Medici senza frontiere
Alla fine i giornalisti improvvisatisi ortopedici sono stati serviti. Non solo quelli italiani. Prima di loro ci hanno pensato i nostri colleghi romeni a ritenere di aver prestato giuramento a Ippocrate. Forse hanno assistito da vicino ai fatti. Forse hanno confidato nell’efficienza dello staff medico della Nazionale rumena, pessimista in merito alle condizioni di Chiriches. E quindi sono stati condizionati dal medico sociale dei Tricolorii, Pompiliu Popescu. È stato lui, infatti, a paventare uno stop di cinque-sei mesi qualora il difensore azzurro si fosse sottoposto a operazione. Un’eventualità, comunque, possibile solo in caso di gravi danni alla cartilagine del ginocchio dipesi dalla distorsione. Quella del buon dottor Popescu è stata, ovviamente, solo una prima valutazione del danno. Che avrebbe potuto essere confutata, almeno nella metà dei casi, dalle analisi più accurate e approfondite del bravissimo dottor De Nicola. Dal suo valente operato è scaturita la diagnosi ufficiale. E benigna: solo un mese ai box. Ma in precedenza ve ne sono state altre, di diagnosi. Quelle ufficiose. Stabilite da luminari? No. Da semplici operatori dell’informazione come noi. Che per un attimo hanno deposto la penna per mettere mano ai raggi Röntgen. Prima i romeni. Poi, illuminati a viva luce da questi ultimi, gli italiani. Anzi, i napoletani. Medici senza frontiere di lungo corso. Avrebbero dovuto rimanere giornalisti, e attendere la diffusioni di fonti più affidabili prima di sentenziare certezze. Si sono risvegliati medici. Meglio così: in caso di traumi, ognuno saprà di non doversi affidare a loro…