“Il tifoso ha sempre ragione” ma non a Napoli

 

“Amaro” è l’aggettivo più consono per descrivere il mese d’aprile in casa Napoli, lo scorso anno la primavera portava con sé speranze  clamorosamente infrante all’ombra della cupola del Brunelleschi.

Trecentosessanta cinque giorni dopo abbiamo una squadra sulla quale il sole d’aprile ha messo in luce le ombre, tante e troppo pesanti, sul campo di gioco: il Napoli segna di meno, prende più goal, è fuori dalle coppe, lo storico capitano è volato in Cina; mentre quello novello sbaglia, punta i piedi, viene fischiato e sembra essere fuori dai piani dell’allenatore per la prossima stagione.

Soprattutto però il primo sole primaverile ha gettato luce su uno squarcio – che assume sempre più i toni della frattura insanabile – tra la squadra e i suoi tifosi.

Nelle ultime settimane infatti, sono proprio i supporters azzurri ad essere nell’occhio del ciclone, più degli incontestabili dati che vedono il Napoli: a meno diciotto punti dalla Juventus e eliminato dall’Europa League – quel trofeo che Carlo Ancelotti era chiamato a portare in città in virtù della sua esperienza – senza fatica da un Arsenal che in Premier League incassa la media di 2,5 goal a partita.

I tifosi guardano con occhio stanco alla propria squadra e al San Paolo i numeri parlano: sono sempre di meno quelli che varcano i cancelli di Fuorigrotta. Ci sono secondi posti e secondi posti, la scorsa stagione dalle curve alle tribune erano tutti lì ad acclamare la squadra che aveva sfiorato l’impresa.

Oggi non è così e questo malcontento non appartiene solo alle frange più calde della tifoseria, la quale non ha mai lesinato critiche alla dirigenza anche nei momenti più esaltanti vissuti nel segno di Aurelio De Laurentiis.

Tuttavia quello che sta accadendo in questa primavera è una spia da non sottovalutare.

Lo striscione “Sarri uno di noi” esposto in occasione della partita con l’Atalanta non era solo un modo di celebrare l’anniversario di un agrodolce aprile ormai lontano. Così come il deprecabile video, rimbalzato su tutti i social, del ragazzo che offende il presidente azzurro non è soltanto un atto vile – o goliardico che dir si voglia – ma il segno tangibile, espresso con profonda ignoranza, di un rapporto tra patron e tifoseria che non è mai stato idilliaco ma che oggi appare quantomai saturo.

Veniamo all’ultimo step: gli striscioni esposti in importanti aree della città contro presidente e allenatore e l’episodio che ha visto protagonista Callejon al quale è stata rigettata la maglia a Frosinone, al grido di “meritiamo di più”.

Buona parte dei colleghi – dalle radio alle televisioni – hanno acceso un grosso faro su questa storia, come a voler dimostrare che i tifosi azzurri non si accontentano mai tanto da arrivare a offendere un calciatore amatissimo come Callejon. La verità è che paradossalmente se oggi, in questo momento storico, giocasse Diego Armando Maradona la sua 10 avrebbe fatto la stessa fine della maglietta a maniche lunghe dello spagnolo.

Un gesto dettato dal clima di rabbia e disaffezione, non può avere altro se non la valenza che ha: un raptus, il personale e inalienabile modo di contestare qualcosa che secondo la propria percezione non sta andando per il verso giusto.

Non si può far passare il messaggio che cori, striscioni, legittimi dubbi o contestazioni siano il male del Napoli. Anche perché è recente la primavera in cui la città intera si è stretta attorno a una squadra che non ha vinto nulla, se non l’affetto e il cuore della sua gente.

Oggi i tifosi contestano, oggi la gente di Napoli – che sono i “clienti” di questo splendido gioco che ha però sempre più la faccia del commercio – chiede di più, merita di più. E si manca di onestà intellettuale se si legittimano delle prestazioni sotto la media, degli obiettivi dichiarati per i quali non si è lottato fino in fondo, un mercato fatto di scelte – per il momento – impalpabili e scellerate, additando come colpevoli quelli che sono i primi innamorati di questa squadra che sono anche quelli che macinano chilometri e permettono di rimpinguare le casse.

Questa stagione sta per volgere al termine e il Napoli ha acquisito la certezza matematica di giocare la prossima Champions League.

Quello che ci auguriamo è che nella primavera del domani si possa concorrere per obiettivi importanti, vissuta con lo stesso sangue e anima da chi giocherà, da chi allenerà e da chi sarà sugli spalti d’Italia e di Europa per tifare: più di ieri e si spera decisamente meglio di quanto fatto “oggi”.

Gabriella Rossi

Laurea Triennale in Lettere Moderne conseguita presso l’Università degli studi di Napoli Federico II, laureanda magistrale Filologia Moderna presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Mi diverte molto la fotografia, scrivere, andare ai concerti , viaggiare e ovviamente tifare Napoli.

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