Din Don: Il calcio è morto!

Nella notte di un aprile in piena pandemia globale, il calcio morì.

Con estrema probabilità potremmo raccontare questa storia alla prossima generazione che conoscerà un gioco diverso – simile forse al wrestling – tutt’altro sport rispetto a quello con cui la maggior parte di noi è cresciuto.
Il calcio è morto due volte negli ultimi mesi: spiritualmente con la fine di Diego Armando Maradona e con la nascita della SuperLega.

Andiamo con ordine: cos’è la SuperLega?

Una competizione per club a numero chiuso alternativa alla Champions League che riunisce le “migliori” squadre europee in una sorta di campionato di super élite: è la Superlega, il progetto al quale da diverso tempo stavano lavorando alcuni dei più influenti presidenti del calcio continentale, guidati da Florentino Perez. La competizione sarà composta da 20 squadre, delle quali 15 partecipanti di diritto in quanto club fondatori e altre 5 determinate stagione per stagione da un meccanismo di qualificazione ancora da definire. Al momento ci sono tre italiane partecipanti (Juventus, Inter e Milan).
Tra le 15 anche Manchester United, Manchester City, Liverpool, Chelsea, Tottenham, Arsenal, Real e Atletico Madrid e Barcellona. Non hanno accettato o non hanno risposto all’invito PSG, Bayern Monaco e Borussia Dortmund. Il grande regista del progetto è il presidente del Real Madrid coadiuvato da Andrea Agnelli. 

A ulteriore chiarimento riportiamo il comunicato stampa, uscito nella notte, della neonata SuperLega:

“AC Milan, Arsenal FC, Atlético de Madrid, Chelsea FC, FC Barcelona, FC Internazionale Milano, Juventus FC, Liverpool FC, Manchester City, Manchester United, Real Madrid CF e Tottenham Hotspur hanno tutti aderito in qualità di Club Fondatori. È previsto che altri tre club aderiranno come Club Fondatori prima della stagione inaugurale, che dovrebbe iniziare non appena possibile”.

Forniti i dati tecnici, lasciamo spazio alle tante riflessioni sul tema.

Con la nascita della SuperLega europea vengono a cadere principi di lealtà sportiva e molte maschere: Tra i promotori del progetto c’è Andrea Agnelli, tanto dovrebbe bastare per additare la neonata competizione come una catastrofica stupidaggine –  per non essere volgari – ai danni dell’intero sistema calcio.

Il 19 novembre scorso la Serie A votava, con favore unanime, l’ingresso dei private equity in Lega: Cvc, Advent e Fsi, interessati alla partnership, avrebbero garantito ai club un miliardo e settecento milioni di euro.
Una ricchezza inaspettata e utilissima ai conti di tutte le società: compresi quella della Juventus di Agnelli, gravati dal post pandemia. Dalle trattative nell’interesse generale della Lega (anche come membro della commissione interna che negozia con i fondi), il numero uno Juve si è staccato poco dopo: fino ad arrivare a una posizione dichiaratamente ostile ai fondi. Nella lettera con cui, insieme ad altri sei rappresentanti di club, ha sfiduciato il presidente di Lega Dal Pino (ideatore dell’affare in favore della comunità della A) scrive che il tema relativo ai private “era manifestamente esaurito in occasione dell’assemblea del 4 febbraio”. I fondi avrebbero dovuto gestire i diritti tv della A e una clausola dell’accordo preliminare prevedeva che le società si impegnassero per dieci anni a non appoggiare nuove manifestazioni come la Super Lega: il campionato avrebbe di conseguenza perso appeal.

Così veniamo alla caduta delle maschere e dei principi di lealtà sportiva e si spiega il dietrofront di Agnelli: la Super Lega che sta sponsorizzando aiuterebbe gli interessi del suo club (la Juve) più che quelli comuni della Serie A.

– Che fine faranno i campionati nazionali? La domanda è più che lecita: è giusto ad esempio che l’Inter – tra i club fondatori – vinca il campionato in corso o se, dando seguito alle minacce della UEFA, venga estromessa dalla competizione con effetto immediato al pari di Milan e Juventus? Caduti i principi di lealtà sportiva a cui si faceva riferimento, potrebbe essere una strada percorribile rendendo il campionato un affaire tra Atalanta, Lazio e Napoli?
Questa ipotesi avrebbe dell’incredibile ma a fronte di quanto successo nella notte ormai tutto può – e deve – essere messo in discussione.

In Inghilterra del resto è stato Gary Neville, storico capitano del Manchester United, a dirsi disgustato per la SuperLega. Ha invocato sanzioni gravissime per le squadre partecipanti, dando voce allo sdegno che è quello di tutti gli appassionati del calcio, inteso come gioco reale e non come il buisness a cui i “fondatori” vogliono dar vita. Con la SuperLega non si farà altro che istituzionalizzare un qualcosa che già esiste: i campionati europei  “governati” dalle solite tre/quattro squadre con le altre che rincorrono e stanno a guardare.

Che fine faranno i campionati nazionali quindi? Con estrema probabilità saranno destinati all’implosione, senza gli introiti dei grandi club. Il calcio come lo conosciamo fallirà per lasciare posto alla versione patinata e ricca: non lo vedete già Cristiano Ronaldo tronfio perché può giocarsi la scarpa d’oro con Messi e Benzema invece che con Immobile e Ciccio Caputo? Chiudete gli occhi: non vedete già scorrere sui tabelloni a bordo campo le pubblicità della Rolex invece della confetteria di Benevento? Sono tanti i dubbi generati dal terremoto di questa notte: nessuno è al sicuro e la battaglia tra UEFA, Leghe Nazionali e SuperLega sarà lunga sicuramente  tutta l’estate.

– La morte del calcio: Concedete a chi scrive un’ultimo punto fatto di sangue e cuore. All’inizio si diceva che il pallone nel giro di qualche mese è morto due volte, prima con l’addio alla terra di Maradona e ora con questa storia della SuperLega.
Ecco, tra le tante domande che riguardano interessi economici più grandi di ciascuno di noi, a chi scrive ne resta solo una: cosa resta dello sport che amo?

Il calcio, storicamente è fatto di imprese e potremmo citarne tante: la Doria di Vialli e Mancini, il Leicester che vince la Premier, il “Chievo dei miracoli”, la Roma dello scudetto e pure la Lazio, Maradona che porta Napoli sul tetto d’Europa, l’Italia che nell’anno di Calciopoli conquista il Mondiale.


Negli annali del pallone fanno godere le favole come quelle citate. Ricordiamo le guerre vinte e le vittorie sfiorate: per tre anni la Juventus ha vinto scudetti ma a rubare gli occhi in Europa era il Napoli di Sarri e chi lo nega non conosce il senso di questo sport.

“Il senso di questo sport” che un manipolo di potenti ha deciso di cancellare dando vita alla SuperLega. Il calcio è passione, storia che si irradia e cresce nei territori. C’è molta più dignità nei campi che sembrano fatti di sabbia ad Acireale di quella che si vedrà allo Stadium quando arriveranno il Barcellona o qualcun’altra delle “migliori”.

Che poi e lasciate a chi scrive lo spazio per un’ultima riflessione: cosa vi rende migliori? Andrea Agnelli ha detto che la maggioranza dei tifosi in Europa appartiene ai Club Fondatori. E qui si sbaglia: il tifoso non appartiene a nessuno, tiene e ama la squadra del cuore ma può decidere dinnanzi a un tale scempio di appendere la sciarpa al chiodo lasciando i presidenti come lui a giocare da soli e a sguazzare nella loro stessa avidità.

 

 

 

 

Gabriella Rossi

Laurea Triennale in Lettere Moderne conseguita presso l’Università degli studi di Napoli Federico II, laureanda magistrale Filologia Moderna presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Mi diverte molto la fotografia, scrivere, andare ai concerti , viaggiare e ovviamente tifare Napoli.

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