LA MAGGIORANZA VINCE

Partiamo dalla fine, una volta tanto, ovvero dalla sentenza definitiva sull’arbitraggio di Tagliavento. A rigor di regolamento, va detto, non è stato poi così disastroso. Cioè, della serie: non è stato una lince ma si sono visti arbitraggi ben peggiori. In una partita bruttina che sul piano della mole di gioco ha visto prevalere (lievemente) il Napoli, gli episodi che hanno deciso la partita sono più gli exploit dei campioni bianconeri che quelli dell’arbitro. Tre tiri, tre gol, en plein e gran vittoria, questo è il calcio. Bisogna quindi essere onesti e tributare i giusti onori ai vincitori. Fin qui ci siamo, va riconosciuto che forse ieri si è anche un bel po’ esagerato, complice anche l’alta posta in palio e la poca simpatia (eufemismo) fra le due contendenti. Si è esagerato, sì, ma da entrambe le parti. Ci arriveremo.

 

Prima torniamo un attimo su Tagliavento e diamo un’occhiata  alle azioni incriminate, giusto per non lasciare nulla al caso. Il fuorigioco di Chiellini è attivo, millimetrico ma attivo. Personalmente tendo sempre a non colpevolizzare gli arbitri – pardon, i guardalinee – per i fuorigioco, specie se di pochi centimetri. Pensate all’azione in tempo reale, alle distanze impercettibili, alla sincronia con la partenza del pallone: follia allo stato puro, proprio come lo è la moviola in certi casi. Nel dubbio, si decide sul filo del fifty-fifty. Idem il non-fallo di Koulibaly su Buffon, caso in cui l’arbitro tende a dare sempre ragione al portiere. Il retropassaggio di Chiellini? Involontario. L’ammonizione di Pirlo? Meglio di no. Il giallo a Marchisio diffidato? Macché, meglio il “pulito” Caceres.  Tanti episodi, tutti incerti. Ho spesso la sensazione che gli arbitri in alcune occasioni decidano a fiuto, a volte anche un po’ per caso, perché gli può essere sfuggito qualche dettaglio. Sono umani, non robot; ci può stare, per dirla con Benìtez. Appunto, il fiuto domenica era come il (Taglia)vento, tirava sempre dalla stessa parte, anche volendo guardare solo alla fredda statistica. Carta canta: altro che fifty-fifty, nel dubbio è bianconera, sempre e comunque. Più che il singolo episodio può dar fastidio questa sensazione di avere sempre un punto percentuale in meno, di non partire mai alla pari, fossero anche millesimi, centimetri o decilitri. Chissà come sarebbe finita con una suddivisione diversa di decisioni “a fiuto”. Magari il Napoli avrebbe pareggiato o addirittura vinto, oppure la Juve assatanata di ieri avrebbe fatto altri tre tiri e altri tre gol. Andrà meglio la prossima volta, o forse no. Fifty-fifty, o forse no. Sapete com’è, quando c’è la Juve il fifty tende a diventare fifty-one. 

Ora, fifty-one o fifty-two che sia, è andata così. Il Napoli ha perso, la Juve ha vinto. Probabilmente, come detto, l’avrebbe fatto anche senza il fiuto del parrucchiere ternano. Ma è proprio quello il punto: sono forti, molto forti, di certe cose spesso non ne avrebbero bisogno. Eppure se le prendono, in campo e fuori dal campo, con l’arroganza di chi non ha niente da temere. La spintarella gratis, la protesta fuori posto, la nonchalance nell’osare laddove le squadre normali non oserebbero mai, fra retropassaggi arditi e tuffi sincronizzati. Poi fuori dal rettangolo l’atteggiamento provocatorio davanti ai microfoni, quella prepotenza nello sventolare le vittorie come se non avessero mai avuto un regalino. Marotta, Allegri, Bonucci. Ieri il filo conduttore delle loro parole era questo: siamo i migliori, con o senza arbitri. Bene, forse è giunto il momento di dimostrarlo, se mai ne avremo il piacere.

 ANTONIO PAPA

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