Tatticamente – E’ metodo, non monotonia: nessuno come il clan ‘Sarri’

I principi di gioco del Napoli sarebbero da insegnare nelle scuole calcio, meriterebbero una catalogazione a sè, di costituire un protocollo da registrare con tutte le sue formule e funzioni. Il Napoli è un insieme di meccanismi talmente perfetti, oliati, che quasi rappresenta un modello ideale di squadra, un manuale, da suscitare non solo invidia ma soprattutto spunto di riflessione e apprendimento. Occasioni da gol costruite a bizzeffe in casa e fuori casa, con le grandi e medio-piccole, fase difensiva che rasenta il potenziale massimale. Affermare solo che “giocano bene” oramai rischia d’esser persino banalizzante e di costituire una sbiadita fotografia circa la forza di questo gruppo. Che finalmente ha tutto per vincere: la Juve frena e le ‘cars’ azzurre le piazzano la sgommata al primo tornante pericoloso. Le giocate sono di fatto stereotipate, sdoganate, trite e ritrite, tutti le conoscono, ma nessuno sa come arginarle. Neanche una squadra con valide individualità come la Roma è riuscita a rattoppare le iniziative avversarie; neanche ottimi palleggiatori, come De Rossi e Pellegrini, sono scampati al pressing a centrocampo; nemmeno difensori centrali veloci e non solo ben strutturati – Manolas e Jesus – hanno limitato le incursioni dei tre folletti. L’organizzazione di tutti gli effettivi al momento del recupero palla e i tempi di attacco alla linea difensiva: come nelle   esercitazioni d’un allenamento, anche all'”Olimpico” il Napoli provava e riprovava i suoi schemi con estrema sistematicità fino a beccare la volta giusta.

Il Napoli contrasta la Roma che pare un agguato: c’è chi compie il blitz e chi fa la vedetta. E per la povera vittima non c’è chance d’uscirne viva. Anche il luogo è scelto ad hoc: il Napoli pressa in zone alte di campo, per impedire facili disimpegni ai giallorossi. Nella fattispecie, Pellegrini è in apnea: è costretto a scaricare subito, senza pensare; è circondanto da cinque belve assatanate, cinque giocatori del Napoli in zona palla: praticamente il 50% della formazione di movimento ad assediare l’out di (centro)destra della Roma. Del versante opposto si occupa ovviamente lo specialista del lato debole per eccellenza, Callejon, che vigila in caso di cambio gioco

 

Qui le prove generali del vantaggio: 17′ – tre minuti prima del gol di Insigne -, quando l’azione e gli interpreti sono gli stessi: Mertens detta a Ghoulam il passaggio in profondità, alle sua spalle sbuca l’accorrente Insigne che si traveste da centravanti. Gli azzurri mettono così a nudo le fragilità della Roma: giù la zip e la difesa si apre; troppo distanti Peres e Manolas perchè Mertens non li aggredisca nel mezzo; Kolarov non è allineato con i compagni di reparto e fallisce il fuorigioco.

 

Ancora un’avvisaglia: appena un giro di lancette e Napoli nuovamente in proiezione offensiva; la Roma ci capisce poco, è costantemente in apprensione. Il tourbillon degli attaccanti di Sarri è da capogiro: 1. Mertens si stacca da Manolas e Jesus e sfonda di nuovo dalle parti di Peres: è lì che intuisce di poter far male. Mentre trova la posizione giusta, lo sguardo del belga è già fisso sul pallone: sta immaginando il possibile sviluppo dell’azione, nel tentativo di rubare il tempo all’avversario 2. Insigne trequartista di un momentaneo 4-3-1-2, riceve palla da Hamsik tra le linee, quindi attacca la profondità: vuole e deve chiudere il triangolo mandando in porta Mertens.

 

Tentativi su tentativi, senza sosta, continue accelerazioni, i soliti movimenti – sempre gli stessi – ripetuti all’interno della stessa partita: un leitmotiv estremamente imprevedibile. Perchè il Napoli è una regola.

 

 

Alessio Pizzo

Studente in Comunicazione Digitale, appassionato di calcio, tecnologia e buone letture. Vanta già esperienza giornalistica con 100 *100 Napoli

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