LA GUERRA DELL’IMPERATORE CLAUDIO

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Non si è mai preso con i suoi ultras, Claudio Lotito. Possiamo benissimo immaginarne il perché, inquadrando il personaggio. Un uomo di principio, testardo come un mulo, che mette il dio Danaro al primissimo posto e non lascia neanche un millimetro ad un qualsivoglia compromesso, se può penalizzarlo in qualche modo. Le uniche mediazioni che conosce sono a suo favore, come il decreto che salvò lui e la Lazio da un fallimento che in un'altra zona d’Italia sarebbe stato inevitabile. Se la trattativa è a suo discapito semplicemente non c’è una trattativa, e l’interlocutore può anche andare a farsi friggere. È accaduto con la tifoseria che chiedeva trattamenti “particolari”, ovviamente non concessi, al prezzo (modico) di una contestazione ad oltranza fin dal primo giorno di presidenza. Sta accadendo ora con la telenovela della nuova stagione, la famosissima questione dei “dissidenti” che ha spaccato l’Italia pallonara in due frange, solidarizzanti o meno con il boss laziale. Stavolta però il costo della querelle è molto più alto.

 

Non è neanche solo una questione prettamente tecnico-tattica. L’assenza di Pandev e Ledesma si fa sentire eccome, quella di De Silvestri e degli altri un po’ meno, anche se ha comunque il suo peso. Ma è a livello psicologico che questa guerra di nervi sta minando il morale della truppa. Con che spirito può andare in campo un calciatore sapendo che oggi si gioca il posto e domani invece potrebbe finire in vacanza forzata perché è diventato antipatico al presidente? È  facilmente immaginabile inoltre come la vicenda abbia spaccato lo spogliatoio in due tronconi netti. C’è chi solidarizza con in compagni e magari avrebbe anche avviato una vertenza sindacale per riconoscere i loro (e indirettamente i propri) diritti; alcuni altri invece fanno le pecorelle e per quieto vivere  si fanno i fatti propri, con la speranza di campare non cent’anni ma almeno un paio di stagioni senza incorrere in qualche purga lotitiana. In tutto questo ci si mette la contestazione del pubblico, dovuta solo in minima parte ai risultati scadenti degli ultimi tempi, come già visto in precedenza. Il nemico aspetta che tu sia debole per colpirti ai fianchi, è quello che sta facendo la tifoseria biancoceleste a Lotito. 

 

Eppure paradossalmente è proprio questa sorta di spirito di guerra del presidente che tiene ancora in quota la panchina di Ballardini, e la terrà per un po’ a meno di clamorosi tonfi. Il tecnico si è dimostrato aziendalista ben oltre i limiti dell’autolesionismo e per questo finora è stato ampiamente ripagato da una fiducia cieca in barba ai risultati. Una dedizione alla causa che però sta facendo disastri nello spogliatoio, visto che la squadra lo segue poco perché non ne sente il polso fermo e il carisma che dovrebbero essere peculiarità irrinunciabili di un allenatore. Potrebbe almeno utilizzare il suo ascendente (e il suo stipendio, che Lotito difficilmente pagherebbe a vuoto) per far ragionare il presidente e fargli capire che in questo modo va contro gli interessi della squadra, e dei suoi di riflesso. Lotito ha sicuramente parte della ragione, un calciatore non può fare ostruzionismo sulla società per far scendere il prezzo del cartellino ed ha tutto il diritto di pretendere un pagamento degno per la merce in vendita. Ecco perché il gioco di Pandev e Ledesma è stato un po’ sporco, ma a un certo punto bisogna capire che ci sono anche le vie di mezzo. Se “Lotirchio” facesse un passo indietro e consentisse loro almeno di scendere in campo non potrebbe che trarne benefici. Poi a gennaio o a giugno ognuno per la propria strada, ma almeno si porrà fine a questa battaglia che attualmente non vede vincitori, ma solo vinti. Per il bene della Lazio la pace è auspicabile, certo per il bene del Napoli sarebbe meglio che aspettassero una quindicina di giorni!

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