Il ‘Graffio’ di Corbo: “Dal grigio all’azzurro, ma senza Hamsik”

LA NONA vittoria dà la dimensione del Napoli 2015. Nel suo gioco c’è meno Europa, più Italia. Poco Benitez e molto Higuain. Non si vede più Hamsik ma un impianto difensivo solido. Il Napoli passa dalla fragile bellezza dei sogni ad una promettente concretezza. Non è molto, ma può bastare per la Champions.
IL GIRONE di andata si chiude nel grigio di un terzo posto diviso con la Samp. È il colore della sua stagione. Cupo a agosto quando l’Athletic Bilbao punisce un mercato illogico e ritardi di forma, si rischiara con la Supercoppa a Doha, mostra squarci d’azzurro nelle vittorie esterne di Cesena e ieri a Roma. Con Benitez che sistema la squadra, inserendo anche Strinic ed eliminando Hamsik. Senza dirlo, rivede il suo calcio, adeguandolo alla mediocre serie A. La pioggia di “2” conferma la tendenza: più che il dominio del gioco, premia la velocità delle ripartenze negli spazi larghi.
La vittoria sulla Lazio spiega meglio il Napoli dell’altra infelice domenica, quando perse con la Juve. Benitez ha presentato lo stesso assetto: la formazione raccolta lascia il gioco alla Lazio. Con la Juve un errore difensivo sconvolge gli inediti piani di Benitez, che già l’11 gennaio si piega ad un’idea di gioco diversa, ben lontana dalle sue. Arretrando, al punto di lasciare libero Pirlo, cerca campo per i raid che al Napoli riescono bene. Ma gli mancano proprio i migliori contro la Juve: Hamsik astratto, un po’ Callejon, molto Higuain caduto nella vecchia Cajenna juventina, tra Bonucci e Chiellini.
Su quel Napoli ha lavorato Benitez. Nonostante la sconfitta. A Roma esclude Hamsik, schiacciato dall’insopportabile leggerezza della sua cresta nera e dalle responsabilità di capitano e leader. Inserisce Mertens per piazzare De Guzman nella scia di Higuain, in una zona nevralgica che prevede faticosi rientri e chiusure. Altri due tocchi: entra Strinic, rivelandosi ordinato e puntuale sulla sinistra. Ma cambiano anche i compiti dei due mediani: David Lopez e Gargano, tutt’altro che eleganti oratori, si fermano muti e attenti come sentinelle in due garitte a proteggere la difesa, che intanto ritrova il migliore Albiol. Proprio Gargano spegne risoluto azioni laziali in area, da difensore veloce.
Benitez, fingendo di dimenticare la sua lodevole vocazione europeista, concede il ruolo di protagonista alla Lazio. Ma Pioli non ha il centrocampo di Allegri. Non ha Marchisio, né Pogba, né Vidal. Il suo errore è credere nel doppio regista: Ledesma e Biglia, bravi ma troppo lenti per giocare in due. Lazio quindi prevedibile: trova qualche varco sulla destra del Napoli quando Callejon, più che marcare, osserva Cavanda che piomba al traino del bravo Keita. La Lazio è più insidiosa nella ripresa sul versante opposto, quando Candreva dialogando con Biglia punta su Strinic. Ma Benitez l’italiano reagisce subito: fuori Mertens per spostare a sinistra De Guzman e infilare al suo posto un frastornato Hamsik, che perde qualche palla, sbaglia le ripartenze, sottoscrivendo la sua esclusione iniziale, Hamsik in queste condizioni non può che star fuori. Si intravede un Napoli più modesto ma più compatto: senza stupire può correre per il terzo posto. Il resto lo farà Benitez. Chiude il girone con 8 punti di ritardo (41-33) e 4 vittorie meno dell’anno scorso:13-9. Ha però discreti ricambi per mantenere gli equilibri tattici raggiunti ed accelerare. Se vi riesce, alla Samp non rimarranno che le smorfie e gli scongiuri di Ferrero, il presidente showman.

(Antonio Corbo, La Repubblica Napoli)

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