È il Napoli del coraggio e delle idee, quelle di Gattuso, e della maturità di un tecnico che sa adattarsi alle contingenze, che sta aggrappandosi ad una straordinaria versatilità tattica pur di far convivere determinati interpreti senza rinunciare all’equilibrio. Non ha abdicato al 4-2-3-1 del secondo tempo di Parma: lo ha riproposto dal primo minuto col Genoa, in casa, sapendo di affrontare un avversario che gli consentisse di prendersi dei rischi calcolati (comunque limitati, contenuti) e di continuare a sperimentare, come se le prime due giornate fossero state altre due amichevoli di lusso, quelle che in questa strana estate sono mancate un po’ a tutte le squadre e che di solito consentono di provare l’11 migliore, alternare sistemi gioco, commettere anche degli errori da non ripetere in partite ufficiali. Lo stanno facendo tutti gli allenatori, d’altronde: avendo avuto meno giorni di ritiro a disposizione, in molte, anche Inter e Juventus per esempio, hanno sfruttato l’inizio del campionato per mischiare le carte e studiare tutte le varianti del caso, perdendo eventualmente qualche punto per strada per puntare a raccoglierne di più nel lungo periodo. E la notizia migliore, per Gattuso, è che insieme al Milan, che però sta continuando sulla scia del finale dello scorso campionato, e a differenza delle altre che stanno faticando (la Juve in primis) a trovare una identità ben precisa, solamente il Napoli ha dato le risposte più convincenti. Sotto tutti i punti di vista, a cominciare di nuovo da Osimhen che, pur essendo rimasto ancora all’asciutto, ha ripetuto la medesima prestazione di Parma in termini di giocate e non solo: un centravanti che potremmo definire “riconoscibile”, nel senso che le sue caratteristiche sono già pressoché evidenti, chiare, eppure ha disputato meno di una partita ufficiale e mezzo; e soprattutto ha una cosa che è subito balzata all’occhio e che per esempio è sempre mancata a colui che sta sostituendo, Milik, ossia una costante presenza in area di rigore che lo rende un continuo riferimento offensivo, fastidioso da marcare, uno che si sente spesso, che avverti, che “pesa”. Osimhen trasmette infatti ansia alle difese avversarie, una sorta di sudditanza psicologica dovuta sia ad uno strapotere fisico “naturale” sia all’enorme mole di lavoro “attivo” che compie o per smarcarsi e arrivare alla conclusione (in qualsiasi modo, peraltro: tiri da fuori, colpi di testa) oppure per liberare l’inserimento del compagno a rimorchio.
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