MA CHE “DIAVOLO” SUCCEDE?
È stato bello vedere le foto di Antonio Cassano che torna a Milanello, spensierato e sorridente come sa essere solo lui, abbracciando i colleghi e scherzando con il compagno di sventure Gattuso. Tutto bello e buono, una favola che si avvia all’atteso lieto fine, quello che farà applaudire tutti alla fine della corsa, quando Fantantonio sarà di nuovo in campo, pienamente ristabilito. Ha commosso tutti la storia del ragazzo talentuoso e gioviale la cui incolumità viene messa a repentaglio da un male oscuro. Molti, moltissimi i messaggi di solidarietà, dagli stessi addetti ai lavori ma anche da numerosi giornalisti e critici, innamorati del personaggio Cassano e preoccupati per l’uomo Antonio. Eppure, fra tante menti brillanti, nessuna che abbia provato a fare l’addizione più semplice. L’ictus di Cassano, il nervo ottico di Gattuso, i ripetuti mal di pancia – ahimè, non più solo metaforici – di Ibrahimovic; per tacere dei problemi muscolari di tanti altri elementi il cui sviluppo negli ultimi anni è stato a dir poco miracoloso. Non ci permetteremmo mai di insinuare nulla, non per paura ma semplicemente per onestà e prudenza intellettuale: senza alcun dato realistico fra le mani è impossibile formulare un qualunque tipo di ipotesi, sebbene resti pur sempre lecito farsi qualche domanda. Si dice sommessamente quali siano i sintomi accusati dai calciatori, ma mai un solo approfondimento sulle cause scatenanti. Se tre indizi fanno una prova, tre coincidenze fanno un sospetto, e la sensazione tangibile è che questo sospetto stia strisciando sempre di più ma stenta a venir fuori. In mezzo a tante domande preconfezionate non c’è stato un solo giornalista che abbia alzato la manina per porre quella questione che, al contrario, si stanno ponendo parecchi tifosi (basta farsi un giro sui blog per rendersene conto): cosa c’è dietro ai misteriosi mali dei calciatori rossoneri? Com’è possibile che nello stesso spogliatoio tanti ragazzi sotto i trent’anni accusino problemi che sarebbe lecito attendersi da anziani con almeno il doppio dell’età?
Il discorso è molto semplice. Una domanda pretenziosa non è necessariamente un’illazione, ed è preciso dovere del giornalista provare almeno a formularla. Ma ciò che fa ancora più paura è la reazione delle vittime di tutto ciò, impassibili e quasi cieche di fronte alle disgrazie che gli stanno capitando. Tutti felici e contenti, a giocare a pallone senza neanche provare a chiedere “che cosa mi sta succedendo?”. Possibile che queste persone abbiano da perdere qualcosa di più prezioso della vita? Com’è possibile che non se la facciano addosso neanche di fronte ad un lampante pericolo di vita? Domande che non trovano risposta, e non la troveranno mai se qualcuno non si prende la briga di farle.