Tatticamente – E’ metodo, non monotonia: nessuno come il clan ‘Sarri’
I principi di gioco del Napoli sarebbero da insegnare nelle scuole calcio, meriterebbero una catalogazione a sè, di costituire un protocollo da registrare con tutte le sue formule e funzioni. Il Napoli è un insieme di meccanismi talmente perfetti, oliati, che quasi rappresenta un modello ideale di squadra, un manuale, da suscitare non solo invidia ma soprattutto spunto di riflessione e apprendimento. Occasioni da gol costruite a bizzeffe in casa e fuori casa, con le grandi e medio-piccole, fase difensiva che rasenta il potenziale massimale. Affermare solo che “giocano bene” oramai rischia d’esser persino banalizzante e di costituire una sbiadita fotografia circa la forza di questo gruppo. Che finalmente ha tutto per vincere: la Juve frena e le ‘cars’ azzurre le piazzano la sgommata al primo tornante pericoloso. Le giocate sono di fatto stereotipate, sdoganate, trite e ritrite, tutti le conoscono, ma nessuno sa come arginarle. Neanche una squadra con valide individualità come la Roma è riuscita a rattoppare le iniziative avversarie; neanche ottimi palleggiatori, come De Rossi e Pellegrini, sono scampati al pressing a centrocampo; nemmeno difensori centrali veloci e non solo ben strutturati – Manolas e Jesus – hanno limitato le incursioni dei tre folletti. L’organizzazione di tutti gli effettivi al momento del recupero palla e i tempi di attacco alla linea difensiva: come nelle esercitazioni d’un allenamento, anche all'”Olimpico” il Napoli provava e riprovava i suoi schemi con estrema sistematicità fino a beccare la volta giusta.



Tentativi su tentativi, senza sosta, continue accelerazioni, i soliti movimenti – sempre gli stessi – ripetuti all’interno della stessa partita: un leitmotiv estremamente imprevedibile. Perchè il Napoli è una regola.