quasi a tempo scaduto. E non parlateci di partita stregata. Le partite stregate sono altre, quelle pali e traverse, salvataggi miracolosi sulla linea e interventi fantasmagorici dei portieri. Quando invece arrivi sempre in ritardo sul pallone o lo colpisci male, non sei sfortunato, hai semplicemente dei limiti. Ovviamente tecnici, ma a questo punto anche di tempismo. Urge insomma una analisi molto seria intorno al nome di Arkadiusz Milik. Nella logica del turnover e nella economia d’una stagione ancora troppo lunga ed impegnativa in cui è bene ponderare scientemente le energie fisiche e psichiche del materiale unano a disposizione, Carlo Ancelotti aveva deciso di affidarsi a lui, al bomber di Tychy per scardinare la possente retroguardia giallorossa. Vicino ad Insigne, come poche altre volte gli era capitato. Male la prova del polacco, male anche quella di Insigne. Ma se quella di Insigne può starci perchè due mesi fantastici di gol e giocate sensazionali non si cancellano con una sola serata d’appannamento. Quella di Milik proprio no, non l’accetti, non è perdonabile. Gli infortuni sono oramai acqua passata; il ragazzo sta fortunatamente bene. Se la cartella clinica è finalmente al top, adesso il problema si sposta altrove. Milik ha 24 anni e deve decidere cosa fare da grande. Se rimanere un buon giocatore – ma non da Napoli -, oppure diventare un attaccante formidabile, di spessore internazionale. Questa doveva (dovrebbe, è ancora pienamente in tempo) essere la stagione della sua consacrazione, della prova del nove, del calcio agli scettici che non credono in lui, nelle sue medie realizzative e ne fanno una questione meramente di qualità. La verità è che con Manolas e Jesus – e non parliamo mica di fulmini di guerra – non l’ha vista/presa praticamente mai. Non solo. Tante volte è andato a vuoto sui cross di Callejon e Fabian ed ha sbagliato facili suggerimenti per i compagni – ma gli appoggi difettosi di Arek non fanno oramai più notizia. È un pò diverso dal solito il taglio che abbiamo deciso di dare al nostro consueto appuntamento con la fotografia tattica del match. Il focus verte su una singola individualità piuttosto che sulla prestazione complessiva della squadra tutta e sugli episodi chiave che hanno determinato il punteggio finale. Lungi da noi voler sparare sulla croce rossa o trovare un capro espiatorio alla mancata vittoria. Ma ci sembrerebbe francamente ingiusto mettere tutti nel calderone pur di continuare a far finta di niente e nascondere la testa sotto la sabbia. Di fatto un dominio assoluto, ma inutile; una delle migliori uscite stagionali del Napoli di Ancelotti – per numeri, predominio territoriale, per la mole di potenziali occasioni costruite e non finalizzate. E quando dopo tutto questo, a fronte d’una Roma tutt’altro che irresistibile ma certamente più cinica ed efficace nei momenti in cui bisognava buttarla dentro, raccogli un punto invece che l’intera posta significa che qualcosa non ha funzionato. Lì davanti, evidentemente.