“Il dito contro”: Lo strano caso di Insigne capitano

Il “caso” Insigne parte da lontano, da quando poco meno di un anno fa si decise che Marek Hamsik a Napoli avesse fatto il suo tempo.

Allo slovacco veniva spesso e volentieri imputata una mancanza di carattere fuori e dentro il campo, ma anche i più feroci detrattori alla luce di quanto sta accadendo oggi agli azzurri non possono negare quanto sia stato un errore privarsi della classe di Hamsik dentro e fuori dal terreno di gioco.

I problemi del Napoli come organico nascono da una crepa che s’è trasformata in voragine a centrocampo e i tormenti di Insigne hanno inizio da quando gli viene posta la fascia sul braccio con su scritto “capitano”.

Tutti sanno quanto nel mondo a parte del pallone sia difficile essere “profeti in patria” e gli esempi che ci fornisce la storia recente sono due: Francesco Totti e Alessandro Del Piero. Il primo trattato a Roma come un re oltre ogni ragionevole dubbio, il secondo – sacrificatosi in serie B da campione del mondo – messo alla porta dalla Vecchia Signora; prendere questi due capitani simboli delle loro squadre è funzionale a comprendere al meglio il “caso” Insigne e quanto sia difficile essere figli e bandiere della squadra della propria città.

Il frattese ha estro e classe ma anche un carattere da “scugnizzo” figlio perfetto per una città piena di chiaroscuri come Napoli, pronta ad innalzare ad idolo chi viene da lontano ma refrattaria nell’aiutare – anzi spesso li affossa letteralmente – i suoi stessi figli.

Certo è che Insigne ci ha messo e continua a metterci del suo. La fascia da capitano ereditata da Hamsik gli sta stretta e quel carattere vulcanico e indisponente oscura spesse volte il suo innegabile talento.

Certo è che chi sedeva in panchina fino a dieci giorni fa non ha fatto molto per aiutarlo. Dopo un primo anno di luci ed ombre vissuto da comprimario allo straripante Mertens e alla solidità di Callejon, per Insigne è cominciato tutto a girare storto: l’arrivo di Lozano suo sostituto naturale, il fatto che in squadra l’unico ad avere il posto fisso per le scelte dell’allenatore era giusto il portiere.

Sono cominciate le voci che hanno alimentato il “caso” Insigne: se Lozano è arrivato per tanti soldi chi perde il posto è Lorenzo, litiga con tutti e Ancelotti se lo mette in panchina sa quello che fa, mandarlo in tribuna se ha questa testa forse è meglio per tutti.

E chi più ne ha più ne metta. Per arrivare all’ammutinamento di cui sembra essere stato il capo, situazione che ha portato all’esonero di Carlo Ancelotti; esonero di cui Insigne è stato accusato da buona parte della tifoseria, al grido di “hai vinto tu, il presidente ti ha accontentato”, noi da giornalisti troviamo difficile credere che una personalità come quella di Aurelio De Laurentiis possa piegarsi alla volontà di qualcuno.

Tuttavia lo si accusa di questo e di tutti i mali del Napoli – sia ben chiaro che non si punta a “giustificare” il numero ventiquattro – travolto dai fischi a giusta ragione per la brutta prestazione anche contro il Parma, ma è superficiale pensare che se questa squadra gira al minimo la colpa sia di uno soltanto ed è troppo facile addossarla a chi per diritto di nascita deve sempre fare e dare di più.

Oggi in panchina siede Gennaro Gattuso che ha riportato in auge il 4-3-3, modulo che permette ad Insigne di stare al suo posto, e adottato anche da Mancini in nazionale dove gioca Lorenzo senza mai sfigurare. Allora sorge una domanda: sarà che in nazionale c’è uno che sa dettare i tempi di gioco che risponde al nome di Jorgihno che permette all’estro di Lorenzo d’esprimersi al meglio?

Questione appena sussurrata che però cela tutto un coacervo di domande su quanto male sia strutturato oggi il Napoli, ma questa è un’altra storia.

Il consueto “dito contro” settimanale punta all’indirizzo di Lorenzo Insigne, perché come ha detto Gattuso nel calcio sfortuna e alibi non esistono.

La gente torna allo stadio con le prestazioni e trasliamo questo concetto per Insigne: la gente smette di fischiarti se torni a giocare come sai.

Purtroppo per quanto successo a Napoli negli ultimi mesi è difficile comprendere dove si annidano i fantasmi che non consentono agli ingranaggi del talento di Lorenzo a tornare a girare.

L’augurio è che l’uomo Gattuso – uno che nella sua storia di calciatore ha affiancato talenti reali – possa riuscire a scrollargli di dosso le paure di non essere abbastanza, ma anche a “mazziarlo” quando sbaglia.

Perché Lorenzo Insigne sbaglia ma è giusto che i tifosi contestino.

La speranza è che i fischi possano presto tramutarsi in applausi per il capitano, perché sarebbe un peccato assistere all’ennesima favola napoletana che implode su se stessa. Prima come giornalisti che come tifosi, vorremmo rivedere il partenopeo tornare a girare come può, deve e sa fare.

Serve la volontà – del ragazzo prima che della piazza – di mettersi al servizio della causa e di mister Gattuso che magari riuscirà a rimettere in moto gli ingranaggi del gruppo e i suoi, capitano suo malgrado, figlio indisponente e vulcanico di Napoli chiamato a dare e ad essere più di quanto visto fino ad oggi.

Lo deve a se stesso e al suo talento, prima che alla tifoseria e alla sua città.

Gabriella Rossi

Laurea Triennale in Lettere Moderne conseguita presso l’Università degli studi di Napoli Federico II, laureanda magistrale Filologia Moderna presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Mi diverte molto la fotografia, scrivere, andare ai concerti , viaggiare e ovviamente tifare Napoli.

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