Lotito, serie A e la ricerca dei tamponi perduti
“Qui gatta ci COVID”…
Oggi ci troviamo a parlare di Claudio Lotito presidente della Lazio dal 19 luglio 2014. Entrato in tackle nel mondo del calcio, subentrando a Sergio Cragnotti, il presidente bianco celeste più vincente di sempre.
Quello che Cragnotti è riuscito a fare con la Lazio rimarrà scolpito nella storia del club che ha appena compiuto cento vent’anni.
Sostituire il patron della Cirio – uscito di scena per guai giudiziari – perlomeno nei meriti sportivi, non è stato facile per il buon Claudio. Malvisto dall’ambiente, abituato com’era al ragazzo dei salotti romani che era gradito anche dagli industriali del tempo, come Raul Gardini.
Quest’ultimo spesso diceva: “Se hai una cosa da vendere e vuoi farti pagare bene, chiama Cragnotti, lui sa come si fa a spuntare il prezzo migliore”.
Passare a Lotito – uno che è riuscito a fare delle pulizie un business creando un impero – spesso etichettato in maniera becera con il paragone dei prodotti utilizzati per pulire – non è stato facile per il popolo laziale che ancora oggi fatica ad amarlo. Lotito raccoglie idee e genio per salvare dal fallimento con un progetto di rateizzazione la Lazio e ci riesce.
La società è ripulita dai suoi debiti.
Tutto ciò gli è valso a livello individuale, nel 2015 il premio Financial Fair Play (organizzato dall’Associazione Italiana Allenatori Calcio e dall’associazione no profit DGS Sport&Cultura) per la rigorosa e meticolosa gestione del bilancio economico della Società Sportiva Lazio.
Ad oggi Claudio Lotito è nuovamente alla ribalta,per il COVID e la faccenda dei tamponi che rischia di avere conseguenze pesantissime per la Lazio.
Leiva, Strakosha e Immobile sono risultati positivi per il laboratorio Synlab dell’Uefa, il 26 ottobre prima di Bruges-Lazio, poi, nuovamente il 2 novembre prima di Zenit-Lazio.
Immobile non giocò quelle due partite, ma nel mezzo la Lazio giocò contro il Torino, perché il laboratorio ‘Futura diagnostica’ di Avellino, scelto da Lotito per il test in Italia e comunicato alla Lega di A, accerto che il centravanti era negativo. Lotito, non convinto, venerdì ha portato i suoi al Campus Biomedico a Roma, per effettuare ulteriori test. L’idea, scrive il <<Giorno>>, è quella di provare che la Uefa si è sbagliata. Ma il Campus trova i giocatori positivi al test rapido e al molecolare. E informa le Asl che fermano i giocatori, anche se poi da Avellino arriva la negatività ai test.
A questo punto sono diverse le possibili violazioni del protocollo che potrebbero provocare sanzioni per la Lazio: la mancata comunicazione all’Asl delle positività rilevata da Synlab prima di Bruges e Zenit; il mancato isolamento dei giocatori; la partenza per Torino. Il responsabile medico di Lotito, il dottor Pulcini, sarà ascoltato dagli 007 federali su questo e altri aspetti della vicenda.
La Lazio rischia ora la penalizzazione di uno o più punti per violazione del protocollo.
Se invece dovesse emergere un profilo doloso allora potrebbe essere punita con l’esclusione dal campionato.
Una brutta faccenda quella che sta andando in onda sugli schermi di casa Lazio. L’emergenza Coronavirus nel mondo del calcio è stata gestita malissimo e anche il governo con il suo ministro Spadafora ha contribuito in maniera decisiva alla confusione creatasi, insistendo su un protocollo oramai privo di senso e significato.
Il caso Genoa avrebbe dovuto far scuola: il tampone dopo un giorno non equivale sempre a NegativeEffects, infatti il giorno dopo, quasi l’intera squadra risultò essere positiva.
Se fosse accertata la responsabilità del medico laziale sarebbe un giorno molto triste: non si può barattare una vittoria con la salute di decine di persone, il laboratorio di Avellino va sottoposto a indagine scrupolosa e se si accerta dolo, chiuderlo e buttare le chiavi.
Questa voglia di vincere a tutti i costi, di fregare un sistema fallace e ormai quasi fallito ha stancato.
Stanchezza e tristezza.
Il dito contro di questa settimana punta dritto al patron della Lazio, ma verrebbe da indirizzare le restanti nove metaforiche dita verso tutto il mondo del pallone, che è sempre più triste e ci rende ad ogni giornata un po’ più poveri dentro.
Con la consapevolezza amara che la passione è solo merce di scambio,al pari forse di un referto medico in questo tragicomico teatro che è diventato il campionato in era di pandemia.
Verrebbe da dire “non gioco più me ne vado” o meglio: “spengo la tv ci avete stufato”.