VLAAR, GIGANTE OLANDESE AL SERVIZIO DEI VILLANS

In attesa di capire se il ‘Pájaro’ Fernandez rimarrà o no tra noi, andiamo a scoprire un suo papabile erede: il difensore dell’Aston Villa pilastro degli Oranje agli ultimi Mondiali

Voci diffuse negli ultimi tempi vorrebbero Federico Fernández pedina di scambio nell’ottica dello sbarco a Napoli di Miguel Pérez Cuesta, per gli amici Michu. Veri o no i rumours (più no che sì, apparentemente), agli azzurri non mancherebbero alternative qualora il centrale argentino dicesse addio. Sempre gli stessi i nomi: Vermaelen, Vertonghen, Agger, Skrtel, come una filastrocca che si ripete ormai da un anno. Noi invece ve ne proponiamo uno che non sarebbe davvero male, considerando che s’è distinto particolarmente agli ultimi Mondiali tra le fila dell’Olanda medaglia di bronzo: Ron Vlaar.

IN PATRIA: ALL’INFERNO E RITORNO – Nato il 16 febbraio 1985 a Hensbroek, piccolo villaggio di 800 anime dell’Olanda del Nord, Vlaar sembra quasi un predestinato: è figlio d’arte, essendo stato suo padre un calciatore seppur a livello amatoriale, mentre sua madre è addirittura giocatrice di pallamano. E la famiglia sportiva non finisce qui: le due sorelle minori Ellen e Lisan sono rispettivamente ginnasta e pallavolista. Il piccolo Ron inizia a sei anni tra le fila dell’Apollo ’68, la squadra del paesino natio, e fin dall’inizio mostra di saperci fare; anni dopo il suo primo mister, Kees Wjite, dirà di lui: “Dovevate vederlo: sapeva calciare in maniera potente con ambedue i piedi. Voleva sempre vincere e fare meglio“. Dopo un anno nelle giovanili del SVW ’27 Heerhugowaard, approda alla Youth Academy del glorioso AZ Alkmaar con il quale si fa tutta la trafila giovanile. La sua prima stagione da professionista (2004-05) non è propriamente felice, dato che il gigante vede a malapena il campo a causa di alcuni problemi fisici. Debutta comunque in Eredivisie il 23 aprile 2005 nel match perso contro l’RKC Waalwijk, e cinque giorni dopo è tra i titolari nella semifinale d’andata di Coppa UEFA contro lo Sporting Lisbona (2-1 per i lusitani, poi battuti in finale dal CSKA Mosca). Nella stagione successiva arriva in biancorosso il monumentale Louis Van Gaal, ma col pluridecorato tecnico i rapporti non sono buoni a tal punto che Vlaar decide di cambiare aria e accettare in inverno l’offerta del Feyenoord. Sotto la guida di Erwin Koeman, a Rotterdam diventa una colonna ritrovandosi sempre presente dal 1′, e inoltre chiude la stagione in bellezza conquistando con la Nazionale Under 21 il titolo europeo, successo bissato anche nell’edizione seguente. A partire dall’annata 2006-07 inizia il calvario. Prima si frattura il piede, riuscendo comunque a rientrare subito sul tappeto verde. Poi, tra il 2007 e il 2009, due rotture del legamento crociato del ginocchio, un problema al legamento mediale collaterale e finanche un’infezione batterica lo tengono fuori gioco per un’eternità. Finché il 24 settembre 2009 torna prepotentemente alla ribalta segnando una rete da cineteca in Coppa d’Olanda all’Harkemase Boys: una palombella di destro dal cerchio di centrocampo, da sessanta metri, senza scampo per il portiere avversario. Da quel momento la sua carriera prende una china inarrestabile: diventa perno difensivo fisso del Feyenoord insieme a Stefan de Vrij, suo futuro partner di Nazionale, e viene persino nominato capitano dello ‘Stadionclub’ che, soprattutto grazie al suo proficuo contributo, arriva secondo in Eredivisie nel 2011-12 conquistandosi il posto in Champions. E nel frattempo si fa rispettare pure in Nazionale Maggiore, guadagnandosi il posto agli Europei nei quali gli Oranje escono al primo turno con 0 punti in 3 partite.
IN INGHILTERRA: CAPITANO CORAGGIOSO – Dopo la sfortunata esperienza ucraino-polacca, Vlaar compie il grande salto in Premier League firmando un contratto triennale per l’Aston Villa. Il suo arrivo giunge in un momento difficile: i ‘Villans’ si sono salvati per il rotto della cuffia, e per giunta il capitano Stilyan Petrov deve vincere ben altra partita, quella contro la leucemia. Il nuovo tecnico Paul Lambert non ha esitazioni: affida all’olandese la fascia e gli consegna la guida del reparto arretrato in tandem con Ciaran Clark. Vlaar si rivela così elemento insostituibile per il club di Birmingham nella difficile corsa per la permanenza in massima serie. E non solo attraverso sicure prestazioni difensive, ma anche grazie a reti pesanti, come quella messa a segno con un bolide da trenta metri nel 6-1 rifilato al Sunderland; oppure quella realizzata al Wigan Athletic (2-2) con un bellissimo tiro al volo appena dentro l’area. La sua forza non è solo nelle doti tecnico-tattiche: la sua carica emotiva, la voglia di lottare e la forte personalità sono di grande aiuto per i compagni più giovani. Il suo enorme apporto è decisivo affinché l’Aston eviti la caduta in Championship per due campionati di fila. E nel 2014 ecco il traguardo tanto atteso: la chiamata per i Mondiali brasiliani da parte di Van Gaal, l’ex ‘nemico’ che ripone tanta fiducia in lui, consentendogli di mettersi in vetrina agli occhi di mezzo mondo.
ESPERIENZA E QUALITA’ – E l’essere presente in tale vetrina ha consentito ad appassionati ed addetti ai lavori di poterne meglio ammirare le doti. Alto e possente (189 centimetri per 82 kg), Vlaar mantiene molto bene la posizione in difesa e risulta quasi impeccabile e pulito negli anticipi, comandando di fatto l’intero pacchetto arretrato. Del resto la fisicità lo aiuta molto in fase passiva, specie in compiti di marcatura. Sebbene non in toto, è molto duttile poiché può essere impiegato tanto a destra, suo lato naturale, quanto a sinistra come avviene con l’Aston Villa. E non è tutto: si fa onore anche in un reparto difensivo a tre, tant’è vero che in Brasile Van Gaal l’ha piazzato al centro affiancandogli de Vrij e Martins Indi. Con i suoi piedoni se la cava benone tirando in porta (come s’è detto) e lanciando lungo per i compagni d’attacco, meno quando si tratta di dover giocare palla a terra. Non è niente male di testa e non disdegna il dribbling, anche se spesso nei duelli aerei gli capita di finire sconfitto; e di certo la grossa stazza non lo rende veloce nelle operazioni a cui è preposto. Ad ogni modo il fatto di avere dalla sua tanti anni di esperienza, talvolta vissuta a grandi livelli, gli conferisce sicurezza e garanzia di efficacia. Non un fenomeno, dunque, ma senz’altro un elemento che farebbe le migliori fortune di qualsiasi terza linea europea. Per carità, nulla da dire sul ‘Pajaro’ Fernandez, uno che da parte nostra di critiche ne ha ricevute pochissime e peraltro, in quanto ad aspetto e doti, appare quasi un clone del suo collega neerlandese. Eppure quegli anni in più, quella maggior attitudine al calcio del vecchio continente, fanno vincere in volata il confronto al bravo Ron. E se anche l’argentino non dovesse partire, teniamolo in considerazione, il ‘Tulipano’: insieme ad Albiol non farebbe male un’altra chioccia per il giovane Koulibaly…

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