IN EUROPA SI PERDE: LO SCARSO NAPOLI-BIS AFFONDATO DAL DNIPRO

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DNIPRO (4-4-2): Lastuvka; Strinic, Mandzyuk, Mazuch, Fedetskiy (80’ Denisov); Zozulya (37’ Kankava), Rotan, Giuliano, Cheberyachko; Seleznyov (58’ Kalinic), Matheus. (Shelikhov, Odibe, Aliyev, Kravchenko). All. Ramos.

NAPOLI (3-5-1-1): Rosati; Gamberini (78’ Inler), Fernandez, Aronica; Mesto, Zuniga, Donadel, Dzemaili, Dossena (51’ Pandev); Insigne; Vargas (51’ Cavani). (De Sanctis, Cannavaro, El Kaddouri). All. Mazzarri.

ARBITRO: Goçek (Turchia)

GUARDALINEE: Eysoy – Aktas

ARBITRI DI PORTA: Simsek – Altavak

IV UOMO: Satman

MARCATORI: 1’ Fedetskiy, 42’ Matheus, 62’ Giuliano, 74’ rigore Cavani.

AMMONITI: Donadel (N), Dzemaili (N), Fernandez (N), Kankava (D), Mazuch (D).

RECUPERO: 2’ pt, 4’st.

Ora o mai più: il Napoli sbarca a Dnipro, nella fredda Ucraina, con l’obbligo di non perdere, dacché fare il colpaccio con le seconde linee, promosse a giocare in Europa per ordini di scuderia, è impresa proibitiva. Costretto a fare i conti con l’assenza dell’ultim’ora di Behrami (affaticamento muscolare), Mazzarri si rivede costretto a dover reinventarsi Zuniga centrocampista centrale, ruolo a lui sconosciuto; in difesa Gamberini prende il posto di Cannavaro al fianco di Fernandez e Aronica, riconfermati dopo Eindhoven. Ancora fiducia a Donadel e Vargas, El Kaddouri parte dalla panchina dopo le due esibizioni da schiaffi contro AIK e PSV. Qualche modifica in corso d’opera anche per Juande Ramos: al posto del temutissimo Kalinic parte il promettente Matheus, la collaudata coppia Rotan-Giuliano è confermata a centrocampo, spalleggiata sulle fasce da Zozulya e Cheberyachko, preferito a Konoplyanka arresosi all’ultimo; altra novità, la presenza di Fedetskiy sulla corsia destra in luogo di Mandzyuk, scalato al centro della difesa. Nemmeno il tempo di scaldarsi i muscoli e dopo un solo minuto i nostri avversari già mettono il naso avanti: su punizione battuta dalla sinistra da Seleznyov non interviene nessuno, Fernandez si lascia “sfondare” da Cheberyachko e Fedetskiy, lasciato colpevolmente libero nell’area piccola, batte l’incerto Rosati. Peggior inizio non poteva esserci per i partenopei, che poco dopo tentano di reagire con una conclusione alquanto velleitaria di Dzemaili che finisce in bocca all’estremo difensore avversario. Solo un fuoco di paglia, purtroppo. Shockato dalla rete subìta, il Napoli subisce la pressione degli ucraini e raramente riesce a farsi vedere dalle parti di Lastuvka: accade al 9’, quando Insigne, dopo una discesa solitaria, tenta un lob che però termina oltre la traversa. A vantaggio acquisito, nei primi minuti il Dnipro fa il minimo indispensabile, limitando le azioni degli azzurri e chiudendo loro gli spazi, cercando di affondare i colpi, specialmente sulle corsie laterali con Fedetskiy e Strinic, rapidi e più volte vincenti sullo scatto nei confronti di Mesto e Dossena. Stimolati più dalla volontà di Insigne che non da un gioco corale e fluido, i partenopei cercano di rimettere il match in equilibrio, ma tutto quanto riescono a produrre, al 12’, è un’azione confusa al termine della quale Dzemaili dal limite dell’area scodella un pallone per Zuniga che, in area, tenta un’improbabile rovesciata acrobatica, abbondantemente alta. Il Dnipro non rinuncia alle sue sortite, facilitato dal suo elevato e notevole dinamismo; mette affanni ai nostri beniamini sulle palle alte e fa salire il cuore in gola quando al 22’ è un esterno, Strinic, a sgommare nella metacampo napoletana e a sferrare una rasoiata mancina che sfiora il palo alla sinistra di Rosati, immobile. Non c’è fantasia, non c’è inventiva, soprattutto non c’è movimento senza palla nella nostra linea mediana. Donadel è un’ameba, Dzemaili predica nel deserto, come Zuniga, sacrificato in una posizione non sua. Insigne e il non-pervenuto Vargas sono chiusi dai fisici difensori centrali del club di Ramos, Mesto e Dossena sono timidi, per nulla propositivi e lenti, troppo lenti, rispetto ai loro dirimpettai vestiti di blu. Il Dnipro intensifica le sue azioni offensive, facendo salire il cuore in gola soprattutto sulle palle inattive; non che i nostri difensori non anticipino in tali circostanze, ma le loro spizzate di testa vengono immediatamente raccolte dagli ucraini, i quali danno sempre l’impressione di arrivare prima sulla sfera, anche quando si gioca palla a terra. Ed è proprio in conseguenza di un corner, sul quale il nostro reparto arretrato disimpegna male, che Seleznyov, totalmente dimenticato, tira in contro balzo di destro mandando la sfera a lato. Piccolo particolare, però: la punta del Dnipro si libera della marcatura di Donadel quasi rifilandogli una gomitata. E’ il 30’. Quattro minuti dopo è Rotan a tirare direttamente verso la porta azzurra ancora su punizione, una delle tante concesse ingenuamente dai nostri sulle fasce laterali: pallone alto. Il Napoli continua a restare in piena soggezione, eppure al 38’ riesce anche andare in rete, ma sulla punizione tirata da Dossena in area Fernandez finisce in fuorigioco prima di fare da torre per Insigne che la mette dentro sempre di testa: molti dubbi. Non v’è dubbio invece su come la nostra difesa sia nuovamente molle e indolente al 42’; traversone ucraino in area azzurra, Rosati si avventura spericolatamente e smanaccia alla men peggio, controcross di Seleznyov su cui i partenopei schiacciano un pisolino lasciando Matheus solo soletto dinanzi al portiere: non si capisce bene se il brasiliano mette la testa o la faccia, fatto sta che Rosati, di nuovo uscito alla cieca, viene battuto per la seconda volta. Scenda l’oblio sul Napoli-bis, un Napoli nervoso dove nel finale Fernandez imita Zidane dando una testata a Seleznyov; fortuna che il signor Gocek non vede e rifila all’argentino solo un giallo. Per grazia ricevuta. Come per grazia ricevuta finisce uno dei primi tempi più orribili dell’era-De Laurentiis.

L’integralista Mazzarri non cambia lo scacchiere a inizio ripresa: gli stessi undici sono lì dov’erano anche nella prima frazione. Il film non muta d’una virgola: il Napoli non è privo di volontà, ma le sue folate sono confuse e inefficaci, facilmente interrotte dagli ucraini che al 48’ con tre tocchi sfiorano la terza rete: lancio lungo di Mandzyuk, spizzata di testa di Fedetskyi, ignorato da Fernandez, e Seleznyov in scivolata manda di poco a lato. Non riescono a tenere la sfera, i nostri, il Dnipro si concede finanche giocate accademiche nel momento in cui l’umile Walter pensa che forse è arrivato il momento di rinfocolare le polveri del fucile: dentro Cavani e Pandev, fuori Vargas e Dossena. Si rivede qualcosa di quel possesso e di quelle azioni insistite che tutti conosciamo, il Matador sa che l’inerzia la può cambiare con una giocata delle sue e, appena entrato, s’impegna generosamente andando al tiro tre volte nel giro di cinque minuti: alle stelle la prima conclusione, in bocca a Lastuvka la seconda, sul palo la terza, la più sfortunata, al 56’: il colpo di testa, su cross di Zuniga che lo coglie solo in area, supera il portiere dei blu ucraini, ma si stampa sul legno. Non rinuncia ogni tanto a colpire di rimessa il Dnipro, sebbene il Napoli cerchi di combinare qualcosa di buono, invano. Tuttavia sono ancora i padroni di casa a sfiorare la terza segnatura al 62’: l’ennesimo buco della difesa azzurra sul lancio dalla difesa trova libero il nuovo entrato Kalinic che ne salta due, mette a sedere Rosati e tira a colpo sicuro, trovando però l’opposizione di Mesto. L’appuntamento con il colpo del ko è solo rimandato di un minuto: Matheus salta facilmente Fernandez e la mette in mezzo, sul lato opposto arriva l'onnipresente Giuliano in tuffo di testa, Rosati compie un vero miracolo; sembra finita, ma la sfera batte sventuratamente su Zuniga in ripiegamento e torna sui piedi di Giuliano che in girata ravvicinata, solo, infila in rete: è la mazzata che taglia definitivamente le gambe al Napoli. Se gli azzurri si rendono pericolosi lo fanno solo… per merito del Dnipro: è un vero proprio autogoal mancato quello di Mandzyuk, che al 70’ svirgola su un colpo di testa di Fernandez, mandando il pallone di poco oltre la traversa. Un minuto dopo Fedetskiy sfiora una clamorosa quarta rete: ha tutto il tempo, servitagli la palla, di girarsi e di tentare il pallonetto di precisione, e con Rosati inchiodato e rassegnato la sfera va fuori. Al 73’ piccolo sussulto: pescato da un lancio millimetrico, Cavani riesce a eludere Mazuch, i quale lo scalcia. E’ rigore netto e il Matador si prende l’incarico: il penalty è forte e preciso, Lastuvka è spiazzato. Il golletto della bandiera non cambia la sostanza, come non muta lo status l’ingresso di Inler al posto di Gamberini, con conseguente trazione anteriore della squadra. Il Dnipro tiene il campo egregiamente, aiutato dalla sua tecnica e velocità, oltreché dagli errori in fase d’impostazione degli azzurri, che però spinti dall’orgoglio provano a salvare il salvabile, come all’82’, allorquando Mesto, proponendosi sulla destra, trova lo spazio e il tempo per mandarla in mezzo: la palla attraversa lo specchio della porta senza che nessuno la sfiori, vi si avventa Zuniga, ma manda malamente fuori. Altra occasionissima per i partenopei all’88’: bella discesa di Zuniga a sinistra, traversone che trova pronto Cavani a colpire di testa costringendo Lastuvka a superarsi per deviare in angolo. Il Matador è il più in forma, e lo si vede poco dopo, nel primo dei quattro minuti di recupero, direttamente su free kick: finisce a lato, ma non di molto, il suo shoot. Si è svegliato troppo tardi il Napoli: è bastato che Mazzarri mandasse in campo i migliori, Cavani in primis, e che la situazione fosse ormai già compromessa perché si vedesse un po’ di quella verve alla quale siamo abituati, fors’anche troppo, quando la Mazzarri-band si esibisce in Italia. Persino Donadel tenta la sorpresa a trenta secondi dalla fine: meglio chiudersi gli occhi e aspettare che finisca. Nel frattempo, Matheus ha avuto il tempo di farsi una bella discesa solo soletto prima di essere anticipato da Rosati. Finisce, dunque. Finisce come peggio non poteva, come forse ci si aspettava alla vigilia: era nelle corde che a Dnipropetrovsk non sarebbe stata una passeggiata, ma prenderne altre tre, similmente a quanto accaduto in Olanda, è troppo. Soprattutto è avvilente, specie per quei poveri tifosi che hanno marciato kilometri infiniti pur di seguire la loro squadra del cuore. I colpevoli dell’ennesima disfatta europea azzurra sono ben chiari, inutile e noioso rielencarli e criticarli insistentemente come al solito. Meglio guardare avanti e iniziare a fare calcoli: la matematica non mette ancora la parola fine, ma ora, per continuare a onorare l’impegno continentale, bisogna vincere quelle che restano. Al San Paolo contro olandesi e ucraini e in Svezia. Non sarà facile, specie con queste seconde linee che ci ritroviamo, così diverse, così lontane dai “titolarissimi”.

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