“Il dito contro”: Razzismo, regionalismo e poco calcio
Non c’è un altro posto del mondo dove l’uomo è più felice che in uno stadio di calcio.
Nel calcio di una volta, forse, perché quando Albert Camus pronunciò queste parole, non poteva di certo immaginare il degrado del calcio contemporaneo.
Lo stadio in questo momento è tifo e passione, ma purtroppo anche razzismo, ignoranza e mancanza totale di senso civico. Il problema principale resta il razzismo: lo si sente esprimere anche dai giornalisti, coloro che dovrebbero contribuire a educare il tifoso.
Come dimenticare l’opinionista che commentò che Lukaku poteva essere fermato solo con le banane? Discorso poi rafforzato dagli stessi tifosi interisti in una lettera al loro bomber che riportiamo:
Il buuuu scimmiesco non è considerato più insulto (letteralmente “quelli di Cagliari non sono cori razzisti”), ma per certi versi una sorta di timore reverenziale provocato dalla forza del giocatore.
Pura idiozia, il razzismo va combattuto.
Ricordiamo la mitica reazione di Dani Alves: mentre sta per battere un angolo, dagli spalti lanciano una banana, lui la raccoglie, la sbuccia e la mangia.
A bocca piena e con un sorriso batte l’angolo. Ultimo episodio che riguarda un razzismo del tutto diverso e più sottile vede al centro un cinquantottenne di Bergamo, Mirco Moioli che davanti alla provocazione di un tifoso napoletano che chiedeva se regalassero l’ennesima partita alla Juventus ha risposto con un bel “terrone del cazzo”.
Ricordiamo un film del passato “Si ringrazia la regione Puglia per averci fornito i milanesi” e ci auguriamo per lui che sia un lombardo doc e non l’ennesimo “Terrunciello” che ha varcato la Pianura Padana.
Degno compare del signor Moioli è il tecnico Gasperini che fa in tempo a inviare un ricco “Vaffa” al tifoso napoletano.
Lo stesso Gasp che non sente i cori razzisti quando sono pronunciati dai suoi tifosi e che poi si indigna quando i fiorentini gli danno del figlio di buona donna. Non è un tenero Gasperini e nelle partite riesce a trasformarsi spesso nel peggiore dei tifosi, come in piena emergenza Covid, quando si è lasciato scappare:
“Da queste parti, in Lombardia, siamo sufficientemente attrezzati, pur se in difficoltà.
Mi chiedo cosa potrebbe accadere a Roma, a Napoli”. La risposta gliel’ha fornita il noto meridionalista Angelo Forgione:
“A Napoli è accaduto, e prima del picco dell’epidemia ,un pool di ricercatori e medici in collaborazione con i cinesi hanno provato a trovare una cura leggi Paolo Ascierto, della quale anche i colleghi degli ospedali del nord hanno usufruito”.
E allora il calcio diventa specchio di un paese intero e della storia che ha provato ad alimentare la retorica del Nord superiore al Sud.
Facendo passare il messaggio che il Regno meridionale fosse una terra povera e arretrata e che il Settentrione si sarebbe impegnato per il suo sviluppo.
Infatti non è casuale che oggi molti meridionali hanno perso, almeno in parte, la coscienza del proprio passato.
Andrebbero ricordati uomini e donne del sud che hanno fatto grande l’Italia. Politici,scrittori, giornalisti, commediografi, attori, matematici, giudici e filosofi.
A vantaggio di chi ha poca memoria: Archimede, Cicerone, Caccioppoli, Tommaso d’Aquino, Matilde Serao, Totò e Eduardo De Filippo, Luigi Pirandello, i giudici Falcone e Borsellino e tanti tanti altri.
Nel 2020 e ancora nel mezzo di una pandemia dalla quale saremmo dovuti “uscirne migliori” un ultimo appunto è dedicato al signor Moioli che si è scusato ma alla cui verità si fatica a credere:
Egregio signor Moioli saremo anche terroni, ma terra terra come lei e a chi le somiglia nel pensiero mai.