Bocca: “Il razzismo nello stadio in cui vorremmo le Olimpiadi…”
Lazio-Napoli, stadio Olimpico, lo stadio dove l’Italia vorrebbe far disputare i Giochi Olimpici del 2014: un’esplosione di razzismo puro. Potremmo ormai dire classico, visto che ci siamo abituati. Anche se stavolta il trattamento riservato a un giocatore di colore è ostinato, ripetuto, ostentato, fatto a volume altissimo e ben coordinato. Come a voler dire, “sì stiamo facendo i razzisti, e questi buu sono rivolti proprio a lui”. Ai “buu” ovviamente erano accompagnati i soliti cori sul “Vesuvio lavali col fuoco”.Scena già vista – e soprattutto sentita, purtroppo – altre volte. Siamo al 67° di una partita già finita, il Napoli ha in mano la gara dopo i gol di Higuain e Callejon. E’ in quel momento che il mostro che si annida nei nostri stadi, e che non puoi tener fuori con una semplice e banale perquisizione come un petardo, una bottiglia o uno striscione, salta fuori. Un diluvio di fischi e buu ripetuti a un giocatore di colore, in questo caso: Kalidou Koulibaly, senegalese, 25 anni, da due stagioni al Napoli. Chissà cosa avrà pensato: ogni volta che toccava il pallone giù una bordata di fischi e di “buu”. E’ un “buu”, ricordo, che nel calcio è entrato a simulare il verso della scimmia, il calciatore come un animale. Perché poi? Mi chiedo. Sarei curioso di sapere cosa volessero esprimere quegli incivili autori dei versi scimmieschi verso un avversario che non li conosce, che è lì perché sta giocando una partita di calcio, che ha la pelle di colore di tantissimi altri, e la cui unica colpa è forse di giocare bene e con profitto in una squadra che sta battendo la loro, se non il puro e delirante compiacersi di un comportamento barbaro. Ripeto, quelli hanno voluto dire: sì, stiamo facendo i razzisti. E sono così idioti questi razzisti che fischiano e fanno buu al giocatore di colore avversario, ma ovviamente non a quelli che giocano nella Lazio. Non lo so, immagino a questo punto che li sopportino, e magari al prossimo mercato potrebbero chiedere che vengano sostituiti con giocatori di equivalente valore, ma di pelle bianca…. No, perché la vicenda è indubbiamente barbara, ma ha anche aspetti grotteschi e ridicoli.
E’ stato bravo l’arbitro Irrati a interrompere la partita, a radunare i giocatori a centrocampo, a chiedere l’intervento ripetuto degli altoparlanti, per minacciare di chiudere lì la partita. Giusto, non si può giocare in quelle condizioni. Questo è sport, ci vogliono delle condizioni di civiltà minime. Poi però la palla è passata, come al solito, al responsabile dell’ordine pubblico, al commissario e al questore di turno. E in questi casi si tende a fare giocare e sempre con la solita scusa. Per evitare guai peggiori. Cioè noi ormai accettiamo un comportamento razzista feroce, insistito e ripetuto pur di evitare incidenti, scontri con la polizia e tra tifosi. In pratica è una resa ufficiale dello sport e dello Stato.
Ho pensato anche che un comportamento razzista così clamoroso e plateale, fosse anche una vendetta, un’arma di ricatto, verso la Lazio stessa. Per punirla con gli inevitabili provvedimenti disciplinari, squalifiche, chiusure dello stadio, multe pesantissime. Tutte sanzioni che negli ultimi due anni – ho sempre sottolineato – il calcio ha annacquato perché nuocciono agli interessi dei club e dei loro presidenti. Che così ci propinano in prima serata, dal vivo allo stadio e in diretta tv uno spettacolo di barbarie raro. Lo sport e il calcio pretendono dallo Stato attenzione, leggi ad hoc, soldi. Ma vive in una società a parte. Mi chiedo come possiamo accettare tutto questo, come si possa non intervenire, perché non sappiamo dire semplicemente: basta. Se il calcio non sa prendere provvedimenti o non ne è capace, se non sa ripulire i suoi stessi stadi, perché il vertice del calcio e dello sport non viene allontanato ed esautorato per manifesta incapacità? A meno che non vogliamo parlare, a questo punto, di connivenza.
(Fabrizio Bocca, Bloooog!, La Repubblica)